Quando nel 1871, Auguste Mariette riportò alla luce le statue del principe Rahotep e della moglie Nofret a Meidum a sud dell'odierno Cairo, gli operai furono spaventati a tal punto dalla lucentezza dei loro occhi alla luce delle candele che fuggirono terrorizzati. Rahotep era un nobile egizio, funzionario della corte del faraone, e come tale meritava la sepoltura insieme alla moglie in una mastaba, un edificio dal tetto piatto e dalle pareti inclinate composto da un tempio e da una camera funeraria. Grazie al clima secco lo stato di conservazione è ottimo e le statue si sono conservate pressoché intatte.
Scolpite nella pietra calcarea e dipinte, le due statue a grandezza naturale mostrano Rahotep e Nofret seduti su sedili dallo schienale alto e rivolti verso l'esterno in una posa piuttosto formale, con un braccio piegato sul petto. L'arte egizia era fortemente simbolica e svolgeva una funzione rituale a beneficio del defunto nella vita ultraterrena. Per esempio, si tendeva a collocare il corpo in posizione verticale, con il viso rivolto in avanti verso l'eternità.
I pugni serrati e stretti al petto, come nell'immagine di Rahotep, possono simboleggiare venerazione. La pittura di entrambe le statue è quasi perfettamente conservata e i colori mantengono la vivacità originale. Rahotep ha i capelli neri corti e sfoggia i baffi sottili che andavano di moda durante L'antico regno (circa 2625-2130 a.C.). Indossa un kit corto bianco e intorno al collo una semplice collana con una amuleto a forma di cuore.
La moglie Nofret indossa un abito lungo fino alle caviglie e un elaborata collana di gioielli dai colori sgargianti, mentre un diadema dipinto con motivi floreali tiene ferma una parrucca lunga fino alle spalle. Come di consueto nell'arte egizia, l'uomo presenta una colorazione rossoscura, mentre la donna è dipinta con una carnagione molto chiara entrambi hanno penetranti occhi azzurri, realizzati incastonando frammenti di quarzo levigato nella pietra.