Livio, Ab urbe condita: Libro 26; 21-30

Livio, Ab urbe condita: Libro 26; 21-30

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 26; 21-30

(21) Eiusdem aestatis exitu M Marcellus ex Sicilia prouincia cum ad urbem uenisset, a C Calpurnio praetore senatus ei ad aedem Bellonae datus est

ibi cum de rebus ab se gestis disseruisset, questus leniter non suam magis quam militum uicem quod prouincia confecta exercitum deportare non licuisset, postulauit ut triumphanti urbem inire liceret

id non impetrauit
21 Alla fine dì quell'estate M Marcello, essendo venuto dalla provincia di Sicilia a Roma, dal pretore C Calpurnio fu accolto nel senato adunato nel tempio di Bellona

Qui, dopo aver fatto un rapporto intorno alle sue imprese ed avere pacatamente deplorato il fatto di non aver avuto licenza di riportare in patria l'esercito allo scadere del suo comando, chiese che gli fosse concesso di entrare in Roma come trionfatore

Non l'ottenne
cum multis uerbis actum esset utrum minus conueniret cuius nomine absentis ob res prospere ductu eius gestas supplicatio decreta foret et dis immortalibus habitus honos ei praesenti negare triumphum, an quem tradere exercitum successori iussissent quod nisi manente in prouincia bello non decerneretur eum quasi debellato triumphare cum exercitus testis meriti atque immeriti triumphi abesset, medium uisum ut ouans urbem iniret

tribuni plebis ex auctoritate senatus ad populum tulerunt ut M Marcello quo die urbem ouans iniret imperium esset

pridie quam urbem iniret in monte Albano triumphauit; inde ouans multam prae se praedam in urbem intulit
Intorno a tale richiesta si fecero in senato molti discorsi, chiedendosi gli uni se ci fosse coerenza nel ricusare il trionfo ad un generale che era lì presente, in nome del quale, se fosse stato assente, si sarebbero decretati onori e sacrifici agli dei immortali per ringraziarli delle felici imprese da lui compiute; altri, invece, si domandavano se era il caso di concedere il trionfo a Marcello, come se avesse condotto a termine la guerra, mentre aveva avuto l'ordine di consegnare l'esercito al suo successore, perché nella provincia la guerra continuava; si aggiungeva poi il fatto che era assente l'esercito che solo poteva testimoniare se il trionfo fosse meritato o no; parve opportuno decidere per un provvedimento intermedio, concedendo a Marcello di entrare in Roma con l'ovazione

I tribuni della plebe, per invito del senato, proposero al popolo di votare per legge che Marcello conservasse il comando nel giorno in cui entrava in Roma per la cerimonia dell'ovazione

Il giorno prima del suo ingresso in città, Marcello celebrò il trionfo sul monte Albano; l'indomani, facendosi precedere da un immenso bottino di guerra, fece ingresso in Roma per l'ovazione
cum simulacro captarum Syracusarum catapultae ballistaeque et alia omnia instrumenta belli lata et pacis diuturnae regiaeque opulentiae ornamenta, argenti aerisque fabrefacti uis, alia supellex pretiosaque uestis et multa nobilia signa, quibus inter primas Graeciae urbes Syracusae ornatae fuerant

Punicae quoque uictoriae signum octo ducti elephanti, et non minimum fuere spectaculum cum coronis aureis praecedentes Sosis Syracusanus et Moericus Hispanus, quorum altero duce nocturno Syracusas introitum erat, alter Nassum quodque ibi praesidii erat prodiderat
Insieme con immagini raffiguranti la presa di Siracusa, venivano catapulte, baliste e tutte le altre macchine da guerra e gli arredi ornamentali testimoni di una lunga pace e dell'opulenza dei re; era portata una gran quantità di argento e di bronzo artisticamente lavorato, si recavano suppellettili e vesti preziose e molte statue famose, che avevano ornato Siracusa, una delle più fiorenti città della Magna Grecia

A prova della vittoria contro i Cartaginesi furono condotti anche otto elefanti; spettacolo non trascurabile fu la vista di Soside siracusano e dello spagnolo Merico, che adorni di corone d'oro precedevano Marcello; Soside aveva di notte fatto entrare i Romani in Siracusa, Merico aveva consegnato a loro Naso ed il suo presidio

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Livio, Ab urbe condita: Libro 37; 26 - 30
Livio, Ab urbe condita: Libro 37; 26 - 30

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 37; 26 - 30

his ambobus ciuitas data et quingena iugera agri, Sosidi in agro Syracusano qui aut regius aut hostium populi Romani fuisset et aedes Syracusis cuius uellet eorum in quos belli iure animaduersum esset, Moerico Hispanisque qui cum eo transierant urbs agerque in Sicilia ex iis qui a populo Romano defecissent, iussa dari

id M Cornelio mandatum ut ubi ei uideretur urbem agrumque eis adsignaret

in eodem agro Belligeni, per quem inlectus ad transitionem Moericus erat, quadringenta iugera agri decreta

post profectionem ex Sicilia Marcelli Punica classis octo milia peditum, tria Numidarum equitum exposuit

ad eos Murgentia et Ergetium urbes defecere

secutae defectionem earum Hybla et Macella et ignobiliores quaedam aliae; et Numidae praefecto Muttine uagi per totam Siciliam sociorum populi Romani agros urebant
A questi due furono concessi col diritto di cittadinanza cinquecento iugeri di terra, che a Soside furono dati in quel territorio di Siracusa che era stato di proprietà del re e dei nemici del popolo romano; ebbe, inoltre, una casa in Siracusa, quella che egli volle scegliersi fra le proprietà di coloro che per diritto di guerra erano stati puniti; a Merico ed agli Spagnoli, che con lui erano passati ai Romani, fu deliberato di destinare in Sicilia una città col suo territorio, fra quelle che avevano defezionato dai Romani

Fu dato incarico a M Cornelio di assegnare ad essi a suo giudizio città e territorio

Sullo stesso terreno furono donati a Belligene, che aveva indotto Merico alla defezione, quattrocento iugeri

Dopo la partenza di Marcello dalla Sicilia, la flotta cartaginese fece sbarcare ottomila soldati di fanteria e tremila cavalieri numidi

Le città di Morganzia e di Ergezio passarono ai Cartaginesi

seguite poi da Ibla e Macella e da alcune altre città minori; i Numidi, vagando per tutta la Sicilia, incendiavano i campi degli alleati del popolo romano
super haec exercitus Romanus iratus, partim quod cum imperatore non deuectus ex prouincia esset, partim quod in oppidis hibernare uetiti erant, segni fungebantur militia, magisque eis auctor ad seditionem quam animus deerat

inter has difficultates M Cornelius praetor et militum animos nunc consolando nunc castigando sedauit, et ciuitates omnes quae defecerant in dicionem redegit; atque ex iis Murgentiam Hispanis quibus urbs agerque debebatur ex senatus consulto attribuit

(22) Consules cum ambo Apuliam prouinciam haberent, minusque iam terroris a Poenis et Hannibale esset, sortiri iussi Apuliam Macedoniamque prouincias

Sulpicio Macedonia euenit isque Laeuino successit
L'esercito romano, inoltre, sdegnato sia perché non l'avevano fatto partire dalla Sicilia col suo generale, sia perché gli avevano proibito di svernare in città, trascurava molto il servizio al punto che, perché si ribellasse, non era certo la volontà che mancava, ma solo un capo che prendesse l'iniziativa

Fra queste difficoltà, il pretore M Cornelio cercò di calmare l'animo dei soldati ora confortandoli, ora ricorrendo alle punizioni; ridusse poi all'obbedienza tutte le città che si erano ribellate; tra queste assegnò Morganzia agli Spagnoli, ai quali per decreto del senato doveva una città ed un territorio

22 Poiché ambedue i consoli avevano la provincia di Apulia, essendo ormai diminuito il terrore ispirato dai Cartagine si e da Annibale, ebbero l'ordine di tirare a sorte le due province di Apulia e di Macedonia

A Publio Sulpicio toccò la Macedonia dove successe a Levino

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Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 48-52
Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 48-52

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04, 48-52

Fuluius Romam comitiorum causa arcessitus cum comitia consulibus rogandis haberet, praerogatiua Uoturia iuniorum T Manlium Torquatum et T Otacilium consules dixit

cum ad Manlium, qui praesens erat, gratulandi causa turba coiret, nec dubius esset consensus populi, magna circumfusus turba ad tribunal consulis uenit, petitque ut pauca sua uerba audiret centuriamque quae tulisset suffragium reuocari iuberet
Fulvio fu chiamato a Roma per tenere i comizi; quando indisse la votazione per eleggere i consoli, la Centuria Voturia dei più giovani, che votava per prima, elesse consoli T Manlio Torquato e T Otacilio, che era assente

La folla si raccolse intorno a Manlio, che era presente, per congratularsi con lui, poiché non v'era alcun dubbio sul consenso del popolo, quando Manlio, circondato da una gran turba di cittadini, s'avviò alla tribuna del console pregandolo di ascoltare una sua breve richiesta perché fosse richiamata la centuria che gli aveva dato il voto
erectis omnibus exspectatione quidnam postulaturus esset, oculorum ualetudinem excusauit: impudentem et gubernatorem et imperatorem esse qui, cum alienis oculis ei omnia agenda sint, postulet sibi aliorum capita ac fortunas committi; proinde si uideretur ei, redire in suffragium Uoturiam iuniorum iuberet et meminisse in consulibus creandis belli quod in Italia sit temporumque rei publicae; uixdum requiesse aures a strepitu et tumultu hostili, quo paucos ante menses cesserint prope moenia Romana

post haec cum centuria frequens succlamasset nihil se mutare sententiae eosdemque consules dicturos esse, tum Torquatus neque ego uestros inquit mores consul ferre potero neque uos imperium meum
Fra l'attenzione di tutti che aspettavano che cosa mai Manlio stesse per chiedere, egli, per rifiutare il consolato, addusse come scusa una malattia di occhi, affermando che un pilota ed un generale sarebbero disonesti se, costretti a compiere ogni azione servendosi degli occhi altrui, pretendessero che fossero a loro affidate le vite e le sorti degli altri; perciò chiedeva che il console, se gli sembrava opportuno, comandasse che la centuria Voturia dei più giovani ripetesse la votazione e, nello scegliere i consoli, si ricordasse della guerra che v'era in Italia e delle difficili condizioni in cui si trovava lo stato; non dimenticasse che si erano appena calmati lo strepito ed il tumulto dei nemici che pochi mesi prima erano giunti quasi ad assalire le mura di Roma

Dopo di ciò, poiché la centuria a gran maggioranza Proclamava che non avrebbe mutato parere e che avrebbe proposto gli stessi consoli, allora Torquato dichiarò: Né io console potrò tollerare i vostri metodi, né voi tollererete la mia autorità

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redite in suffragium et cogitate bellum Punicum in Italia et hostium ducem Hannibalem esse

tum centuria et auctoritate mota uiri et admirantium circa fremitu, petiit a consule ut Uoturiam seniorum citaret: uelle sese cum maioribus natu conloqui et ex auctoritate eorum consules dicere

citatis Uoturiae senioribus, datum secreto in Ouili cum iis conloquendi tempus

seniores de tribus consulendum dixerunt esse, duobus plenis iam honorum, Q Fabio et M Marcello, et si utique nouum aliquem aduersus Poenos consulem creari uellent, M Ualerio Laeuino; egregie aduersus Philippum regem terra marique rem gessisse

ita de tribus consultatione data, senioribus dimissis iuniores suffragium ineunt
Tornate a votare e considerate che in Italia c'è la guerra cartaginese e che il generale nemico si chiama Annibale

Allora la centuria, impressionata dalla nobiltà di Manlio e dal mormorio di ammirazione dei circostanti, chieseai console di chiamare la centuria Voturia degli anziani, poiché voleva avere uno scambio di idee coi più vecchi in modo da eleggere il console secondo il loro autorevole consiglio

Chiamati gli anziani della Voturia, fu data a loro la possibilità di parlare in segreto coi più giovani, incontrandosi nel recinto chiuso destinato alle votazioni

i più vecchi dissero che tre erano le persone da prendere in considerazione, due ormai piene di onori, Quinto Fabio Massimo e Marco Marcello; se poi volessero proprio eleggere un console che fosse nuovo nella guerra contro i Cartaginesi, potevano scegliere M, Valerio Levino, che aveva valorosamente condotto per terra e per mare la guerra contro Filippo

Così, dopo aver dato il loro parere intorno ai tre nomi, gli anziani si ritirarono e i più giovani iniziarono la votazione
M Claudium, fulgentem tum Sicilia domita, et M Ualerium absentes consules dixerunt

auctoritatem praerogatiuae omnes centuriae secutae sunt

eludant nunc antiqua mirantes: non equidem, si qua sit sapientium ciuitas quam docti fingunt magis quam norunt, aut principes grauiores temperantioresque a cupidine imperii aut multitudinem melius moratam censeam fieri posse

centuriam uero iuniorum seniores consulere uoluisse quibus imperium suffragio mandaret, uix ut ueri simile sit parentium quoque hoc saeculo uilis leuisque apud liberos auctoritas fecit

(23) Praetoria inde comitia habita

P Manlius Uolso et L Manlius Acidinus et C Laetorius et L Cincius Alimentus creati sunt
furono eletti M Claudio Marcello, allora splendente di gloria per aver sottomesso la Sicilia e M Valerio, entrambi assenti

Tutte le centurie accettarono l'autorevole indicazione della centuria prerogativa

Deridano pure gli uomini di oggi coloro che ammirano i costumi antichi: io sono sicuro che in nessuna repubblica di saggi, di quelle che i sapienti immaginano, ma che non conoscono, si potrebbero trovare o capi più nobili e meno avidi del potere o un popolo più costumato

Che poi una centuria di giovani abbia voluto chiedere il parere dei più vecchi intorno alla scelta di coloro ai quali affidare la suprema magistratura, a stento è possibile crederlo in tempi come questi, in cui persino l'autorità dei genitori è tenuta a vile e non ha alcun peso presso i figli

23 Si tennero quindi i comizi per l'elezione dei pretori

furono scelti P Manlio Valsone, L Manlio Acidino, C Letorio e L Cincio Alimento

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forte ita incidit ut comitiis perfectis nuntiaretur T Otacilium, quem T Manlio nisi interpellatus ordo comitiorum esset collegam absentem daturus fuisse uidebatur populus, mortuum in Sicilia esse

ludi Apollinares et priore anno fuerant et eo anno ut fierent referente Calpurnio praetore senatus decreuit ut in perpetuum uouerentur

eodem anno prodigia aliquot uisa nuntiataque sunt

in aede Concordiae Uictoria quae in culmine erat fulmine icta decussaque ad Uictorias quae in antefixis erant haesit neque inde procidit; et Anagniae et Fregellis nuntiatum est murum portasque de caelo tacta, et in foro Subertano sanguinis riuos per diem totum fluxisse, et Ereti lapidibus pluuisse, et Reate mulam peperisse

ea prodigia hostiis maioribus sunt procurata et obsecratio in unum diem populo indicta et nouendiale sacrum
Si dette il caso che, conclusi i comizi, giungesse notizia della morte avvenuta in Sicilia di T Otacilio il quale, per quanto assente, sarebbe stato scelto come collega a T Manlio se la votazione non fosse stata interrotta

I Ludi Apollinari erano stati celebrati l'anno precedente; accogliendo la proposta del pretore Calpurnio che si celebrassero anche in quell'anno, il senato decretò che quei ludi diventassero stabilmente annuali

In quell'anno si ebbe notizia di alcuni prodigi

Nel tempio della dea Concordia, la statua della Vittoria, che si trovava nel punto più alto, colpita ed abbattuta dal fulmine, restò aggrappata alle Vittorie poste ad ornamento del tetto, senza cadere giù; ad Anagni e a Fregelle si raccontava che le mura e le porte erano state colpite dal fulmine e che nel foro di Suberto per tutto il giorno erano corsi ruscelli di sangue, che ad Ereto erano piovute pietre e che a Reate una mula aveva partorito

Quei prodigi furono espiati con le vittime maggiori, per un intero giorno fu prescritta dai pontefici una solenne preghiera e fu indetto un novendiale

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