Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 02, Paragrafi 140-168
[140] Exstat annalium memoria sacris quibusdam et precationibus vel cogi fulmina vel impetrari vetus fama Etruriae est, impetratum Volsinios urbem depopulatis agris subeunte monstro, quod vocavere Oltam, evocatum a Porsina suo rege et ante eum a Numa saepius hoc factitatum in primo annalium suorum tradit L Piso, gravis auctor, quod imitatum parum rite Tullum Hostilium ictum fulmine lucosque et aras et sacra habemus interque Statores ac Tonantes et Feretrios Elicium quoque accepimus Iovem [141] varia in hoc vitae sententia et pro cuiusque animo |
[140] Emerge dalla tradizione degli annali che i fulmini sono condizionati o ottenuti con alcuni riti sacri e invocazioni C'è un'antica leggenda dell'Etruria che, mentre un mostro, che chiamarono Olta, si avvicinava alla città di Bolsena dopo aver devastato i campi, ne ottennero uno (un fulmine) invocato dal suo re Porsenna E L Pisone, scrittore serio, nel primo libro dei suoi annali, tramanda che prima di lui da Numa fu provocato piu spesso ciò, che poiché Tullo Ostilio l'aveva riprodotto poco scrupolosamente fu colpito da un fulmine E abbiamo boschi e altari e riti sacri e fra Statori e Tonanti e Feretri abbiamo accolto anche Giove Elicio [141] Su questo vari i pareri dell'umanità e secondo il pensiero di ciascuno |
imperare naturae sacra audacis est credere, nec minus hebetis beneficiis abrogare vires, quando in fulgurum quoque interpretatione eo profecit scientia, ut ventura alia finito die praecinat et an peremptura sint factum aut prius alia facta quae lateant, innumerabilibus in utroque publicis privatisque experimentis quam ob rem sint ista ut rerum naturae libuit, alias certa alias dubia, aliis probata aliis damnanda: nos de cetero quae sunt in his memorabilia non omittemus |
E' azzardato pensare che i riti sacri comandino la natura, non di meno dello sciocco(pensare) che tolgano le forze ai benefici, dal momento che anche dall'interpretazione delle folgori la scienza progredì tanto, che prevede le altre cose che avverranno in un giorno stabilito e se stiano per annullare ciò che è stato fatto o le altre fatte prima che si celano, in entrambi i casi con innumerevoli esperienze pubbliche e private Perciò queste cose siano tali come la natura volle, alcun e certe altre dubbie, per alcuni certe per altri da condannare: noi non tralasceremo riguardo al resto quelle cose che sono straordinarie fra queste |
[142] Fulgetrum prius cerni quam tonitrua audiri, cum simul fiant, certum est, nec mirum, quoniam lux sonitu velocior, ictum autem et sonitum congruere ita modulante natura, sed sonitum profecti esse fulminis, non inlati, etiamnum spiritum ociorem fulmine, ideo quati prius omne et adflari quam percuti, nec quemquam tangi qui prior viderit fulmen aut tonitrua audierit laeva prospera existimantur, quoniam laeva parte mundi ortus est nec tamen adventus spectatur quam reditus, sive ab ictu resilit ignis sive opere confecto aut igne consumpto spiritus remeat [143] in sedecim partes caelum in eo spectu divisere Tusci prima est a septemtrionibus ad aequinocatialem exortum, secunda ad meridiem, tertia ad aequinoctialem occasum, quarta obtinet quod est reliquum ab occasu ad septemtriones |
[142] E' certo che il lampo viene visto prima che i tuoni siano uditi, pur avvenendo insieme, né è strano, poiché la luce è più veloce del suono, che il colpo e il suono inoltre coincidono per una natura che così regola, ma che il suono è del fulmine partito, non arrivato, inoltre il soffio è più veloce del fulmine, che perciò tutto è squassato e sferzato prima di essere colpito, né che viene toccato alcuno che abbia visto per primo il fulmine o abbia sentito il tuono Quelli di sinistra sono considerati favorevoli, poiché l'alba avviene nella parte sinistra del mondo Né tuttavia è osservato tanto l'arrivo quanto il ritorno, sia che il fuoco scaturisca dal colpo sia compiuta l'opera o consumato il fuoco il soffio ritorni [143] Gli Etruschi divisero il cielo in sedici zone in questa osservazione La prima è dalle zone settentrionali all'alba equinoziale, la seconda fino al mezzogiorno, la terza fino al tramonto equinoziale, la quarta occupa quello che è rimasto dal tramonto al settentrione |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 29, Paragrafi 10-15
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 29, Paragrafi 10-15
has iterum in quaternas divisere partes, ex quibus octo ab exortu sinistras, totidem e contrario appellavere dextras ex iis maxime dirae quae septemtriones ab occasu attingunt itaque plurimum refert unde venerint fulmina et quo concesserint optimum est in exortivas redire partes [144] ideo cum a prima caeli parte venerint et in eandem concesserint, summa felicitas portendetur, quale Sullae dictori ostentum datum accepimus cetera ad ipsius mundi portionem minus prospera aut dira quaedam fulgura enuntiare non putant fas nec audire, praeterquam si hospiti indicentur aut parenti magna huius observationis vanitas tacta Iunonis aede Romae deprehensa est Scauro consule, qui mox princeps fuit noctu magis quam interdiu sine tonitribus fulgurat |
Di nuovo divisero queste parti in quattro, fra queste chiamarono sinistre le otto da levante, altrettante dalla parte contraria destre Fra queste soprattutto sfavorevoli quelle che toccano le settentrionali da occidente Pertanto interessa moltissimo da dove siano venuti i fulmini e dove siano diretti Ottimo è tornare verso le zone orientali [144] Perciò quando siano venuti dalla prima zona del cielo e siano diretti nella medesima, una grandissima fortuna è preannunciata, quale sentimmo il presagio dato al dittatore Silla Gli altri meno fortunati o sfavorevoli rispetto alla zona dell'universo stesso Non ritengono lecito enunciare né ascoltare certi fulmini, tranne se sono indicati a un ospite o ad un genitore La grande futilità di questa osservazione fu riscontrata quando a Roma fu colpito il tempio di Giunone sotto il console Scauro, che dopo fu principe del senato Di notte più che di giorno folgora senza tuoni |
[145] Unum animal, hominem, non semper exstinguit, cetera ilico, hunc videlicet natura tribuente honorem, cum tot beluae viribus praestent omnia contrarias incubant partes homo, nisi convertatur in percussas, non respirat superne icti considunt vigilans ictus convenientibus oculis, dormiens patentibus reperitur hominem ita exanimatum cremari fas non est, condi terra religio tradidit nullum animal nisi exanimatum fulmine accenditur vulnera fulminatorum frigidiora sunt reliquo corpore [146] ex iis, quae terra gignuntur, lauri fruticem non icit nec umquam quinque altius pedibus descendit in terram |
[145] Un solo essere vivente, l'uomo, (il fulmine) non sempre uccide, gli altri sul colpo, evidentemente per la natura che concede tale privilegio, mentre tante bestie sono superiori nelle forze Tutte le cose cadono sui lati opposti L'uomo, se non viene girato verso le parti colpite, non respira Quelli colpiti dall'alto sprofondano Chi è colpito da sveglio è trovato con gli occhi chiusi, chi mentre dorme aperti Non è lecito che un uomo morto così sia cremato, la religione tramanda che sia ricoperto dalla terra Nessun essere vivente viene incendiato dal fulmine se non da morto Le ferite dei folgorati sono più fredde del resto del corpo [146] Fra queste cose, che nascono dalla terra, non colpisce l'arbusto del lauro né mai penetra nel terreno più profondamente di cinque piedi |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 31, Paragrafi 42-74
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ideo pavidi altiores specus tutissimos putant aut tabernacula pellibus beluarum, quas vitulos appellant, quoniam hoc solum animal ex marinis non percutiat, sicut nec e volucribus aquilam, quae ob hoc armigera huius teli fingitur in Italia inter Tarracinam et aedem Feroniae turres belli civilis temporibus desiere fieri, nulla non earum fulmine diruta [147] Praeter haec inferiore caelo relatum in monumenta est lacte et sanguine pluisse M' Acilio C Porcio cos et saepe alias, sicut carne P Volumnio Servio Sulpicio cos , exque ea non perputruisse quod non diripuissent aves, item ferro in Lucanis anno ante quam M Crassus a Parthis interemptus est omnesque cum eo Lucani milites, quorum magnus numerus in exercitu erat effigies quo pluit ferri spongiarum similis fuit; haruspices praemonuerunt superna volnera L |
Perciò i paurosi ritengono sicurissime le caverne più profonde o le tende con le pelli delle belve, che chiamano vitelli marini, poiché questo solo animale fra i marini non colpisce, come fra gli uccelli l'aquila, che per ciò è immaginata portatrice di tale arma In Italia fra Terracina e il tempio di Feronia cessarono di essere costruite torri in tempo di guerra civile, nessuna di esse non fu distrutta da un fulmine [147] Oltre a queste cose nella parte inferiore del cielo è stato registrato su documenti esserci stata pioggia di latte e sangue sotto i consoli M Acilio e C Porcio e spesso altre volte, come di carne sotto P Volumnio e Servio Sulpicio e non essere imputridita quella da cui gli uccelli non avevano mangiato, similmente ferro in Lucania l'anno prima che M Crasso fosse ucciso dai Parti e con lui tutti i soldati lucani, il cui numero era grande nell'esercito L'aspetto con cui piovve fu simile alle spugne di ferro Gli aruspici predissero ferite dall'alto Sotto i consoli L Paolo e C |
autem Paulo C Marcello cos lana pluit circa castellum Compsanum, iuxta quod post annum T Annius Milo occisus est; eodem causam dicente lateribus coctis pluisse in acta eius anni relatum est; [148] Armorum crepitus et tubae sonitus auditos e caelo Cimbricis bellis accepimus, crebroque et prius et postea tertio vero consulatu Mari ab Amerinis et Tudertibus spectata arma caelestia ab ortu occasuque inter se concurrentia, pulsis quae ab occasu erant ipsum ardere caelum minime mirum est et saepius visum maiore igni nubibus correptis |
Marcello poi piovve lana intorno alla fortezza di Compsa, vicino al quale l'anno dopo fu ucciso T Annio Milone Fu tramandato nei documenti di quell'anno essere piovuti mattoni cotti mentre lui perorava la causa [148] Fragore di armi e suono di tromba sappiamo essere stati uditi dal cielo durante le guerre dei Cimbri, e spesso anche prima e in seguito Ma nel terzo consolato di Mario dagli abitanti di Amelia e Todi furono viste da oriente e da occidente armi in cielo scontrarsi fra loro, respinte quelle che erano dell'occidente Che lo stesso cielo s'infiammi c'è poco da stupirsi e più spesso si è visto con un fuoco maggiore con le nuvole addensate |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 28, Paragrafo 187-216
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[149] Celebrant Graeci Anaxagoran Clazomenium Olympiadis LXXVIII secundo anno praedixisse caelestium litterarum scientia, quibus diebus saxum casurum esset e sole, idque factum interdiu in Thraciae parte ad Aegos flumen, qui lapis etiam nunc ostenditur magnitudine vehis, colore adusto, comete quoque illis noctibus flagrante quod si quis praedictum credat, simul fateatur necesse est, maioris miraculi divinitatem Anaxagorae fuisse solvique rerum naturae intellectum et confundi omnia, si aut ipse sol lapis esse aut umquam lapidem in eo fuisse credatur decidere tamen crebro non erit dubium [150] in Abydi gymnasio ex ea causa colitur hodieque modicus quidem, sed quem in media terrarum casurum idem Anaxagoras praedixisse narretur colitur et Cassandriae, quae Potidaea quondam vocitata est, ob id deducta |
[149] I Greci esaltano Anassagora di Clazomene di aver predetto nel secondo anno della settantottesima Olimpiade con la conoscenza delle dottrine astronomiche, in quali giorni sarebbe caduto un sasso dal sole, e ciò avvenne durante il giorno nella parte della Tracia verso il fiume Egospotami, la quale pietra è mostrata ancora adesso con la grandezza di un carro, di colore bruciato, in quelle notti anche una cometa stava ardendo Se qualcuno crede a quanto predetto, è necessario ammetta pure, che la capacità divinatoria di Anassagora sia stata di maggiore meraviglia e che la conoscenza della natura è dissolta e tutte le cose vengono confuse, se o il sole stesso è una pietra o che si creda che su di lui ci sia stata mai una pietra Tuttavia non ci sarà dubbio caderne di frequente [150] Per questo motivo nel ginnasio di Abido è venerata ancora oggi una certo piccola, ma lo stesso Anassagora si dice aver predetto che quella sarebbe caduta nel mezzo della terra E' venerata anche a Cassandria, che un tempo fu denominata Potidea, per questo colonizzata |
ego ipse vidi in Vocontiorum agro paulo ante delatum Arcus vocamus extra miraculum frequentes et extra ostentum nam ne pluvios quidem aut serenos dies cum fide portendunt manifestum est radium solis inmissum cavae nubi repulsa acie in solem refringi, colorumque varietatem mixtura nubium, ignium, aeris fieri certe nisi sole adverso non fiunt nec umquam nisi dimidia circuli forma nec noctu, quamvis Aristoteles prodat aliquando visum, quod tamen fatetur idem non nisi CCC luna posse fieri [151] fiunt autem hieme maxime ab aequinoctio autumnali die decrescente |
Io stesso ho visto nel territorio dei Voconzi una caduta poco prima Chiamiamo arcobaleni i frequenti fenomeni oltre il miracoloso e oltre il profetico Infatti non annunciano con certezza nemmeno i giorni piovosi o sereni E' chiaro che il raggio del sole immesso in una nube concava viene spezzato con la punta respinta verso il sole, e che la varietà dei colori diventa una mescolanza di nubi, fuochi, aria Certo non si formano se non col sole in posizione opposta né mai se non a forma di semicerchio né di notte, sebbene Aristotele affermi che talvolta si vide, egli stesso però ammette che ciò non può accadere se non ogni trecento lunazioni [151] Avvengono poi soprattutto in inverno dall'equinozio d'autunno quando il giorno decresce |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 06, Paragrafi 154 - 204
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quo rursus crescente ab aequinoctio verno non exsistunt, nec circa solstitium longissimis diebus, bruma vero (id est brevissimis) frequenter, iidem sublimes humili sole humilesque sublimi, et minores oriente aut occidente, sed in latitudinem dimissi, meridie exiles, verum ambitus maioris aestate autem per meridiem non cernuntur, post autumni aequinoctium quacumque hora, nec umquam plures simul quam duo |
Con quello di nuovo crescente dall'equinozio di primavera non compaiono, né nei lunghissimi giorni intorno al solstizio, frequente invece nell'invernale (che è con giorni brevissimi), questi stessi alti col sole basso e bassi con l'alto, e più piccoli ad oriente ed occidente, ma estesi in larghezza, sottili a mezzogiorno, ma di curva maggiore In estate poi non sono scorti durante il mezzogiorno, dopo l'equinozio d'autunno a qualsiasi ora, ma mai più di due insieme |