Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 10, Paragrafi 15-36
[15] oppetunt non senio nec aegritudine, sed fame, in tantum superiore adcrescente rostro, ut aduncitas aperiri non queat a meridiano autem tempore operantur et volant; prioribus horis diei, donec inpleantur hominum conventu fora, ignavae sedent aquilarum pinnae mixtas reliquarum alitum pinnas devorant negant umquam solam hanc alitem fulmine exanimatam; ideo armigeram Iovis consuetudo iudicavit [16] Romanis eam legionibus Gaius Marius in secundo consulatu suo proprie dicavit erat et antea prima cum quattuor aliis: lupi, minotauri, equi aprique singulos ordines anteibant paucis ante annis sola in aciem portari cepta erat, reliqua in castris relinquebantur; Marius in totum ea abdicavit ex eo notatum, non fere legionis umquam hiberna esse castra ubi aquilarum non sit iugum |
[15] Muoiono non per vecchiaia né per malattia, ma per fame, poiché il becco superiore cresce tanto, che non può essere aperto per la curvatura Sono attive e volano poi da mezzogiorno; nelle prime ore del giorno, finché le piazze non si riempiono per l'affluire degli uomini, riposano oziose Le penne delle aquile distruggono se mescolate le penne degli altri uccelli Affermano che questo solo volatile non fu mai ucciso da un fulmine; perciò la tradizione la considerò l'armigera di Giove [16] Caio Mario nel suo secondo consolato l'assegnò esclusivamente alle legioni romane Anche precedentemente era la prima con altre quattro: lupi, minotauri, cavalli e cinghiali precedevano i singoli ordini Da pochi anni prima aveva cominciato ad essere portata da sola in campo, le altre insegne erano lasciate negli accampamenti; Mario le soppresse completamente Da allora si notò, che non ci sono quasi mai accampamenti invernali della legione dove non ci sia una coppia di aquile |
[17] Primo et secundo generi non minorum tantum quadripedum rapina, sed etiam cum cervis proelia multum pulverem volutatu collectum insidens cornibus excutit in oculos, pinnis verberans, donec praecipitet in rupes nec unus hostis illi satis: est acrior cum dracone pugna multoque magis anceps, etiamsi in aëre ova hic consectatur aquilae aviditate malefica aquila ob hoc rapit ubicumque visum, ille multiplici nexu alas ligat, ita se inplicans, ut simul decidat ipse [18] Celebris apud Seston urbem aquilae gloria est: educatam a virgine retulisse gratiam aves primo, mox deinde venatus adgerentem, defuncta postremo in rogum accensum eius iniecisse sese et simul conflagrasse quam ob causam incolae quod vocant heroum in eo loco fecere, appellatum Iovis et Virginis, quoniam illi deo ales adscribitur [19] Vulturum praevalent nigri |
[17] Per la prima e la seconda specie non solo (c'è) la rapina dei quadrupedi più piccoli, ma anche lotte con i cervi Fermandosi sulle corna getta negli occhi la molta polvere raccolta col rotolarsi, colpendo con le ali, finché le getta sui dirupi E non le basta un nemico: è più aspra la lotta con il serpente e molto più incerta, sebbene nell'aria Questo cerca con malvagia avidità le uova dell'aquila Per questo l'aquila lo rapisce dovunque è visto, quello con molteplice nodo lega le ali, così che avvinghiandosi, egli stesso precipita insieme [18] Celebre è la fama dell'aquila presso la città di Sesto: educata da una fanciulla aver dimostrato riconoscenza portando prima gli uccelli, poi in seguito cacciagione, infine morta essersi gettata sul suo rogo acceso ed essere bruciata insieme Per questo motivo gli abitanti costruirono in quel luogo ciò che chiamano heroum, considerato di Giove e della fanciulla, poiché a quel dio è consacrato l'uccello [19] Degli avvoltoi prevalgono i neri |
nidos nemo attigit; ideo et fuere qui putarent illos ex adverso orbe advolare falso: nidificant in excelsissimis rupibus; fetus quidem saepe cernuntur, fere bini Umbricius, haruspicum in nostro aevo peritissimus, parere tradit ova XIII, uno ex his reliqua ova nidumque lustrare, mox abicere triduo autem ante advolare eos, ubi cadavera futura sunt [20] Sanqualem avem atque inmusulum augures Romani magnae quaestioni habent inmusulum aliqui vulturis pullum arbitrantur esse et sanqualem ossifragum Masurius sanqualem ossifragam esse dicit, inmusulum autem pullum aquilae prius quam albicet cauda quidam post Mucium augurem visos non esse Romae confirmavere; ego, quod veri similius, in desidia rerum omnium arbitror non agnitos |
Nessuno tocca i nidi; perciò ci furono anche quelli che pensavano che quelli volassero dall'altro emisfero Con falsità: nidificano su rocce altissime; spesso invero si vedono i piccoli, circa due Umbricio, il più esperto degli aruspici nella nostra epoca, tramanda che nascono tredici uova, che con uno di queste purificano le altre uova e il nido, poi lo buttano Che esse volano tre giorni prima, dove ci saranno cadaveri [20] Gli auguri romani associano a una grande discussione l'uccello sanqualis e l'inmusulus Alcuni pensano che l'inmusulus sia il pulcino dell'avvoltoio e la sanqualis degli ossifraga Masurio dice che la sanqualis è un'ossifraga, l'inmusulus invece il pulcino dell'aquila prima che la coda biancheggi Alcuni confermarono che a Roma non ne erano stati visti dopo l'augure Muzio; io, cosa più verosimile, penso non essere stati riconosciuti per la noncuranza di ogni cosa |
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 36, Paragrafi 12-24
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 36, Paragrafi 12-24
[21] Accipitrum genera sedecim invenimus, ex his aegithum, claudum altero pede, prosperrimi augurii nuptialibus negotiis et pecuariae rei; triorchem a numero testium, cui principatum in auguriis Phemonoe dedit buteonum hunc appellant Romani, familia etiam cognominata, cum prospero auspicio in ducis navi sedisset epileum Graeci vocant qui solus omni tempore apparet; ceteri hieme abeunt [22] distinctio generum ex aviditate: alii non nisi e terra rapiunt avem, alii non nisi circa arbores volitantem, alii sedentem in sublimi, aliqui volantem in aperto itaque et columbae novere ex his pericula visoque considunt vel subvolant, contra naturam eius auxiliantes sibi in insula Africae Cerne in oceano accipitres totius Masaesyliae humi fetificant nec alibi nascuntur, illis adsueti gentibus |
[21] Abbiamo individuato sedici generi di falchi, fra questi l'aegithus, zoppo da un piede, di felicissimo augurio nelle faccende familiari e del patrimonio del bestiame; il triorches dal numero dei testicoli, a cui Femonoe dette il primo posto negli auspici I Romani lo chiamano buteo, soprannominata anche una famiglia, avendo preso posto con favorevole auspicio sulla nave del comandante I Greci chiamano epileus quello che unico appare in ogni periodo; gli altri d'inverno partono [22] Dall'avidità la classificazione dei generi: alcuni non rapiscono l'uccello se non da terra, altri se non quello che vola intorno agli alberi, altri quello che si ferma in alto, alcuni quello che vola nel cielo aperto Pertanto anche le colombe conoscono i pericoli fra questi e vistolo si fermano o volano via, difendendosi contro l'istinto di quello Nell'isola d'Africa di Cerne nell'oceano i falchi di tutta la Masaesilia depongono nella terra e quelli abituati a quei popoli non nascono altrove |
[23] In Thraciae parte super Amphipolim homines et accipitres societate quadam aucupantur hi ex silvis et harundinetis excitant aves, illi supervolantes deprimunt rursus; captas aucupes dividunt cum iis traditum est missas in sublime sibi excipere eos et, cum sit tempus capturae, clangore ac volatus genere invitare ad occasionem simile quiddam lupi ad Maeotim paludem faciunt nam nisi partem a piscantibus suam accepere, expansa eorum retia lacerant [24] Accipitres avium non edunt corda nocturnus accipiter cybindis vocatur, rarus etiam in silvis, interdiu minus cernens bellum internecivum gerit cum aquila, cohaerentesque saepe prenduntur [25] Coccyx videtur ex accipitre fieri, tempore anni figuram mutans, quoniam tunc non apparent reliqui nisi perquam paucis diebus ipse quoque, modico tempore aestatis visus, non cernitur postea |
[23] Nella zona della Tracia sopra Anfipoli uomini e falchi cacciano con una certa alleanza Questi mandano via dai boschi e dai canneti gli uccelli, quelli volando sopra li rimandano nuovamente; dividono con loro le prede cacciate E' stato detto che essi afferrano quelle lanciate a loro in aria e, quando è tempo di caccia, con strepito e con un tipo di volo invitano all'opportunità Ugualmente fanno alcune spigole presso la palude Meotica Infatti se non hanno avuto la loro parte dai pescatori, strappano le loro reti tese [24] I falchi non mangiano i cuori degli uccelli Il falco notturno è detto cybindis, raro anche nei boschi, che vede meno di giorno Conduce una guerra mortale con l'aquila, e spesso sono catturati avvinghiati [25] Il cuculo sembra derivare dal falco, perché muta l'aspetto in un periodo dell'anno, poiché allora gli altri non compaiono se non per pochi giorni Anch'esso, visto per il poco tempo dell'estate, dopo non è scorto |
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 29, Paragrafi 113-143
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 29, Paragrafi 113-143
est autem neque aduncis unguibus, solus accipitrum, nec capite similis illis neque alio quam colore, ac visu columbi potius; quin et absumitur ab accipitre, si quando una apparuere, sola omnium avis a suo genere interempta mutat autem et vocem [26] procedit vere, occultatur caniculae ortu, inter quae parit in alienis nidis, maxime palumbium, maiore ex parte singula ova, quod nulla alia avis, raro bina causa pullos subiciendi putatur quod sciat se invisam cunctis avibus; nam minutae quoque infestant ita non fore tutam generi suo stirpem opinatur, ni fefellerit; quare nullum facit nidum, alioqui trepidum animal [27] educat ergo subditum adulterato feta nido ille, avidus ex natura, praeripit cibos reliquis pullis, itaque pinguescit et nitidus in se nutricem convertit |
Inoltre non è con artigli adunchi, unico dei falchi, e non uguale a quelli nel capo né in altro se non nel colore, e più del colombo a vedersi; anzi è anche ucciso dal falco, se quando compaiono insieme, unico uccello di tutti ucciso dalla sua stessa specie Cambia inoltre anche la voce [26] Appare in primavera, si nasconde al sorgere della canicola, durante i quali depone nei nidi altrui, soprattutto dei colombi, per la maggior parte un singolo uovo, il che nessun altro uccello, raramente due Si ritiene causa di far covare i piccoli il fatto che sappia che è odiato da tutti gli uccelli; infatti anche i piccoli l'attaccano Perciò pensa che non sarebbe sicura la discendenza per la sua specie, se non ingannasse; animale del resto timoroso, perciò non fa nessun nido [27] Una madre alleva però il depositato pur col nido contaminato Quello, avido per natura, ruba il cibo agli altri piccoli, così ingrassa e splendente si conquista la madre |
illa gaudet eius specie miraturque sese ipsam, quod talem pepererit; suos comparatione eius damnat ut alienos absumique etiam se inspectante patitur, donec corripiat ipsam quoque, iam volandi potens nulla tunc avium suavitate carnis comparatur illi [28] Milvi ex eodem accipitrum genere magnitudine differunt notatum in his, rapacissimam et famelicam semper alitem nihil esculenti rapere umquam e funerum ferculis nec Olympiae ex ara ac ne ferentium quidem manibus nisi lugubri municipiorum inmolantium ostento iidem videntur artem gubernandi docuisse caudae flexibus, in caelo monstrante natura quod opus esset in profundo milvi et ipsi hibernis mensibus latent, non tamen ante hirundinem abeuntes traduntur autem et a solstitiis adfici podagra |
Quella gode della sua bellezza e ammira se stessa, poiché ha generato questo; dal confronto di questo ripudia i suoi come estranei e tollera anche mentre lei guarda che siano divorati, finché capace ormai di volare, afferra anche lei Allora nessuno degli uccelli è paragonato a quello per la dolcezza della carne [28] I nibbi della stessa specie dei falchi differiscono per grandezza Notato in questi, che l'uccello molto rapace e sempre affamato non ruba mai nulla di commestibile dai cortei funebri né dall'altare di Olimpia né dalle mani di quelli che offrono se non per lugubre presagio delle città che fanno i sacrifici Essi stessi sembrano aver insegnato l'arte di navigare con i piegamenti della coda, mostrando la natura in cielo quello che sarebbe necessario nel mare profondo Anche gli stessi nibbi si nascondono nei mesi invernali, tuttavia non allontanandosi prima della rondine Sono detti poi essere afflitti dalla gotta dopo i solstizi |
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 11, Paragrafi 71-79
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 11, Paragrafi 71-79
[29] Volucrum prima distinctio pedibus maxime constat: aut enim aduncos ungues habent aut digitos, aut palmipedum in genere sunt, uti anseres et aquaticae fere aves aduncos ungues habentia carne tantum vescuntur ex parte magna; [30] cornices et alio pabulo, ut quae duritiam nucis rostro repugnantem volantes in altum in saxa tegulasve iaciant iterum ac saepius, donec quassatam perfringere queant ipsa ales est inauspicatae garrulitatis, a quibusdam tamen laudata ab arcturi sidere ad hirundinum adventum notatur eam in Minervae lucis templisque raro, alicubi omnino non aspici, sicut Athenis; praeterea sola haec volantes pullos aliquamdiu pascit; inauspicatissima fetus tempore, hoc est post solstitium [31] ceterae omnes ex eodem genere pellunt nidis pullos ac volare cogunt, sicut et corvi, qui et ipsi non carne tantum aluntur |
[29] La prima distinzione degli uccelli consiste principalmente nelle zampe: o infatti hanno artigli adunchi o dita, o sono nel genere dei palmipedi, come oche e per lo più gli uccelli acquatici Si nutrono per la massima parte solo di carne quelli che hanno gli artigli adunchi; [30] Le cornacchie anche di altro cibo, cosicché volando in alto queste lanciano due o più volte contro i sassi e i tetti la durezza della noce che resiste al becco, finché spezzata possono romperla Lo stesso uccello è di infausta garrulità, tuttavia lodata da alcuni Dalla costellazione di Arturo all'arrivo delle rondini si nota che essa è vista raramente nei boschi e nei templi di Minerva, altrove affatto, come ad Atene; inoltre unica questa nutre a lungo i piccoli che già volano; molto infausta nel periodo del parto, cioè dopo il solstizio [31] Tutti gli altri di questa specie cacciano i piccoli dai nidi e li costringono a volare, come anche i corvi, che anch'essi non si nutrono solo di carne |
sed robustos quoque fetus suos fugant longius; itaque parvis in vicis non plus bina coniugia sunt, circa Crannonem quidem Thessaliae singula perpetuo genitores suboli loco cedunt [32] Diversa in hac et supradicta alite quaedam corvi ante solstitium generant; iidem aegrescunt sexagenis diebus, siti maxime, ante quam fici coquantur autumno cornix ab eo tempore corripitur morbo Corvi pariunt, cum plurimum, quinos ore eos parere aut coire vulgus arbitratur ideoque gravidas, si ederint corvinum ovum, per os partum reddere atque in totum difficulter parere, si tecto inferantur Aristoteles negat: non Hercule magis quam in Aegypto ibim, sed illam osculationem, quae saepe cernitur, qualem in columbis esse [33] corvi in auspiciis soli videntur intellectum habere significationum suarum |
Ma cacciano piuttosto lontano anche i loro figli robusti; perciò in piccoli confini non ci sono più di due coppie, presso Cranone di Tessaglia poi sempre una I genitori si allontanano dal luogo per la prole [32] Una certa differenza fra questa e il volatile sopracitato I corvi generano prima del solstizio; gli stessi s'ammalano per sessanta giorni, soprattutto per la sete, prima che in autunno maturino i fichi La cornacchia da questo periodo è affetta da una malattia I corvi ne generano, al massimo, cinque La gente pensa che generano o s'accoppiano con la bocca e che perciò le donne gravide, se avranno mangiato uovo di corvo, vomitano il parto dalla bocca e partoriscono in genere con difficoltà, se (le uova) sono portate in casa Aristotele lo nega: per Ercole, non più che l'ibis in Egitto, ma ciò che spesso si vede, quel baciarsi come capita fra i colombi [33] I corvi negli auspici sembrano i soli ad avere cognizione dei loro significati |
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 18, Paragrafi 266-271
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 18, Paragrafi 266-271
nam cum Medi hospites occisi sunt, omnes e Peloponneso et Attica regione volaverunt pessima eorum significatio, cum gluttiunt vocem velut strangulati [34] Uncos ungues et nocturnae aves habent, ut noctuae, bubo, ululae omnium horum hebetes interdiu oculi bubo, funebris et maxime abominatus publicis praecipue auspiciis, deserta incolit nec tantum desolata, sed dira etiam et inaccessa, noctis monstrum, nec cantu aliquo vocalis, sed gemitu [35] itaque in urbibus aut omnino in luce visus dirum ostentum est privatorum domibus insidentem plurium scio non fuisse feralem; volat numquam quo libuit, sed traversus aufertur; Capitolii cellam ipsam intravit Sexto Palpellio Histro L Pedanio cos , propter quod nonis Martis urbs lustrata est eo anno |
Infatti quando furono uccisi i forestieri Medi, tutti volarono dal Peloponneso e dalla regione Attica Pessimo il loro segnale, quando emettono una voce come se strangolati [34] Anche gli uccelli notturni hanno artigli adunchi, come le civette, il gufo, gli allocchi Gli occhi di tutti questi deboli di giorno Il gufo, funesto e massimamente detestato soprattutto negli auspici pubblici, abita luoghi deserti e non solo desolati, ma anche aspri e inaccessibili, mostro della notte, non canterino per un qualche canto, ma per il gemito [35] Perciò la vista nelle città o in genere di giorno è un triste evento So non essere stato funesto quando si è insediato nelle case di molti privati Non vola mai dritto dove tende, ma si dirige di traverso Entrò nella stessa cella del Campidoglio durante il consolato di Sesto Palpellio Istrio e Lucio Pedanio, per cui in quell'anno alle none di Marzo la città fu purificata |