Il campanile di san Marco con la Loggetta sansoviniana e una parte della facciata della Basilica di San Marco, incorniciano l'immagine per uno studiato equilibrio prospettico; l'intento di fissare su tela l'immagine dei monumenti che circoscrivono questa zona della piazza, così come rimangono nella memoria del visitatore, è egregiamente raggiunto.
Le figure di varia umanità, popolani, orientali, ecclesiastici, sono disposte per piani paralleli, inserite con studiata collocazione nello spazio e nel tessuto coloristico del dipinto. Un importante pentimento nel primo piano, visibile anche a occhio nudo - la cancellazione di un procuratore vestito di rosso - indica che Canaletto ha preferito per le vesti, i colori intonati con le architetture e il cielo, i marroni, i bianchi e gli azzurri; un solo consistente tocco di rosso è la bandiera sulla balconata vicino alla torre. Le figure della versione finale sono comunque ben caratterizzate, alcune dotate di forte personalità, segno che l'artista è particolarmente impegnato in questa commissione.
Il ragazzo al centro, pittoresco vagabondo con cappello a falde, è un'apparizione unica, mentre il gentiluomo vicino alla basilica, con mantello azzurro, parrucca e naso appuntito, e il solitario osservatore vicino alla Loggetta, con tricorno e mantello blu ornato di bottoni d'oro, ritornano in altre opere dello stesso periodo.
Il nome di Canaletto si associa alle vedute di Venezia, parte fondamentale del mito della Serenissima, immagini che hanno riscosso fin da subito un successo straordinario e fatto sognare i turisti britannici del Grand Tour.
Canaletto non è solo questo. Emerge come pittore contemporaneamente al giovane Giovanni Battista Tiepolo, affrontando da scenografo teatrale, quale era il giovinezza, con pennellate impetuose e luce drammatica, le prime vedute di Venezia e i capricci; si rivela fin da subito instancabile sperimentatore, alla ricerca di sempre nuovi soggetti, composizione, tecniche, effetti; è artigiano umile, continuamente al lavoro, supremo disegnatore, cronista splendido delle feste, inventore dei capricci più sorprendenti e squisiti, impetuoso pittore di rovine romane, capace di infondere lampi di genialità al genere esercitato a Roma da Giovanni Paolo Pannini; e ancora, testimone della civiltà inglese del Settecento.