Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 32, Paragrafi 64-88
[64] Dos eorum medica hoc in loco tota dicitur: stomachum unice reficiunt, fastidiis medentur, addiditque luxuria frigus obrutis nive, summa montium et maris ima miscens emolliunt alvum leniter eademque cocta cum mulso tenesmo, qui sine exulceratione sit, liberant vesicarum ulcera quoque repurgant cocta in conchis suis, uti clusa invenerint, mire destillationibus prosunt [65] testae ostreorum cinis uvam sedat et tonsillas admixto melle, eodem modo parotidas, panos mammarumque duritias, capitum ulcera ex aqua cutemque mulierum extendit; inspergitur et ambustis et dentifricio placet pruritibus quoque et eruptionibus pituitae ex aceto medetur crudae si tundantur, strumas sanant et perniones pedum Purpurae quoque contra venena prosunt [66] et algam maris theriacen esse Nicander tradit |
[64] Tutta la loro virtù medica è descritta in questa parte: rinvigoriscono in modo unico lo stomaco, curano le nausee, e il lusso ha aggiunto il raffreddamento dopo averle coperte di neve, mescolando la sommità dei monti e le profondità del mare Ammorbidiscono leggermente l'intestino Le stesse cotte con vino mielato liberano dal tenesmo, quello che è senza ulcerazione Disinfettano anche le ferite delle vesciche Cotte nelle loro conchiglie, chiuse come furono pescate, giovano meravigliosamente ai catarri [65] La cenere del guscio delle conchiglie calma l'ugola e le tonsille mista col miele, nello stesso modo le parotiti, gonfiori e indurimenti delle mammelle,con l'acqua le ulcere del capo e distende la pelle delle donne; viene sparsa anche per le scottature Piace anche per dentifricio Cura con l'aceto anche i pruriti e le eruzioni di muco Se vengono pestate crude, curano le scrofole e i geloni dei piedi Anche le porpore giovano contro i veleni [66] Nicandro tramanda che anche l'alga di mare è un antidoto |
plura eius genera, ut diximus, longo folio et rubente, latiore alia vel crispo laudatissima quae in Creta insula iuxta terram in petris nascitur, tinguendis etiam lanis, ita colorem alligans, ut elui postea non possit e vino iubet eam dari [67] Alopecias replet hippocampi cinis nitro et adipe suillo mixtus aut sincerus ex aceto, praeparat autem saepiarum crustae farina medicamentis cutem; replet et muris marini cinis cum oleo, item echini cum carnibus suis cremati, fel scorpionis marini, ranarum quoque III, qui vivae in olla concrementur, cinis cum melle, melius cum pice liquida capillum denigrant sanguisugae, quae in vino nigro diebus XXXX computuere [68] alii in aceti sextariis II sanguisugarum sextarium in vase plumbeo putrescere iubent totidem diebus, mox inlini in sole |
Diversi i suoi generi, come abbiamo detto, con foglia lunga e rosseggiante, un'altra più larga e increspata Molto pregiata quella che nasce nell'isola di Creta vicino alla terra sulle rocce, anche per tingere le lane, fissando il colore così, che poi non possa essere sciolto Consiglia che essa sia data col vino [67] La cenere dell'ippocampo riempie le alopecie mista a nitro e grasso suino o pura con aceto, la polvere dell'osso delle seppie prepara inoltre la pelle per i medicamenti; anche la cenere del topo marino riempie con l'olio, anche i ricci bruciati con le loro carni, il fiele dello scorpione marino, anche la cenere di tre rane, che siano bruciate vive in pentola, col miele, meglio con pece liquida Anneriscono la capigliatura le sanguisughe, che sono restate nel vino nero per 40 giorni [68] Altri consigliano d'imputridire in un vaso di piombo per altrettanti giorni un sestario di sanguisughe in due sestari di aceto, poi spalmati al sole |
Sornatius tantam vim hanc tradit, ut, nisi oleum ore contineant qui tinguent, dentes quoque suco earum denigrari dicat Capitis ulceribus muricum vel purpurarum testae cinis cum melle utiliter inlinitur, conchyliorum vel, si non uratur, farina ex aqua, doloribus castoreum cum peucedano et rosaceo [69] Omnium piscium fluviatilium marinorumque adipes liquefacti sole admixto melle oculorum claritati plurimum conferunt, item castoreum cum melle callionymi fel cicatrices sanat et carnes oculorum supervacuas consumit nulli hoc piscium copiosius, ut existumavit Menander quoque in comoediis idem piscis et uranoscopos vocatur ab oculo, quem in capite habet [70] et coracini fel excitat visum, et marini scorpionis rufi cum oleo vetere aut melle Attico incipientes suffusiones discutit; inungui ter oportet intermissis diebus |
Sornazio dichiara tanta questa forza, che, dice che se quelli che tingono non trattengono l'olio in bocca, anche i denti sono anneriti dal loro succo Per le ferite del capo è spalmata con miele efficacemente la cenere del guscio dei murici e delle porpore, anche delle conchiglie, se non sia bruciata, la polvere con l'acqua, per i dolori il castorio con peucedano e olio di rosa [69] I grassi di tutti i pesci fluviali e marini sciolti al sole con miele mescolato contribuiscono moltissimo alla limpidezza degli occhi, anche il castorio col miele Il fiele del callionymus cura le cicatrici ed elimina le escrescenze carnose degli occhi Per nessun pesce questo più abbondante, come ritenne anche Menandro nelle commedie Lo stesso pesce è chiamato anche uranoscopos dall'occhio, che ha sul capo [70] Anche il fiele del coracino stimola la vista, anche dello scorpione marino rosso con olio vecchio o miele attico rimuove le cataratte incipienti; occorre essere unti tre volte a giorni distanziati |
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 34, Paragrafi 137-162
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 34, Paragrafi 137-162
eadem ratio albugines oculorum tollit mullorum cibo aciem oculorum hebetari tradunt lepus marinus ipse quidem venenatus est, sed cinis eius in palpebris pilos inutiles evolsos cohibet ad hunc usum utilissimi minimi, item pectunculi salsi triti cum cedria, ranae, quas diopetas et calamitas vocant; earum sanguis cum lacrima vitis evolso pilo palpebris inlinatur [71] tumorem oculorum ruboremque saepiae cortex cum lacte mulieris inlitus sedat et per se scabritias emendat; invertunt ita genas et medicamentum auferunt post paulum rosaceoque inungunt et pane inposito mitigant eodem cortice et nyctalopes curantur, in farinam trito ex aceto inlito extrahit et squamas eius cinis [72] cicatrices oculorum cum melle sanat, pterygia cum sale et cadmia singulis drachmis, emendat et albugines iumentorum |
Lo stesso trattamento toglie le albugini degli occhi Tramandano che col cibo delle triglie sia indebolita la forza degli occhi La stessa lepre marina è certo velenosa, ma la sua cenere evita sulle palpebre i peli superflui tolti Per quest'uso utilissime le più piccole, anche i piccoli pettini salati tritati con resina di cedro, le rane, che chiamano diopete e calamite; il loro sangue sia spalmato sulle palpebre con la resina della vite dopo aver tolto il pelo [71] L'osso di seppia spalmato con latte di donna calma il gonfiore e il rossore degli occhi e da solo toglie le ruvidezze; rivoltano così le palpebre e tolgono poco dopo il medicamento e ungono con olio di rosa e calmano col pane messo sopra Con lo stesso osso sono curati anche i malati di nittalopia, tritato in polvere spalmato con l'aceto La sua cenere estrae anche le croste [72] Cura le cicatrici degli occhi col miele, gli orzaioli con sale e cadmia con una dracma per ciascuno, toglie anche le albugini dei giumenti |
aiunt et ossiculo eius genas, si terantur, sanari echini ex aceto epinyctidas tollunt eundem comburi cum viperinis pellibus ranisque et cinerem aspergi potionibus iubent Magi, claritatem visus promittentes [73] ichthyocolla appellatur piscis, cui glutinosum est corium idem nomen glutino eius; hoc epinyctidas tollit quidam ex ventre, non e corio, fieri dicunt ichthyocollam, ut glutinum taurinum laudatur Pontica, candida et carens venis squamisque et quae celerrime liquescit madescere autem debet concisa in aqua aut aceto nocte ac die, mox tundi marini lapidibus, ut facilius liquescat utilem eam et capitis doloribus adfirmant et tetanis |
Dicono anche che se le palpebre sono strofinate col suo ossicino, vengono guarite I ricci con l'aceto tolgono le pustole notturne I maghi consigliano che lo stesso sia bruciato con pelli di vipere e rane e che la cenere sia sparsa sulle bevande, assicurando la limpidezza della vista [73] E' chiamato colla di pesce un pesce, a cui la pelle è appiccicosa Stesso nome la sua colla; questo toglie le fistole notturne Alcuni dicono che la colla di pesce deriva dal ventre, non dalla pelle, come la colla di toro E' apprezzata quella del Ponto, bianca e priva di vene e squame e che si scioglie molto velocemente Deve poi bagnarsi tagliata in acqua o nell'aceto una notte e un giorno, poi essere pestata con pietre di mare, affinchè si sciolga più facilmente L'assicurano utile anche per i dolori di testa e per i crampi |
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 16, Paragrafi 230-241
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 16, Paragrafi 230-241
[74] ranae dexter oculus dextri, sinister laevi, suspensi e collo nativi coloris panno lippitudines sanant; quod si per coitum lunae eruantur, albuginem quoque, adalligati similiter in putamine ovi reliquae carnes inpositae suggillationem rapiunt cancri etiam oculos adalligatos collo mederi lippitudini dicunt [75] est parva rana in harundinetis et herbis maxime vivens, muta ac sine voce, viridis, si forte hauriatur, ventres boum distendens huius corporis umorem derasum specilis claritatem oculis inunctis narrant adferre et ipsas carnes doloribus oculorum superponunt ranas XV coiectas in fictile novum iuncis configunt quidam sucoque earum, qui ita effluxerit admiscent vitis albae lacrimam atque ita palpebras emendant, inutilibus pilis exemptis acu instillantes hunc sucum in vestigia evolsorum |
[74] L'occhio destro della rana per il destro, il sinistro per il sinistro appesi al collo in un panno di colore naturale curano le infiammazioni; e se sono tolti durante la congiunzione della luna, anche l'albugine, ugualmente indossati in un guscio d'uovo Le restati carni messe sopra tolgono il livido Dicono che anche gli occhi del granchio legati al collo curano l'infiammazione [75] C'è una piccola rana che vive nei canneti e soprattutto fra le erbe, muta e senza voce, verde, che gonfia i ventri dei buoi se per caso è mangiata Dicono che l'umore di questo corpo raschiato porta limpidezza agli occhi che sono stati unti E applicano le carni stesse per i dolori degli occhi Alcuni trafiggono con giunchi 15 rane messe in un vaso nuovo di terracotta e col succo di quelle, che era così colato Mescolano la goccia della vite bianca e così liberano le palpebre, dopo aver tolto i peli superflui stillando con un ago questo succo nei solchi di quelli tolti |
[76] Meges psilotrum palpebrarum faciebat in aceto enecans putrescentes et ad hoc utebatur multis variisque per aquationes autumni nascentibus idem praestare sanguisugarum cinis ex aceto inlitus putatur, comburi eas oportet in novo vaso, idem thynni iocur siccatum pondere IIII cum oleo cedrino perunctis pilis VIIII mensibus [77] Auribus utilissimum batiae piscis fel recens, sed et inveteratum nitro, item bacchi, quem quidam mizyenem vocant, item callionymi cum rosaceo infusum vel castoreum cum papaveris suco vocant et in mari peduculos eosque tritos instillari ex aceto auribus iubent et per se et conchylio infecta lana magnopere prodest; quidam aceto et nitro madefaciunt |
[76] Megete preparava un depilatorio delle palpebre sommergendo nell'aceto quelle putrefatte e per questo usava quelle che nascono numerose e varie durante gli acquazzoni dell'autunno La cenere delle sanguisughe è ritenuta offrire la stessa cosa spalmata con l'aceto, occorre che esse siano bruciate in un vaso nuovo, lo stesso il fegato seccato del tonno in dose di 4 con olio di cedro per i peli unti per 9 mesi [77] Per le orecchie utilissimo il fiele del pesce batia fresco, ma anche invecchiato nel nitro, anche del bacco, che alcuni chiamano mizyenes, anche del callionymus stillato con olio di rosa o il castorio col succo del papavero Chiamano anche nel mare pidocchi e consigliano che questi tritati siano instillati nelle orecchie con l'aceto E di per sé anche la lana tinta con la porpora giova grandemente; alcuni la bagnano con aceto e nitro |
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 02, Paragrafi 30-34
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 02, Paragrafi 30-34
[78] sunt qui praecipue contra omnia aurium vitia laudent gari excellentis cyathum, mellis dimidio amplius, aceti cyathum in calice novo leni pruna decoquere subinde spuma pinnis detersa et, postquam desierit spumare, tepidum infundere si tumeant aures, coriandri suco prius mitigandas iidem praecipiunt ranarum adips instillatus statim dolores tollit cancrorum fluviatilium sucus cum farina hordeacea aurium volneribus efficacissime prodest parotidex muricum testae cum melle vel concyliorum ex mulso curantur [79] Dentium dolores sedantur ossibus draconis marini scariphatis gingivis, cerebro caniculae in oleo decocto adservatoque, ut ex eo dentes semel anno collunatur pastinacae quoque radio scariphari gingivas in dolore utilissimum contritus is et cum helleboro albo inlitus dentes sine vexatione extrahit |
[78] Ci sono quelli che specialmente contro tutti i mali delle orecchie apprezzano cuocere un bicchiere di eccellente garo, più di metà di miele, un bicchiere d'aceto in un tegame nuovo con poca brace pulita poi la schiuma con le penne e, dopo che abbia cessato di schiumare, infonderlo tiepido Se le orecchie si gonfiano, gli stessi prescrivono che vanno prima calmate col succo del coriandolo Il grasso delle rane stillato toglie subito i dolori Il liquido dei granchi fluviali con la farina d'orzo giova molto efficacemente alle ferite delle orecchie Le teste delle murici col miele o delle porpore col vino mielato curano la parotide [79] I dolori dei denti sono calmati con le ossa del dragone marino dopo aver scalfito le gengive, col cervello del pescecane cotto nell'olio e conservato, affinchè con esso ci si lavi i denti una volta l'anno Nel dolore utilissimo che le gengive siano scalfite anche con la lisca della pastinaca Questa tritata e spalmata con elleboro bianco estrae i denti senza sofferenza |
salsamentorum etiam in fictili vase combustorum cinis addita farina marmoris inter remedia est [80] et cybia vetera eluta in novo vase, dein trita prosunt doloribus aeque prodesse dicuntur omnium salsamentorum spinae combustae tritaeque et inlitae decocuntur et ranae singulae in aceti heminis, ut dentes ita colluantur contineaturque in ore sucus si fastidium obstaret, suspendebat pedibus posterioribus eas Sallustius Dionysius, ut ex ore virus deflueret in acetum fervens, idque e pluribus ranis; fortioribus stomachis ex iure mandendas dabat maxillaresque ita sanari praecipue dentes putant, mobiles vero supra dicto aceto stabiliri [81] ad hoc quidam ranarum corpora binarum praecisis pedibus in vini hemina macerant et ita collui dentium labantes iubent aliqui totas adalligant maxillis |
Anche la cenere delle salamoie bruciate in un vaso di terracotta aggiunta polvere di marmo è fra i rimedi [80] Anche i tranci invecchiati lavati in un vaso nuovo, poi tritati giovano ai dolori Ugualmente sono dette giovare le lische di tutte le salamoie bruciate e tritate e spalmate Sono cotte anche le rane ciascuna in un'emina di aceto, affinchè i denti siano lavati così e sia tenuto in bocca il succo Se la nausea l'impedisce, Sallustio Dionisio le appendeva per le zampe posteriori, affinché il liquido scendesse dalla bocca nell'aceto caldo, e ciò con più rane; le dava da masticare col brodo agli stomaci più forti Pensano che soprattutto i denti molari siano curati così, invece che quelli mobili siano consolidati con l'aceto sopra detto [81] Per questo alcuni macerano i corpi di due rane dopo aver reciso le zampe in un'emina di vino e consigliano che così siano lavati i denti che dondolano Alcuni le legano tutte alle mascelle |
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 13, Paragrafi 93-142
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 13, Paragrafi 93-142
alii denas in sextariis III aceti decoxere ad tertias partes, ut mobiles dentium stabilirent nec non XLVI ranarum corda in olei veteris sextario sub aereo testo discoxere, ut infunderent et tritum cum melle inposuere dentibus omnia supra scripta ex marina efficaciora [82] si cariosi et faetidi sint, cetum in furno arefieri per noctem praecipiunt, postea tantundem salis addi atque ita fricatur enhydris vocatur Graecis colubra in aqua vivens huius III dentibus superioribus in dolore superiorum gingivas scariphant, inferiorum inferioribus; aliqui canino tantum earum contenti sunt utuntur et cancrorum cinere, nam muricum cinis dentifricium est [83] Lichenas et lepras tollit adips vituli marini, menarum cinis cum mellis obolis ternis, iocur pastinacae in oleo coctum, hippocampi aut delphini cinis ex aqua inlitus |
Altri ne cuociono dieci in tre sestari di aceto fino alla terza parte, per consolidare i denti mobili Cuociono anche 46 cuori di rane in un sestario di olio vecchio sotto un vaso di rame, per instillare e metterlo tritato col miele sui denti Tutte le cose dette sopra più efficaci con quella di mare [82] Se sono cariati e fetidi, prescrivono che durante la notte sia seccato nel forno un cetaceo poi essere aggiunto altrettanto sale e così sia sfregato Enidra è chiamata dai Greci una biscia che vive in acqua Con tre denti superiori di questa raschiano le gengive nel dolore di quelle superiori, con gli inferiori (nel dolore) di quelle inferiori; alcuni sono contenti solo del loro canino Usano anche la cenere dei granchi, infatti la cenere delle murici è un dentifricio [83] Il grasso del vitello marino toglie lichene e lebbre, la cenere delle menole con tre oboli di miele, il fegato della pastinaca cotto nell'olio, la cenere dell'ippocampo o del delfino spalmata con l'acqua |