Properzio, Elegie: Libro III, Elegia XXIV

Latino: dall'autore Properzio, opera Elegie parte Libro III, Elegia XXIV

Falsa est ista tuae, mulier, fiducia formae, olim oculis nimium facta superba meis

E' falsa, donna, questa fiducia della tua bellezza, diventata troppo superba per la mia ammirazione di un tempo

noster amor talis tribuit tibi, Cynthia, laudes: versibus insignem te pudet esse meis

Il nostro amore tributò a te, Cinzia tali lodi: mi vergogno che tu sia famosa per i miei versi

mixtam te varia laudavi saepe figura,[5] ut, quod non esses, esse putaret amor; et color est totiens roseo collatus Eoo, cum tibi quaesitus candor in ore foret: quod mihi non patrii poterant avertere amici, eluere aut vasto Thessala saga mari,[10] hoc ego non ferro, non igne coactus, at ipsa naufragus Aegaea (vera fatebor) aqua; correptus saevo Veneris torrebar aeno; vinctus eram versas in mea terga manus

Lodai spesso te armonizzata con varia bellezza,[5] così che l'amore pensasse essere ciò che non eri; e tanta volte il colorito fu paragonato alla rosea Aurora, mentre il candore a te sul viso era cercato: ciò che gli antichi amici non potevano distogliere a me, o la maga Tessala rimuovere dal vasto mare, [10] io questo non dal ferro, non dal fuoco costretto, ma naufrago nella stessa acqua dell'Egeo (dirò il vero)

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Properzio, Elegie: Libro III, Elegia XXV

Latino: dall'autore Properzio, opera Elegie parte Libro III, Elegia XXV

ecce coronatae portum tetigere carinae,[15] traiectae Syrtes, ancora iacta mihi est

Catturato ardevo nel crudele bronzo di Venere; ero stato legato con le mani avvinte dietro le mie spalle, ecco le navi inghirlandate toccarono il porto, [15] lasciate le Sirti, fu gettata l'ancora per me

nunc demum vasto fessi resipiscimus aestu, vulneraque ad sanum nunc coiere mea

Ora infine stanchi riprendiamo coraggio dal vasto flutto, e le mie ferite ora si rimarginano

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