Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 12, Paragrafi 01-21

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 12, Paragrafi 01-21

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 12, Paragrafi 01-21
[1] Animalium omnium quae nosci potuere naturae generatim membratimque ita se habent

restat ut neque ipsa anima carentia quandoquidem nihil sine ea vivit , terra edita et inde eruta, dicantur ac nullum sileatur rerum naturae opus

diu fuere occulta eius beneficia, summumque munus homini datum arbores silvaeque intellegebantur

hinc primum alimenta, harum fronde mollior specus, libro vestis

etiam nunc gentes sic degunt

[2] quo magis ac magis admirari subit his a principiis caedi montes in marmora, vestes ad Seras peti, unionem in Rubri maris profunda, zmaragdum in ima tellure quaeri

ad hoc excogitata sunt aurium vulnera, nimirum quoniam parum erat collo, crinibus, manibus gestari, nisi infoderentur etiam corpori
[1] Le nature di tutti gli animali che poterono essere conosciute genere per genere e singolarmente si presentano così

Resta da descrivere le cose prodotte dalla terra o da qui tratte fuori e le stesse non prive di anima - dal m omento che nulla vive senza essa-, e nessuna opera della natura sia taciuta

A lungo furono nascosti i suoi benefici, e alberi e boschi erano ritenuti il massimo bene dato all'uomo

Da qui per prima cosa gli alimenti, con la loro fronda più accogliente la grotta, dalla corteccia la veste

Anche adesso i popoli vivono così

[2] Per questo capita sempre più di stupirsi che da questi inizi i monti siano tagliati in marmi, gli abiti essere richiesti dai Seri, la perla nella profondità del mar Rosso, lo smeraldo essere cercato nel terreno profondo

Per questo sono stati escogitati i fori delle orecchie, perché era troppo poco essere portati sul collo, sui capelli, sulle mani, a meno che non fossero inseriti anche nel corpo
quam ob rem sequi par est ordinem vitae et arbores ante alia dicere ac moribus primordia ingerere nostris

[3] Haec fuere numinum templa, priscoque ritu simplicia rura etiam nunc deo praecellentem arborem dicant

nec magis auro fulgentia atque ebore simulacra quam lucos et in iis silentia ipsa adoramus

arborum genera numinibus suis dicata perpetuo servantur, ut Iovi aesculus, Apollini laurus, Minervae olea, Veneri myrtus, Herculi populus

quin et Silvanos Faunosque et dearum genera silvis ac sua numina tamquam e caelo attributa credimus

[4] arbores postea blandioribus fruge sucis hominem mitigavere
Per la qual cosa è giusto che sia seguito l'ordine della vita e citare gli alberi prima delle altre cose ed introdurre le origini per i nostri costumi

[3] Questi furono i templi dei numi, e secondo l'antico rito i semplici campi anche ora dedicano l'albero più importante a un dio

Non adoriamo le statue splendenti di oro ed avorio più dei boschi e in essi gli stessi silenzi

Le specie di alberi dedicate a divinità proprie sono tramandate in eterno, come la quercia a Giove, il lauro ad Apollo, l'ulivo a Minerva, il mirto a Venere, il pioppo ad Ercole

Anzi crediamo attribuiti alle selve come dal cielo anche i Silvani e i Fauni e le specie di dee e i loro poteri divini

[4] In seguito alberi da frutto con succhi più delicati addolcirono l'uomo
ex his recreans membra olei liquor viresque potus vini, tot denique sapores anni sponte venientes et mensae, depugnetur licet earum causa cum feris et pasti naufragorum corporibus pisces expetantur, etiam nunc tamen secundae

[5] mille praeterea sunt usus earum, sine quis vita degi non possit

arbore sulcamus maria terrasque admovemus, arbore exaedificamus tecta

arborea et simulacra numinum fuere nondum pretio excogitato beluarum cadaveri atque ut, a diis nato iure luxuriae, eodem ebore numinum ora spectarentur et mensarum pedes

produnt Alpibus coercitas ut tum inexsuperabili munimento Gallias hanc primum habuisse causam superfundendi se Italiae, quod Helico ex Helvetiis civis earum fabrilem ob artem Romae commoratus ficum siccam et uvam oleique ac vini promissa remeans secum tulisset
Fra questi il liquido dell'oliva che rinvigorisce le membra e la bevanda del vino le forze, infine tanti sapori dell'anno che spuntano spontaneamente e le pietanze, ritenute anche ora secondi piatti, per quanto si combatta a causa loro con le bestie e siano ricercati i pesci che si sono saziati con i corpi dei naufraghi

[5] Inoltre mille sono i loro usi, senza cui la vita non può essere condotta

Con l'albero solchiamo i mari e raggiungiamo le terre, con l'albero costruiamo ripari

Gli alberi furono anche statue di divinità quando non era ancora scoperto il pregio per il cadavere delle belve e cosicché, nato dalle divinità il diritto al lusso, con lo stesso avorio fossero ammirati i volti degli dei e i piedi dei tavoli

Tramandano che le Gallie chiuse dalle Alpi fino ad allora con invalicabile baluardo ebbero dapprima questo motivo di espansione verso l'Italia, poiché Elicone un loro cittadino fra gli Elvetici dopo aver soggiornato a Roma per l'arte del fabbro aveva portato con sé tornando dei fichi ed uva secca e assaggi di olio e di vino

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 21, Paragrafi 01-10
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 21, Paragrafi 01-10

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 21, Paragrafi 01-10

quapropter haec vel bello quaesisse venia sit

[6] Sed quis non iure miretur arborem umbrae gratia tantum ex alieno petitam orbe

platanus haec est, in mare Ionium Diomedis insula tenus eiusdem tumuli gratia primum invecta, inde in Siciliam transgressa atque inter primas donata Italiae et iam ad Morinos usque pervecta ac tributarium etiam detinens solum, ut gentes vectigal et pro umbra pendant

[7] Dionysius prior Siciliae tyrannus Regium in urbem transtulit eas domus suae miraculum, ubi postea factum gymnasium; nec potuisse in amplitudinem augescere aut alias fuisse in Italia ac nominatim Hispania apud auctores invenitur

[8] Hoc actum circa captae urbis aetatem, tantumque postea honoris increvit, ut mero infuso enutriantur

conpertum id maxime prodesse radicibus, docuimusque etiam arbores vina potare
Perciò sia di giustificazione aver cercato queste cose anche con la guerra

[6] Ma chi giustamente non ammira l'albero portato da un altro luogo solo a motivo dell'ombra

Questo è il platano, trasportato sul mare Ionio dapprima fino nell'isola di Diomede per la sua tomba, poi passato in Sicilia e donato fra i primi all'Italia e ormai giunto fino ai Morini e che occupa anche il terreno tributario, cosicché i popoli pagano una tassa anche per l'ombra

[7] Dionisio il vecchio tiranno della Sicilia li portò nella città di Reggio come meraviglia della sua casa, dove poi fu fatto il ginnasio; si trova presso gli scrittori non aver potuto svilupparsi in grandezza o non essercene stati altri in Italia e in particolare in Spagna

[8] Questo accaduto verso il periodo della presa della città, e aumentò poi tanto d'onore, che sono nutriti con infuso di vino

Si è scoperto che ciò giova massimamente alle radici, e abbiamo insegnato che anche gli alberi bevono i vini
[9] Celebratae sunt primum in ambulatione Academiae Athenis cubitorum XXXIII radice ramos antecedente

nunc est clara in Lycia fontis gelidi socia amoenitate, itineri adposita, domicilii modo cava octoginta atque unius pedum specu, nemorosa vertice et se vastis protegens ramis arborum instar, agros longis obtinens umbris ac, ne quid desit speluncae imagini, saxea intus crepidinis corona muscosos conplexa pumices, tam digna miraculo, ut Licinius Mucianus ter consul et nuper provinciae eius legatus prodendum etiam posteris putaverit, epulatum intra eam se cum duodevicensimo comite, large ipsa toros praebente frondis, ab omni adflatu securum, optantem imbrium per folia crepitus, laetiorem quam marmorum nitore, picturae varietate, laquearium auro cubuisse in eadem
[9] Furono rinomati dapprima lungo la passeggiata dell'Accademia ad Atene con una radice di 33 cubiti che superava i rami

Ora è famoso in Licia uno compagno nella bellezza di una fonte gelida, che domina la strada, incavato con una nicchia di ottantuno piedi al modo di un riparo, frondoso in cima e che si protende con ampi rami al modo degli alberi, ricoprendo i campi con lunghe ombre e, perché non manchi qualcosa all'immagine di una grotta, all'interno del basamento una corona rocciosa che abbraccia pietre con muschio, tanto degna di stupore, che Licinio Muciano tre volte console e da poco ambasciatore di quella provincia ha ritenuto di tramandare anche ai posteri, di aver mangiato in esso con diciotto compagni, offrendo ampiamente lo stesso albero letti di fronde, al sicuro da ogni vento, godendo i rumori delle piogge tra le foglie, aver dormito in esso più contento che nello splendore dei marmi, nella varietà delle pitture, con l'oro dei soffitti

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 05, Paragrafi 88-114
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 05, Paragrafi 88-114

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 05, Paragrafi 88-114

[10] aliud exemplum Gai principis in Veliterno rure mirati unius tabulata laxeque ramorum trabibus scamna patula et in ea epulati, cum ipse pars esset umbrae, quindecim convivarum ac ministerii capaci triclinio, quam cenam appellavit ille nidum

[11] est Gortynae in insula Creta iuxta fontem platanus una insignis utriusque linguae monimentis, numquam folia dimittens, statimque ei Graeciae fabulositas superfuit Iovem sub ea cum Europa concubuisse, ceu vero non alia eiusdem generis esset in Cypro

sed ex ea primum in ipsa Creta, ut est natura hominum novitatis avida, platani satae regeneravere vitium, quandoquidem commendatio arboris eius non alia maior est quam soles aestate arcere, hieme admittere
[10] Un altro esempio (quello) nella campagna di Velletri dell'imperatore Gaio stupito di un solo (albero) con una tavolata e sedili ampiamente estesi di tronchi di rami e banchetti sotto esso, creando questo stesso una parte dell'ombra, con un triclinio capace di quindici commensali di servitù, cena che che chiamò nido

[11] A Gortina nell'isola di Creta c'è vicino a una fonte un platano famoso nei ricordi di entrambe le lingue, che non perde mai le foglie, e subito gli è sopraggiunta la leggenda della Grecia che Giove sotto di esso abbia dormito con Europa, come se in realtà non ci fosse un altro della stessa specie a Cipro

Ma da quello per la prima volta nella stessa Creta, poiché la natura degli uomini è avida di novità, platani seminati ripresero la caratteristica, per quanto il pregio di quell'albero è niente altro di più che respingere in estate i raggi, d'inverno filtrarli
[12] inde in Italiam quoque ad surburbana sua Claudio principe Marcelli Aesernini libertus, sed qui se potentiae causa Caesaris libertis adoptasset, spado Thessalicus praedives, ut merito dici possit is quoque Dionysius, transtulit id genus

durantque et in Italia portenta terrarum praeter illa scilicet quae ipsa excogitavit Italia

[13] Namque et chamaeplatani vocantur coactae brevitatis, quoniam arborum etiam abortus invenimus

hoc quoque ergo in genere pumilionum infelicitas dicta erit

fit autem et serendi genere et recidendi

primus C

Matius ex equestri ordine, Divi Augusti amicus, invenit nemora tonsilia intra hos LXXX annos

[14] Peregrinae et cerasi persicaeque et omnes quarum Graeca nomina aut aliena, sed quae ex iis incolarum numero esse coepere, dicentur inter frugiferas
[12] Da lì sotto l'imperatore Claudio trasportò questo genere anche in Italia in un suo luogo suburbano, un liberto di Marcello Esernino, ma che si era unito ai liberti di Cesare a causa del potere, un eunuco tessalo molto ricco, così da poter essere chiamato anche lui Dioniso

Si mantengono anche in Italia le meraviglie delle terre oltre a quelle naturalmente che ha prodotto l'Italia stessa

[13] Infatti sono chiamati anche cameplatani quelli che sono costretti nello stato di piccola statura, poiché abbiamo scoperto anche l'aborto degli alberi

Anche in questo genere dunque sarà trattata l'infelicità dei nani

Avviene quindi anche nel modo di seminare e di potare

Per primo C

Matio dell'ordine equestre, amico del Divino Augusto, inventò 80 anni fa, boschi potati

[14] Stranieri anche i ciliegi e i peschi e tutti quelli di cui (ci sono) nomi greci o stranieri, ma quelli che fra loro hanno cominciato ad essere nel numero di quelle locali, verranno trattate fra quelle da frutto

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 06, Paragrafi 01-14
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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 06, Paragrafi 01-14

in praesentia externas persequemur a salutari maxime orsi

[15] Malus Assyria, quam alii Medicam vocant, venenis medetur

folium eius est unedonis intercurrentibus spinis

pomum ipsum alias non manditur, odore praecellit foliorum quoque, qui transit in vestes una conditus arcetque animalium noxia

arbor ipsa omnibus horis pomifera est, aliis cadentibus, aliis maturescentibus, aliis vero subnascentibus

[16] temptavere gentes transferre ad sese propter remedii praestantiam fictilibus in vasis, dato per cavernas radicibus spiramento, qualiter omnia transitura longius seri aptissime transferrique meminisse conveniet, ut semel quaeque dicantur

sed nisi apud Medos et in Perside nasci noluit

haec est cuius grana Parthorum proceres incoquere diximus esculentis commendandi halitus gratia
Attualmente trattiamo quelle straniere dopo essere partiti soprattutto da quelle salutari

[15] Il melo d'Assiria, che altri chiamano della Media, cura dai veleni

La sua foglia è (come quell9 del corbezzolo con spine intervallate

Il frutto stesso del resto non viene mangiato, eccelle anche per l'odore delle foglie, che passa nelle vesti conservato insieme e allontana i pericoli degli animali

L'albero stesso è fruttifero in tutte le stagioni, mentre alcuni cadono, altri maturano, altri invece spuntano

[16] I popoli tentarono di trasferirlo in vasi d'argilla presso di sé a causa della proprietà di rimedio, poiché dava uno spiraglio alle radici attraverso i fori, come conviene ricordare, che tutte le cose da trasportare più lontano sono seminate molto adeguatamente e trapiantate, affinché tutti i procedimenti siano riportati una volta sola

Ma non volle attecchire se non presso i Medi e in Persia

Questo è quello i cui semi abbiamo detto che gli antichi dei parti cuocevano con i cibi per l'apprezzamento dell'alito
nec alia arbor laudatur in Medis

[17] Lanigeras Serum in mentione gentis eius narravimus, item Indiae arborum magnitudinem

unam e peculiaribus Indiae Vergilius celebravit hebenum, nusquam alibi nasci professus

Herodotus eam Aethiopiae intellegi maluit in tributi vicem regibus Persidis e materia eius centenas phalangas tertio quoque anno pensitasse Aethiopas cum auro et ebore prodendo

[18] non omittendum id quoque, vicenos dentes elephantorum grandes, quoniam ita significavit, Aethiopas ea de causa pendere solitos

tanta ebori auctoritas erat urbis nostrae CCCX anno; tunc enim auctor ille historiarum condidit Thuriis in Italia, quo magis mirum est quod eidem credimus, qui Padum amnem vidisset neminem ad id tempus Asiae Graeciaeque visum
Nessun altro albero è elogiato fra i Medi

[17] Abbiamo nominato le piante lanuginose dei Seri nella trattazione di quel popolo, così la grandezza degli alberi dell'India

Virgilio celebrò l'ebano, unico fra i tipici dell'India, dopo affermando che non nasce mai altrove

Erodoto ha preferito che questo fosse considerato dell'Etiopia per aver pagato gli Etiopi come tributo ai re persiani cento carichi di questa materia ogni due anni, nel consegnarlo con oro ed avorio

[18] Non bisogna tralasciare anche ciò, poiché così (Erodoto) ha segnalato, che gli Etiopi erano soliti per questo motivo pagare venti grandi zanne di elefanti

Tanto era il pregio dell'avorio nell'anno 310 della nostra città; infatti allora quell'autore di storie iniziò a Turi in Italia, per cui è più sorprendente che crediamo a lui, che (dice) che a quel tempo non si trovava nessuno dell'Asia e della Grecia che avesse visto il fiume Po

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 20, Paragrafi 217-221
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 20, Paragrafi 217-221

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 20, Paragrafi 217-221

[19] cognita Aethiopiae forma ut diximus, nuper allata Neroni principi raram arborem Meroen usque a Syene fine imperii per DCCCCLXXXXVI p

nullamque nisi palmarum generis esse docuit; ideo fortassis in tributi auctoritate tertia res fuerit hebenus

[20] Romae eam Magnus Pompeius triumpho Mithridatico ostendit

accendi Fabianus negat, uritur tamen odore iucundo

duo genera eius: rarum id quod melius, arboreum, durae et enodis materiae nigri splendoris ac vel sine arte protinus iucundi, alterum fruticosum cytisi modo et tota India dispersum

[21] Est ibi et spina similis, sed deprehensa vel lucernis igni protinus transiliente

Nunc eas exponemus, quas mirata est Alexandri Magni victoria orbe eo patefacto
[19] La raffigurazione conosciuta dell'Etiopia - come abbiamo detto, recata da poco all'imperatore Nerone - insegnò che l'albero è raro fino a Meroe dopo Siene confine dell'impero per 996 passi e niente se non del genere delle palme

Perciò senza dubbio l'ebano sarà stato la terza materia nell'imposizione del tributo

[20] Pompeo Magno nel trofeo mitridatico lo mostrò a Roma

Fabiano afferma che non viene acceso, tuttavia brucia con piacevole odore

Due tipi di questo: il migliore, arboreo, raro questo, di materia dura e senza nodi di nero splendore e immediatamente piacevole anche senza trattamento, l'altro cespuglioso al modo del citiso e sparso in tutta l'India

[21] Qui anche una pianta spinosa simile, ma che si conosce anche con le lucerne poiché il fuoco subito sparisce

Ora descriveremo quelle, che la vittoria di Alessandro Magno guardò meravigliata dopo che era stato scoperto quel mondo
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 35, Paragrafi 01-71

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 18, Paragrafi 1-55

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Prefazione

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 09, Paragrafi 01 - 28

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 31, Paragrafi 75-131

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 37, Paragrafi 161-205