Livio, Ab urbe condita: Libro 44; 01 - 20, pag 4

Livio, Ab urbe condita: Libro 44; 01 - 20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 44; 01 - 20

Postquam patere urbem accepere praefecti praesidii Pytho et Philippus, pro eo, qui occupasset adgredi, opus factum esse rati, cum valida manu Agrianum Illyriorumque erumpunt Romanosque, qui alii aliunde coibant convocabanturque, ut signa in urbem inferrent, inconpositos atque inordinatos fugant persecunturque ad fossam, in quam conpulsos ruina cumulant

Sescenti ferme ibi interfecti, omnesque prope, qui inter murum fossamque deprensi erant, volnerantur

Ita suo ipse conatu perculsus praetor segnior ad alia factus consilia erat

Et ne Eumeni quidem simul a mari simul a terra adgredienti quidquam satis procedebat

Placuit igitur utrique custodiis firmatis, ne quod praesidium ex Macedonia intromitti posset, quoniam vis aperta non processisset, operibus moenia oppugnare
Ma quando i comandanti della guarnigione Pitone e Filippo appresero che era aperto l'accesso alla città, ritenendo che quella breccia favorisse chi prendeva l'iniziativa dell'attacco, con buon nerbo di Agriani e di Illiri fanno una sortita, mettono in fuga i Romani non raggruppati per reparti né ordinati per file, perché ancora intenti a riunirsi da provenienze diverse e a radunarsi per marciare contro la città, li inseguono in direzione della fossa, ve li sospingono e rovinosamente ve li ammucchiano l'uno sull'altro

Circa seicento vi furono uccisi e quasi tutti quelli sorpresi tra le mura e la fossa sono feriti

Così spaventato da quel suo tentativo il pretore stesso era divenuto meno alacre nel prendere altre iniziative

E neppure ad Eumene che conduceva l'attacco insieme dal mare e da terra le cose procedevano bene

Entrambi dunque decisero, dopo rafforzati i presidi, perché non potessero introdursi nella città rincalzi dalla Macedonia, dal momento che non aveva dato buon esito l'uso della forza allo scoperto, di attaccare le mura con opere di assedio
Haec parantibus iis decem regii lembi ab Thessalonica cum delectis Gallorum auxiliaribus missi, cum in salo stantes hostium naves conspexissent, ipsi obscura nocte, simplici ordine, quam poterant proxime litus tenentes, intrarunt urbem

Huius novi praesidii fama absistere oppugnatione simul Romanos regemque coegit

Circumvecti promunturium ad Toronen classem appulerunt

Eam quoque oppugnare adorti, ubi valida defendi manu animadverterunt, inrito incepto Demetriadem petunt

Ibi cum adpropinquantes repleta moenia armatis vidissent, praetervecti ad Iolcon classem appulerunt, inde agro vastato Demetriadem quoque adgressuri

[13] Inter haec et consul, ne segnis sederet tantum in agro hostium, M Popilium cum quinque milibus militum ad Meliboeam urbem oppugnandam mittit
Mentre facevano questi preparativi dieci navi leggere del re, inviate da Tessalonica con scelti ausiliari Galli, avendo avvistato la flotta prima nemica all'ancora in alto mare, approfittando dell'oscurità della notte, in fila indiana, tenendosi il più possibile sotto la costa, entrarono nella città

La notizia del sopraggiunto rinforzo costrinse del pari i Romani ed il re a desistere dall'assedio

Doppiato il promontorio approdarono a Torone

E avendo preso ad assediare anche questa città, quando si accorsero che era difesa da valida schiera, con senza aver nulla concluso volgon la prora verso Demetriade

Accostatisi, come si avvidero che le sue mura pullulavan di armati, passarono oltre e approdarono a Iolco, con l'intenzione, dopo averne devastato il territorio, di proceder di lì anche all'attacco di Demetriade

[13] Intanto anche il console, per non limitarsi a starsene inerte sul suolo nemico, invia M Popilio con cinquemila uomini ad assediare la città di Nlelibea
Sita est in radicibus Ossae montis, qua parte in Thessaliam vergit, opportune inminens super Demetriadem

Primus adventus hostium perculit incolas loci; collectis deinde necopinato pavore animis discurrunt armati ad portas ac moenia, qua suspecti aditus erant, spemque extemplo inciderunt capi primo impetu posse

Obsidio igitur parabatur, et opera oppugnationem fieri coepta

Perseus cum audisset simul Meliboeam a consulis exercitu oppugnari, simul classem Iolci stare, inde Demetriadem adgrederetur, Euphranorem quendam ex ducibus cum delectis duobus milibus Meliboeam mittit

Eidem imperatum, ut, si a Meliboea summovisset Romanos, Demetriadem prius occulto itinere intraret, quam ab Iolco ad urbem castra moverent Romani
Posta alle falde del monte Ossa, dalla parte che esso volge verso la Tessaglia, costituiva un buon obiettivo perché sovrasta Demetriade

Al primo arrivo dei nemici gli abitanti rimasero sbigottiti; riavutisi poi [dalla] paura di quella situazione inaspettata accorrono armati presso le porte e le mura, dove gli accessi erano meno sicuri, e subito troncano ogni speranza di farsi conquistare al primo assalto

Perciò si organizzava l'assedio e si diede inizio alle opere necessarie

Perseo alla notizia che Melibea era assediata dall'esercito del console e la flotta stava alla fonda a Iolco [per] operare di lì l'attacco a Demetriade, invia Melibeare, uno dei suoi subalterni con duemila uomini scelti

E gli dà l'ordine, se fosse riuscito a sloggiare da Melibea i Romani, di penetrare furtivamente a Demetriade, prima che i Romani muovessero da Iolco per dirigersi contro quella città

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Livio, Ab urbe condita: Libro 10, 01-15
Livio, Ab urbe condita: Libro 10, 01-15

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 10, 01-15

Et ab oppugnatoribus Meliboeae, cum in superioribus locis repente apparvisset, cum trepidatione multa relicta opera sunt iniectus

Ita a Meliboea abscessum est

Euphranor soluta unius urbis obsidione Demetriadem extemplo ducit

Nocte moenia modo, sed agros etiam confiderent se a populationibus tueri posse; et eruptiones in vagos populatores non sine volneribus hostium factae sunt

Circumvecti tamen moenia sunt praetor et rex, situm urbis contemplantes, si qua parte temptare aut opere aut vi possent

Fama fuit per Cydantem Cretensem et Antimachum, qui Demetriadi praeerat, tractatas inter Eumenen et Persea condiciones amicitiae

Ab Demetriade certe abscessum est
Anche dagli assedianti di Melibea, all'improvviso apparire sulle sovrastanti alture di Eufranore, con gran panico furono abbandonate le opere di assedio e furon lanciati [getti di fuoco]

Così si ritirarono da Melibea

Eufranore, liberata dall'assedio una delle due città, subito conduce i suoi a Demetriade

Di notte [entra nelle mura e tanta fiducia infonde negli abitanti, da] farli ritenere sicuri di poter [non] solo difender le mura ma anche preservare il territorio dalle devastazioni; si effettuarono anche sortite contro gruppi vaganti di guastatori non senza danno dell'avversario

Tuttavia il pretore ed il re fecero per mare il giro delle mura, osservando la posizione della città, per vedere se mai da qualche parte potessero tentarne l'attacco con opere di assedio o a viva forza

Si diffuse la fama che per i buoni uffici di Cidante di Creta e di Antimaco, comandante della guarnigione di Demetriade, fossero intercorse trattative di alleanza fra Eumene e Perseo

Certo è che da Demetriade ci si ritirò
Eumenes ad consulem nauigat; gratulatus, quod prospere Macedoniam intrasset, Pergamum in regnum abit

Marcius Figulus praetor parte classis in hiberna Sciathum missa cum reliquis navibus Oreum Euboeae petit, eam urbem aptissimam ratus, unde exercitibus, qui in Macedonia quique in Thessalia erant, mitti commeatus possent

De Eumene rege longe diversa tradunt

Si Valerio Antiati credas, nec classe adiutum ab eo praetorem esse, cum saepe eum litteris accersisset, tradit, nec cum gratia ab consule profectum in Asiam, indignatum, quod, ut iisdem castris tenderet, permissum non fuerit; ne ut equites quidem Gallos, quos secum adduxerat, relinqueret, impetrari ab eo potuisse
Eumene veleggia alla volta del console; [e] dopo essersi congratulato con lui per il felice ingresso in Macedonia se ne torna nel suo regno a Pergamo

Il pretore Marcio Figulo rinviata una parte della flotta a Sciato negli alloggiamenti invernali, col resto delle navi si dirige ad Oreo di Eubea, ritenendo quella città quanto mai adatta all'inoltro dei rifornimenti agli eserciti di stanza in Macedonia e in Tessaglia

Quanto al comportamento del re Eumene ci sono versioni assai contrastanti

A dar credito a Valerio Anziate, né il pretore avrebbe ricevuto da lui collaborazione per mare, quantunque ne lo avesse più volte sollecitato per lettera, né egli si sarebbe congedato amichevolmente dal console prima di ripartire per l'Asia, indignato, per non aver ottenuto di far condividere alle sue truppe gli stessi accampamenti delle truppe romane; neppure si sarebbe potuto forzarlo a lasciare almeno i cavalieri Galli, che aveva portato con sé

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Livio, Ab urbe condita: Libro 42; 16 - 31
Livio, Ab urbe condita: Libro 42; 16 - 31

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 42; 16 - 31

Attalum fratrem eius et remansisse apud consulem, et sinceram eius fidem aequali tenore egregiamque operam in eo bello fuisse

[14] Dum bellum in Macedonia geritur, legati Transalpini ab regulo Gallorum--Balanus ipsius traditur nomen; gentis ex qua fuerit, non traditur--Romam venerunt pollicentes ad Macedonicum bellum auxilia

Gratiae ab senatu actae muneraque missa, torquis aureus duo pondo et paterae aureae quattuor pondo, equus phaleratus armaque equestria

Secundum Gallos Pamphylii legati coronam auream ex viginti milibus Philippeorum factam in curiam intulerunt, petentibusque iis, ut id donum in cella Iovis optimi maximi ponere et sacrificare in Capitolio liceret, permissum; benigneque amicitiam renovare volentibus legatis responsum et binum milium aeris singulis missum munus
Invece suo fratello, Attalo, e sarebbe rimasto presso il console e la sua sincera lealtà si sarebbe mantenuta costante in quella guerra e la sua collaborazione preziosa

[14] Contemporaneamente a questi eventi militari in Macedonia, giunsero a Roma i legati transalpini inviati dal re di una piccola popolazione gallica - Balano dice la tradizione che fosse il suo nome, ma non registra quello della tribù di origine - a promettere aiuti per la guerra contro i Macedoni

Ottennero ringraziamenti dal senato e invio di doni: una collana d'oro di due libbre e piatti pure d'oro di quattro libbre, un cavallo con finimenti ornati di borchie ed armi equestri

Dopo i Galli fu la volta di una delegazione della Pamfilia, che portò nella curia una corona d'oro del valore di ventimila filippi ed ottenne soddisfazione della richiesta di poter collocare quel dono nella cella del tempio di Giove ottimo massimo e far sacrificio nel Campidoglio; e volendo rinnovare il trattato di amicizia fu risposto affermativamente ai legati ed offerto loro il dono di duemila assi a testa
Tum ab rege Prusia et paulo post ab Rhodiis de eadem longe aliter disserentes legati auditi sunt

Utraque legatio de pace reconcilianda cum rege Perseo egit

Prusiae preces magis quam postulatio fuere, profitentis et ad id tempus se cum Romanis stetisse et, quoad bellum foret, staturum; ceterum cum ad se a Perseo legati venissent de finiendo cum Romanis bello, eis pollicitum deprecatorem apud senatum futurum; petere, si possent inducere in animum, ut finiant iras, se quoque ingratia reconciliatae pacis ponerent

Haec regii legati
Poi fu data udienza ai legati del re Prusia e poco dopo dei Rodii, che sullo stesso [tema] pronunciarono ben diversi discorsi

L'una e l'altra delegazione trattò della necessità di restaurare la pace con il re Perseo

Più che una richiesta fu una preghiera quella da parte di Prusia, che dichiarò di esser stato sempre sino ad allora dalla parte dei Romani e professò di rimanervi, sin tanto che durasse la guerra; pure essendosi da lui recati i legati di Perseo per discutere il modo di por fine alla guerra con i Romani, aveva garantito ad essi di farsi patrocinatore della pace presso il senato; se erano in grado di indursi a deporre i motivi di risentimento, egli chiedeva che fossero riconosciuti anche i suoi meriti nella restaurazione della pace

I legati del re si espressero così

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 22; 11-20

Rhodii superbe commemoratis erga populum Romanum et paene victoriae, utique de Antiocho rege, maiore parte ad se vindicata, adiecerunt: cum pax inter Macedonas Romanosque esset, sibi amicitiam cum rege Perseo coeptam; eam se invitos, nullo eius in se merito, quoniam ita Romanis visum sit in societatem se belli trahere, interrupisse

Tertium se annum multa eius incommoda belli sentire mari intercluso; inopem insulam esse nec, nisi maritimis iuvetur commeatibus, colendam

Itaque cum id ultra pati non possent, legatos alios ad Persea in Macedoniam misisse, qui ei denuntiarent Rhodiis placere pacem eum conponere cum Romanis; se Romam eadem nuntiatum missos

Per quos stetisset, quo minus belli finis fieret, adversus eos quid sibi faciendum esset, Rhodios consideraturos esse
I Rodii invece, dopo aver ricordato con arroganza [i propri meriti] verso il popolo romano e quasi quasi rivendicato a sé la maggior parte della vittoria per lo meno nella guerra contro il re Antioco, continuarono su questo tono: quando regnava la pace fra i Macedoni e i Romani, avevano dato inizio alle relazioni amichevoli con il re Perseo; contro loro voglia orale avevano interrotte, senza alcuna colpa del re nei loro riguardi, solo perché i Romani avevano deciso di trascinarli nell'alleanza militare

Già da tre anni risentivano i molti disagi di quella guerra, per via del blocco navale; un'isola priva di risorse era la loro e se non si aiutava con i traffici per mare non offriva possibilità di vita

E perciò, non potendo ulteriormente sopportare una tal situazione avevano inviato a Perseo un'altra legazione per fargli presente il desiderio dei Rodiii che egli facesse la pace con i Romani; con il medesimo scopo essi erano stati mandati a Roma

I Rodii avrebbero considerate le misure da prendere contro la parte, da cui fosse dipesa la continuazione della guerra
nunc quidem haec sine indignatione legi audirive posse certum habeo; inde existimari potest, qui habitus animorum audientibus ea patribus fuerit

[15] Claudius nihil responsum auctor est, tantum senatus consultum recitatum, quo Caras et Lycios liberos esse iuberet populus Romanus litterasque extemplo ad utramque gentem [sciret indicatum] mitti; qua audita re principem legationis, cuius magniloquentiam vix curia paulo ante ceperat, corruisse

Alii responsum esse tradunt, populum Romanum et principio eius belli haud vanis auctoribus conpertum habuisse Rhodios cum Perseo rege adversus rem publicam suam occulta consilia inisse, et, id ante dubium fuisset, legatorum paulo ante verba ad certum redegisse, et plerumque ipsam se fraudem, etiamsi initio cautior fuerit, detegere
[Nep]pur oggi sono sicuro che senza sdegno potrebbero leggersi od ascoltarsi queste dichiarazioni; da ciò si può calcolare quale fosse lo stato d'animo dei padri nell'udirle

[15] Claudio è garante che a queste parole non fu data risposta, limitandosi i padri a leggere il senatoconsulto in base al quale il popolo Romano ordinava l'indipendenza della Caria e della Licia e l'immediato invio di una lettera ad entrambe le popolazioni per renderle edotte; udito ciò il capo della legazione, la cui magniloquenza poco prima la curia a stento era riuscita a tollerare, crollò a terra

Altri riferiscono che la risposta fu questa: e il popolo Romano all'inizio della guerra aveva tenuto per fermo dietro informazione di testimoni sicuri che i Rodiii avevano intavolato segrete trattative con il re Perseo contro lo Stato romano e [se] ci fosse stato prima qualche dubbio in proposito, le parole di poco fa uscite di bocca ai legati lo avevano convertito in certezza: spesso l'inganno si scopre da sé, anche se inizialmente ben mascherato

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 06, 41-42

Rhodios nunc in orbe terrarum arbitria belli pacisque agere; Rhodiorum nutu arma sumpturos positurosque Romanos esse

Iam non deos foederum testis, sed Rhodios habituros

Itane tandem

Nisi pareatur iis exercitusque de Macedonia deportentur, visuros esse, quid sibi faciendum sit

Quid Rhodii visuri sint, ipsos scire

Populum certe Romanum devicto Perseo, quod prope diem sperent fore, visurum, ut pro meritis cuiusque in eo bello civitatis gratiam dignam referat

Munus tamen legatis in singulos binum milium aeris missum est, quod ii non acceperunt
I Rodii ora nel mondo facevan la parte di arbitri della guerra e della pace; al cenno dei Rodii i Romani avrebbero dovuto impugnare le armi o deporle

D'ora in poi avrebbero dovuto avere a testimoni dei patti non più gli dèi, ma i Rodii

Proprio così

Se non si obbediva alla loro ingiunzione, se non si richiamava l'esercito dalla Macedonia, avrebbero considerato il da farsi

Che cosa i Rodii avrebbero considerato, lo sapevano loro

Ma certamente il popolo Romano, sconfitto Perseo fra breve, come speravano, avrebbe considerato come manifestare la dovuta gratitudine alle benemerenze di ciascuna nazione in quella guerra

Pure furono inviati in dono ai legati duemila assi a testa, dono che essi rifiutarono

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