Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 03-04 Parte 03, pag 3

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 03-04 Parte 03

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 03-04 Parte 03

Facilius intrant et haerent; nec enim multis opus est sed efficacibus

Seminis modo spargenda sunt, quod quamvis sit exiguum, cum occupavit idoneum locum, vires suas explicat et ex minimo in maximos auctus diffunditur

Idem facit ratio: non late patet, si aspicias; in opere crescit

Pauca sunt quae dicuntur, sed si illa animus bene excepit, convalescunt et exsurgunt

Eadem est, inquam, praeceptorum condicio quae seminum: multum efficiunt, et angusta sunt

Tantum, ut dixi, idonea mens rapiat illa et in se trahat; multa invicem et ipsa generabit et plus reddet quam acceperit

Vale

Commentarios quos desideras, diligenter ordinatos et in angustum coactos, ego vero componam; sed vide ne plus profutura sit ratio ordinaria quam haec quae nunc vulgo breviarium dicitur, olim cum latine loqueremur summarium vocabatur
Penetrano e rimangono impresse con maggiore facilità; e non ne occorrono molte, purché siano efficaci

Bisogna spargerle come un seme, che, per quanto minuscolo, se cade nel terreno adatto, sprigiona le sue forze e da piccolissimo si dilata fino a raggiungere il massimo sviluppo

Lo stesso fa la ragione: se osservi, non appare grande: cresce nell'agire

Sono poche le cose che si dicono, ma se l'animo le accoglie bene, acquistano vigore e si sviluppano

I precetti, a mio parere, sono come i semi: danno grossi risultati, eppure sono piccola cosa

Come ho detto, però occorre che li afferri e li assorba una mente adatta; essa a sua volta produrrà molti frutti e darà più di quanto ha ricevuto

Stammi bene

Ti preparerò senz'altro gli appunti che mi chiedi, ordinati con cura e brevi; bada, però, che il sistema abituale non sia più utile di questo che ora comunemente si chiama breviarium e che un tempo, quando parlavamo un buon latino, si chiamava summarium
Illa res discenti magis necessaria est, haec scienti; illa enim docet, haec admonet

Sed utriusque rei tibi copiam faciam

Tu a me non est quod illum aut illum exigas: qui notorem dat ignotus est

Scribam ergo quod vis, sed meo more; interim multos habes quorum scripta nescio an satis ordinentur

Sume in manus indicem philosophorum: haec ipsa res expergisci te coget, si videris quam multi tibi laboraverint

Concupisces et ipse ex illis unus esse; habet enim hoc optimum in se generosus animus, quod concitatur ad honesta

Neminem excelsi ingenii virum humilia delectant et sordida: magnarum rerum species ad se vocat et extollit

Quemadmodum flamma surgit in rectum, iacere ac deprimi non potest, non magis quam quiescere, ita noster animus in motu est, eo mobilior et actuosior quo vehementior fuerit
Il primo metodo serve di più a chi impara, il secondo a chi già sa; l'uno insegna, l'altro richiama alla memoria

Ma di entrambi te ne farò avere in abbondanza

Tu non devi chiedermi questo o quell'autore: solo chi è sconosciuto presenta un garante

Ti scriverò ciò che vuoi, ma a modo mio; intanto hai a disposizione molti scrittori; non so, però se le loro opere sono abbastanza ordinate

Prendi in mano l'elenco dei filosofi: già questo ti costringerà a scuoterti, vedendo quanti hanno faticato per te

Desidererai essere anche tu uno di loro; la qualità migliore di un animo generoso è l'istinto al bene

Nessun uomo di spirito elevato si compiace di cose abiette e sordide: lo attira e lo esalta la bellezza delle cose grandi

La fiamma si leva diritta, non può stare distesa o abbassarsi, come non può rimanere ferma; così il nostro spirito è sempre in movimento, ed è più mobile e attivo quanto maggiore sarà il suo impeto
Sed felix qui ad meliora hunc impetum dedit: ponet se extra ius dicionemque fortunae; secunda temperabit, adversa comminuet et aliis admiranda despiciet

Magni animi est magna contemnere ac mediocria malle quam nimia; illa enim utilia vitaliaque sunt, at haec eo quod superfluunt nocent

Sic segetem nimia sternit ubertas, sic rami onere franguntur, sic ad maturitatem non pervenit nimia fecunditas

Idem animis quoque evenit quos immoderata felicitas rumpit, qua non tantum in aliorum iniuriam sed etiam in suam utuntur

Qui hostis in quemquam tam contumeliosus fuit quam in quosdam voluptates suae sunt

quorum impotentiae atque insanae libidini ob hoc unum possis ignoscere, quod quae fecere patiuntur

Nec immerito hic illos furor vexat; necesse est enim in immensum exeat cupiditas quae naturalem modum transilit
Ma beato l'uomo che ha rivolto questo slancio al meglio: si sottrarrà al dominio e al potere della sorte; sarà moderato nella prosperità, attenuerà le sventure e disdegnerà quanto gli altri ammirano

Un animo grande disprezza la grandezza e preferisce la moderazione agli eccessi; quella è utile e vitale, questi, invece, nuocciono, proprio perché sono superflui

Un'eccessiva fertilità danneggia le messi; i rami si spezzano per il peso; una soverchia fecondità non arriva alla maturazione

Così capita anche allo spirito: una prosperità smodata lo fiacca e diventa dannosa non soltanto per gli altri, ma anche per lui stesso

Nessuno è stato oltraggiato tanto da un nemico quanto certi uomini dai propri piaceri

La loro sfrenatezza e la loro insana libidine può essere perdonabile solo perché quello che hanno fatto ricade su di loro

E questa follia li tortura a ragione; i desideri che superano i confini naturali sfociano inevitabilmente nella dismisura

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Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 01

Ille enim habet suum finem, inania et ex libidine orta sine termino sunt

Necessaria metitur utilitas: supervacua quo redigis

Voluptatibus itaque se mergunt quibus in consuetudinem adductis carere non possunt, et ob hoc miserrimi sunt, quod eo pervenerunt ut illis quae supervacua fuerant facta sint necessaria

Serviunt itaque voluptatibus, non fruuntur, et mala sua, quod malorum ultimum est, et amant; tunc autem est consummata infelicitas, ubi turpia non solum delectant sed etiam placent, et desinit esse remedio locus ubi quae fuerant vitia mores sunt

Vale

Quod frequenter mihi scribis gratias ago; nam quo uno modo potes te mihi ostendis

Numquam epistulam tuam accipio ut non protinus una simus
la natura ha un suo limite, mentre i desideri vani e scaturiti dalla libidine non ne hanno

L'utilità dà la misura del necessario: ma il superfluo in che modo si può misurarlo

Alcuni, perciò si immergono nei piaceri e, abituatisi, non ne possono più fare a meno e sono davvero infelici perché arrivano al punto che per loro il superfluo diventa necessario

Non godono dei piaceri, ne sono schiavi e per giunta, e questo è il male estremo, i propri mali li amano; si arriva al culmine dell'infelicità, quando le azioni abiette non solo allettano, ma piacciono, e non c'è più modo di rimediare se quelli che erano vizi, diventano abitudini

Stammi bene

Tu mi scrivi spesso e io ti ringrazio: ti mostri a me nell'unico modo possibile

Ogni volta che ricevo una tua lettera, siamo subito insieme
Si imagines nobis amicorum absentium iucundae sunt, quae memoriam renovant et desiderium [absentiae] falso atque inani solacio levant, quanto iucundiores sunt litterae, quae vera amici absentis vestigia, veras notas afferunt

Nam quod in conspectu dulcissimum est, id amici manus epistulae impressa praestat, agnoscere

Audisse te scribis Serapionem philosophum, cum istuc applicuisset: 'solet magno cursu verba convellere, quae non effundit ima sed premit et urguet; plura enim veniunt quam quibus vox una sufficiat'

Hoc non probo in philosopho, cuius pronuntiatio quoque, sicut vita, debet esse composita; nihil autem ordinatum est quod praecipitatur et properat

Itaque oratio illa apud Homerum concitata et sine intermissione in morem nivis superveniens oratori data est, lenis et melle dulcior seni profluit
Se i ritratti dei nostri amici assenti ci sono graditi, perché rinnovano il ricordo e alleviano la nostalgia con un falso ed effimero conforto, tanto più ci è gradita una lettera, che porta le vere tracce, i veri segni dell'amico assente

La sensazione più dolce che si prova alla presenza di un amico, il riconoscerlo, ce la dà l'impronta della sua mano nella lettera

Scrivi di aver ascoltato il filosofo Serapione, quando è approdato lì, in Sicilia: Parla molto velocemente e perciò storpia sempre le parole e non lascia che si diffondano, ma le constringe tutte insieme accavallandole: gli arrivano alle labbra più numerose di quanto si possano pronunciare con un'unica emissione di voce

Questo non lo approvo in un filosofo: il suo modo di parlare deve essere composto, come la sua vita; non può esserci ordine, se c'è precipitazione e foga

Perciò l'eloquenza concitata, che fluisce senza interruzione come la neve, Omero l'attribuisce all'oratore giovane; ma nel vecchio le parole scorrono lievi e più dolci del miele

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Sic itaque habe: ut istam vim dicendi rapidam atque abundantem aptiorem esse circulanti quam agenti rem magnam ac seriam docentique

Aeque stillare illum nolo quam currere; nec extendat aures nec obruat

Nam illa quoque inopia et exilitas minus intentum auditorem habet taedio interruptae tarditatis; facilius tamen insidit quod exspectatur quam quod praetervolat

Venique tradere homines discipulis praecepta dicuntur: non traditur quod fugit

Adice nunc quod quae veritati operam dat oratio incomposita esse debet et simplex: haec popularis nihil habet veri

Movere vult turbam et inconsultas aures impetu rapere, tractandam se non praebet, aufertur: quomodo autem regere potest quae regi non potest

Quid quod haec oratio quae sanandis mentibus adhibetur descendere in nos debet
Credimi, la forza di questo eloquio rapido e straripante è più adatta a un ciarlatano, non a un filosofo che tratta e insegna una materia seria e importante

Secondo me, non deve stillare le parole, e nemmeno correre; non deve costringere il pubblico a tendere le orecchie, né frastornarlo

Anche l'eloquenza povera e scarna rende gli ascoltatori meno attenti: la lentezza e le frequenti interruzioni annoiano; tuttavia, un discorso che si fa attendere rimane più facilmente impresso di uno che scorre via veloce

Si dice, infine, che i filosofi trasmettono ai discepoli i loro insegnamenti: ma non si può trasmettere una cosa che fugge via

L'eloquenza al servizio della verità, inoltre, deve essere ordinata e semplice: quella demagogica non rispecchia il vero

Vuole far presa sulla folla e trascinare col suo slancio le orecchie delle persone sconsiderate; non si presta a un attento esame, anzi se ne sottrae: e come può governare se non può essere governata

Questo tipo di oratoria, volta a sanare gli animi, deve scendere in noi
remedia non prosunt nisi immorantur

Multum praeterea habet inanitatis et vani, plus sonat quam valet

Lenienda sunt quae me exterrent, compescenda quae irritant, discutienda quae fallunt, inhibenda luxuria, corripienda avaritia quid horum raptim potest fieri

quis medicus aegros in transitu curat

Quid quod ne voluptatem quidem ullam habet talis verborum sine dilectu ruentium strepitus

Sed ut pleraque quae fieri posse non crederes cognovisse satis est, ita istos qui verba exercuerunt abunde est semel audisse

Quid enim quis discere, quid imitari velit

quid de eorum animo iudicet quorum oratio perturbata et immissa est nec potest reprimi
i rimedi non giovano se non svolgono un'azione lenta e costante

Un'eloquenza simile, inoltre, è vana e inutile: ha più risonanza che vigore

Bisogna mitigare le paure, reprimere gli impulsi, dissipare gli inganni, frenare la lussuria, sradicare l'avidità: niente di tutto questo può realizzarsi al volo Quale medico cura di corsa gli ammalati

E per giunta un tale strepito di parole

che scorrono ammassate alla rinfusa, non provoca nessun piacere

Come la maggior parte dei fatti che credevamo impossibili basta averli osservati una sola volta, così è più che sufficiente aver sentito una sola volta questi oratori da strapazzo

Uno che cosa ha da imparare o da imitare

Come giudicare l'animo di persone che parlano in maniera confusa, sciatta e senza freni

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Quemadmodum per proclive currentium non ubi visum est gradus sistitur, sed incitato corporis ponderi servit ac longius quam voluit effertur, sic ista dicendi celeritas nec in sua potestate est nec satis decora philosophiae, quae ponere debet verba, non proicere, et pedetemptim procedere

'Quid ergo

non aliquando et insurget

' Quidni

sed salva dignitate morum, quam violenta ista et nimia vis exuit

Habeat vires magnas, moderatas tamen; perennis sit unda, non torrens

Vix oratori permiserim talem dicendi velocitatem inrevocabilem ac sine lege vadentem: quemadmodum enim iudex subsequi poterit aliquando etiam imperitus et rudis

Tum quoque, cum illum aut ostentatio abstulerit aut affectus impotens sui, tantum festinet atque ingerat quantum aures pati possunt
Se uno corre giù per un pendio non riesce a fermarsi nel punto stabilito, ma viene trascinato dal peso del corpo in movimento e va più lontano del voluto; allo stesso modo questa velocità di eloquio non ha dominio su di sé e non è sufficientemente adatta alla filosofia, che le parole deve disporle, non pronunciarle di getto, e deve procedere passo passo

Ma come

Certe volte l'eloquenza non dovrà anche innalzarsi di tono

E perché no

Ma salvando la dignità di comportamento che, invece, questa forza eccessiva e violenta le toglie

Sia vigorosa, e tuttavia moderata; simile a una corrente perenne, ma non torrenziale

Una tale velocità di parola irrefrenabile e senza regole potrei ammetterla appena in un oratore: difatti, come potrebbe seguirlo un giudice che a volte è rozzo e inesperto

Ma anche quando lo trascina il desiderio di ostentazione o una passione irrefrenabile, l'oratore deve affrettarsi e ammassare parole solo nei limiti di un ascolto agevole
Recte ergo facies si non audieris istos qui quantum dicant, non quemadmodum quaerunt, et ipse malueris, si necesse est, vel P Vinicium dicere qui itaque

Cum quaereretur quomodo P Vinicius diceret, Asellius ait 'tractim'

Nam Geminus Varius ait, 'quomodo istum disertum dicatis nescio: tria verba non potest iungere'

Quidni malis tu sic dicere quomodo Vinicius

Aliquis tam insulsus intervenerit quam qui illi singula verba vellenti, tamquam dictaret, non diceret, ait 'dic, numquam dicas

' Nam Hateri cursum, suis temporibus oratoris celeberrimi, longe abesse ab homine sano volo: numquam dubitavit, numquam intermisit; semel incipiebat, semel desinebat

Quaedam tamen et nationibus puto magis aut minus convenire

In Graecis hanc licentiam tuleris: nos etiam cum scribimus interpungere assuevimus
Farai bene a non dare retta a questi conferenzieri che si preoccupano di quanto e non di come parlano; tu stesso, se è necessario, è meglio che parli come P Vinicio

Come, dunque

Una volta che si discuteva su come costui parlasse, Asellio disse: Lentamente, e Gemino Vario replicò: Non so come possiate definirlo eloquente: non è capace a mettere insieme tre parole

E perché non dovresti preferire di parlare come lui

Certo, potrebbe intervenire uno tanto sciocco come quel tizio che, mentre Vinicio spiccava le parole a una a una, quasi dettasse più che fare un discorso, gli gridò: Parla, parli dunque

A mio parere un uomo assennato deve tenersi lontano dalla celerità di Q Aterio, oratore famosissimo ai suoi tempi: non aveva mai un'esitazione, non faceva mai una pausa; quando cominciava, arrivava fino in fondo

Tuttavia, penso, che certe caratteristiche si adattino più o meno alle singole popolazioni

Tra i greci questa libertà è tollerabile: noi, invece, siamo abituati a fare delle pause anche quando scriviamo

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Cicero quoque noster, a quo Romana eloquentia exsiluit, gradarius fuit

Romanus sermo magis se circumspicit et aestimat praebetque aestimandum

Fabianus, vir egregius et vita et scientia et, quod post ista est, eloquentia quoque, disputabat expedite magis quam concitate, ut posses dicere facilitatem esse illam, non celeritatem

Hanc ego in viro sapiente recipio, non exigo; ut oratio eius sine impedimento exeat, proferatur tamen malo quam profluat

Eo autem magis te deterreo ab isto morbo quod non potest tibi ista res contingere aliter quam si te pudere desierit: perfrices frontem oportet et te ipse non audias; multa enim inobservatus ille cursus feret quae reprendere velis

Non potest, inquam, tibi contingere res ista salva verecundia

Praeterea exercitatione opus est cotidiana et a rebus studium transferendum est ad verba
Pure il nostro Cicerone, da cui scaturì l'eloquenza romana, aveva un'andatura posata

Da noi l'oratoria procede guardandosi più attorno, fa delle valutazioni e si presta ad essere valutata

Fabiano, uomo straordinario sia per la sua vita, che per la sua cultura e, qualità a queste secondaria, anche per la sua eloquenza, si esprimeva speditamente, ma non in maniera concitata; la sua poteva essere definita facilità di parola, non rapidità

Nel saggio la ammetto, ma non la giudico fondamentale; purché le sue frasi vengano fuori senza impedimenti, è meglio tuttavia che siano emesse, piuttosto che sgorghino con profusione

Da questo difetto cerco di tenerti lontano tanto più perché può sopravvenire solo se perderai il tuo pudore: devi deporre ogni vergogna e non ascoltare più te stesso; quella rapidità incontrollata, infatti, porta con sé molti difetti da censurare

Non può ripeto, sopravvenire, se il tuo pudore lo mantieni intatto

necessario, inoltre, un esercizio giornaliero e bisogna trasferire l'attenzione dai fatti alle parole

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