Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 24; 21-30
itaque fremere multitudo et in locum Adranodori ac Themisti, nam ambo praetores fuerant, comitia poscere quae nequaquam ex sententia praetorum futura essent (27) Statutus est comitiis dies; quo necopinantibus omnibus unus ex ultima turba Epicyden nominauit, tum inde alius Hippocratem crebriores deinde hae uoces et cum haud dubio adsensu multitudinis esse; et erat confusa contio non populari modo sed militari quoque turba, magna ex parte etiam perfugis qui omnia nouare cupiebant permixtis praetores dissimulare primo extrahenda re; sed postremo, uicti consensu et seditionem metuentes, pronuntiant eos praetores |
Peraltro, la folla cominciò a rumoreggiare e a chiedere che si convocassero i comizi per sostituire Adranodoro e Temisto; questi comizi non sarebbero senza dubbio riusciti conformi alla volonta' dei pretori 27 Fu, dunque, stabilito il giorno per la convocazione dei comizi, durante i quali, senza che alcuno lo prevedesse, uno dall'estremo della folla fece il nome di Epicide; a lui dalla stessa fila seguì un altro che gridò il nome di Ippocrate Queste voci si fecero poi piu' numerose, assecondate dall'indubbio consenso della moltitudine; si trattava di un'assemblea confusa composta non solo di elementi popolari, ma anche di una turba di soldati in gran parte disertori che bramavano di sovvertire ogni cosa I pretori dapprima fecero le viste di non sentire e cercarono di guadagnar tempo; alla fine, sopraffatti dal consenso generale e temendo una sedizione, proclamarono pretori quei due |
nec illi primo statim creati nudare quid uellent, quamquam aegre ferebant et de indutiis dierum decem legatos isse ad Ap Claudium et impetratis eis alios qui de foedere antiquo renouando agerent missos ad Murgantiam tum classem nauium centum Romanus habebat, quonam euaderent motus ex caedibus tyrannorum orti Syracusis quoue eos ageret noua atque insolita libertas operiens per eosdem dies cum ad Marcellum uenientem in Siciliam legati Syracusani missi ab Appio essent, auditis condicionibus pacis Marcellus, posse rem conuenire ratus, et ipse legatos Syracusas qui coram cum praetoribus de renouando foedere agerent misit et iam ibi nequaquam eadem quies ac tranquillitas erat |
Costoro, appena furono eletti, non manifestarono subito il loro pensiero, benche' mal tollerassero che fossero stati mandati messaggeri ad Appio Claudio per chiedere una tregua di dieci giorni, ottenuta la quale, erano stati inviati altri messi per trattare il rinnovo dell'antico patto Allora i Romani tenevano a Morganzia una flotta di cento navi, che attendeva l'esito dei moti provocati dalle stragi dei tiranni in Siracusa ed aspettava di vedere quale sbocco avrebbe avuto la nuova ed insolita liberta' Negli stessi giorni, essendo stati mandati da Appio a Marcello, che veniva in Sicilia, gli ambasciatori siracusani, Marcello, udite le condizioni di pace, pensando che l'accordo si potesse concludere, mandò ambasciatori a Siracusa, che apertamente trattassero coi pretori il rinnovo dell'alleanza Tuttavia, nella citta' non v'erano ormai piu' la quiete e la tranquillita' di prima |
postquam Punicam classem accessisse Pachynum allatum est, dempto timore Hippocrates et Epicydes nunc apud mercennarios milites, nunc apud transfugas prodi Romano Syracusas criminabantur ut uero Appius naues ad ostium portus, quid aliae partis hominibus animus accederet, in statione habere coepit, ingens in speciem criminibus uanis accesserat fides ac primo etiam tumultuose decurrerat multitudo ad prohibendos si in terram egrederentur (28) In hac turbatione rerum in contionem uocari placuit ubi cum alii alio tenderent nec procul seditione res esset, Apollonides, principum unus, orationem salutarem ut in tali tempore habuit: nec spem salutis nec perniciem propiorem unquam ciuitati ulli fuisse |
Dopo che si venne a sapere che la flotta cartaginese si era avvicinata al promontorio Pachino, lasciato da parte ogni timore, Ippocrate ed Epicide accusarono ora i soldati mercenari, ora i disertori, di voler consegnare Siracusa ai Romani peraltro, quando Appio cominciò a tenere ancorate le navi all'entrata del porto, per dar coraggio agli uomini del partito contrario ad Epicide ed ai Cartaginesi, a quelle vane accuse sembrò che si fosse dato un grande credito Per prima cosa una folla tumultuosa era corsa al porto per impedire eventuali sbarchi dei Romani 28 In questa situazione così perturbata si deliberò di convocare l'assemblea del popolo Qui, tra le opposte tendenze verso un partito o l'altro, poiche' non era lontana la possibilita' di una sommossa, Apollonide, uno dei primicittadini, tenne un discorso opportuno e conforme alle esigenze del momento: Nessuna citta', disse, fu mai piu' vicina ne' ad una speranza di salvezza, ne' ad una rovina |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 25; 01-10
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 25; 01-10
si enim uno animo omnes uel ad Romanos uel ad Carthaginienses inclinent, nullius ciuitatis statum fortunatiorem ac beatiorem fore; si alii alio trahant res, non inter Poenos Romanosque bellum atrocius fore quam inter ipsos Syracusanos, cum intra eosdem muros pars utraque suos exercitus, sua arma, suos habitura sit duces itaque, ut idem omnes sentiant, summa ui agendum esse utra societas sit utilior, eam longe minorem ac leuioris momenti consultationem esse; sed tamen Hieronis potius quam Hieronymi auctoritatem sequendam in sociis legendis, uel quinquaginta annis feliciter expertam amicitiam nunc incognitae, quondam infideli praeferendam |
Se, infatti, tutti fossero concordemente favorevoli o ai Romani o ai Cartaginesi, la situazione di nessuna citta' sarebbe piu' felice e piu' fortunata; se, invece, l'uno parteggia per una parte, l'altro per l'altra, la guerra tra Cartaginesi e Romani non sara' certo piu' violenta di quella che combatteranno tra loro gli stessi Siracusani, dal momento che l'uno e l'altro partito avranno dentro le stesse mura i loro eserciti, le loro armi, i loro capitani Pertanto, bisogna agire con la massima energia affinche' tutti la pensino allo stesso modo Il decidere quale delle due alleanze sia piu' utile e' di gran lunga meno importante e di piu' lieve peso; nello scegliere gli alleati, io penso che sia meglio seguire l'autorita' di Gerone piuttosto che quella di Geronimo e ad un'amicizia che oggi presenta delle incognite, che un tempo ci fu infedele, mi pare che sia il caso di anteporre un'alleanza che noi abbiamo felicemente sperimentato per cinquant'anni |
esse etiam momenti aliquid ad consilium quod Carthaginiensibus ita pax negari possit, ut non utique in praesentia bellum cum eis geratur cum Romanis extemplo aut pacem aut bellum habendum quo minus cupiditatis ac studii uisa est oratio habere, eo plus auctoritatis habuit adiectum est praetoribus ac delectis senatorum militare etiam consilium; iussi et duces ordinum praefectique auxiliorum simul consulere cum saepe acta res esset magnis certaminibus, postremo, quia belli cum Romanis gerendi ratio nulla apparebat, pacem fieri placuit mittique legatos ad rem cum eis confirmandam (29) Dies haud ita multi intercesserunt, cum ex Leontinis legati praesidium finibus suis orantes uenerunt quae legatio peropportuna uisa ad multitudinem inconditam ac tumultuosam exonerandam ducesque eius ablegandos |
poi importante, per prendere una decisione, il fatto che si può rifiutare ai Cartaginesi la pace senza che necessariamente ne derivi in questo momento la guerra contro di loro Coi Romani, invece, bisogna scegliere subito o pace o guerra Tale discorso ebbe tanto maggiore autorita', quanto meno apparve mosso da ambizione o da passione politica Alla deliberazione dei pretori e dei senatori prescelti, si aggiunse anche quella dell'esercito: i comandanti e gli ufficiali alleati furono invitati a prendere insieme una decisione Si discusse a lungo con grandi dispute; alla fine, poiche' non appariva alcuna possibilita' di fare la guerra contro i Romani, si decise di fare con loro il trattato di amicizia a questo fine furono mandati ambasciatori per confermare l'allanza 29 Non passarono molti giorni quando vennero da Leontini dei messi per chiedere una difesa militare per i loro territori Tale ambasciata parve molto opportuna ai principali cittadini per sgombrare la citta' da una folla che era in preda ad un disordine turbolento e per mandar via i capi |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 37; 21 - 25
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 37; 21 - 25
Hippocrates praetor ducere eo transfugas iussus; secuti multi ex mercennariis auxiliis quattuor milia armatorum effecerunt et mittentibus et missis ea laeta expeditio fuit; nam et illis, quod iam diu cupiebant, nouandi res occasio data est, et hi sentinam quandam urbis rati exhaustam laetabantur ceterum leuauerunt modo in praesentia uelut corpus aegrum quo mox in grauiorem morbum recideret Hippocrates enim finitima prouinciae Romanae primo furtiuis excursionibus uastare coepit; deinde, cum ad tuendos sociorum agros missum ab Appio praesidium esset, omnibus copiis impetum in oppositam stationem cum caede multorum fecit |
Il pretore Ippocrate ebbe l'ordine di condurre la' i disertori; lo seguirono molti mercenari delle milizie ausiliarie, in tutto quattromila soldati Quella spedizione fu bene accetta sia a coloro che l'avevano organizzata, sia a quelli che vi erano stati mandati; infatti, con essa fu offerta a costoro l'occasione che da tempo aspettavano, di intraprendere avventure; gli organizzatori, invece, si rallegravano quasi avessero sgombrata, per così dire, la sentina della citta' Tuttavia, il sollievo fu solo per un momento, come accade di un corpo ammalato che si levi per ricadere subito in un morbo piu' grave Infatti, Ippocrate cominciò dapprima a saccheggiare con furtive incursioni le terre confinanti con la provincia romana; poi, quando Appio mandò un presidio per proteggere i campi degli alleati, Ippocrate con tutte le sue milizie assalì il quartiere di guardia uccidendo molti Romani |
quae cum essent nuntiata Marcello, legatos extemplo Syracusas misit, qui pacis fidem ruptam esse dicerent nec belli defuturam unquam causam, nisi Hippocrates atque Epicydes non ab Syracusis modo sed tota procul Sicilia ablegarentur Epicydes, ne aut reus criminis absentis fratris praesens esset aut deesset pro parte sua concitando bello, profectus et ipse in Leontinos, quia satis eos aduersus populum Romanum concitatos cernebat, auertere etiam ab Syracusanis coepit: nam ita eos pacem pepigisse cum Romanis ut quicumque populi sub regibus fuissent ei suae dicionis essent, nec iam libertate contentos esse nisi etiam regnent ac dominentur |
Quando a Marcello furono annunciati questi fatti, egli mandò subito ambasciatori a Siracusa, per dichiarare che erano stati violati i patti della pace e per avvertire, inoltre, che non sarebbe mai mancata alcuna occasione di guerra, se Ippocrate ed Epidice non fossero stati allontanati non solo da Siracusa, ma da tutta la Sicilia Epidice, sia per non essere corresponsabile della colpa del fratello assente, rimanendo a Siracusa, sia per non mancare da parte sua di suscitare la guerra, anch'egli se ne andò a Leontini e, poiche' sapeva che quegli abitanti erano abbastanza ostili al popolo romano, cominciò ad aizzarli anche contro i Siracusani, dicendo che costoro avevano fatto la pace coi Romani a patto che tutti i popoli che erano stati sotto i re,venissero pure in loro potere; infatti, i Siracusani ormai non erano contenti della liberta', se non regnavano ed ampliavano il loro dominio |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 40; 31 - 35
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renuntiandum igitur eis esse Leontinos quoque aequum censere liberos se esse, uel quod in solo urbis suae tyrannus ceciderit uel quod ibi primum conclamatum ad libertatem relictisque regiis ducibus ad Syracusanos concursum (sit) itaque aut eximendum id de foedere esse aut legem eam foederis non accipiendam facile multitudini persuasum legatisque Syracusanorum et de caede stationis Romanae querentibus et Hippocratem atque Epicydem abire seu Locros seu quo alio mallent, dummodo Sicilia cederent, iubentibus ferociter responsum est: neque mandasse sese Syracusanis ut pacem pro se cum Romanis facerent neque teneri alienis foederibus |
Era, dunque, necessario dire a loro che anche i Leontini ritenevano giusto di essere liberi, sia perche' il tiranno era caduto sul terreno della loro citta', sia perche' la' si era per la prima volta proclamata la liberta' e, correndo a Siracusa, si erano abbandonati i capi del re Pertanto, o si doveva cancellare questo patto o non si doveva accettare quella condizione contenuta nel trattato La folla fu facilmente convinta ai messi dei Siracusani che si lamentavano per la strage che era stata fatta nel quartiere di guardia dei Romani e che avevano dato ordine ad Ippocrate e a Epicide di andarsene a Locri o in qualunque altro luogo preferissero, purche' uscissero dalla Sicilia, fu alteramente risposto che essi non avevano dato incarico ai Siracusani di fare per loro la pace coi Romani; essi, perciò, non si ritenevano impegnati da patti conclusi da altri |
haec ad Romanos Syracusani detulerunt, abnuentes Leontinos in sua potestate esse: itaque integro secum foedere bellum Romanos cum iis gesturos neque sese defuturos ei bello, ita ut in potestatem redacti suae rursus dicionis essent, sicut pax conuenisset (30) Marcellus cum omni exercitu profectus in Leontinos Appio quoque accito ut altera parte adgrederetur, tanto ardore militum est usus ab ira inter condiciones pacis interfectae stationis ut primo impetu urbem expugnarent Hippocrates atque Epicydes postquam capi muros refringique portas uidere, in arcem sese cum paucis recepere; inde clam nocte Herbesum perfugiunt |
I Siracusani riferirono queste cose ai Romani dichiarando che quei di Leontini si rifiutavano di dipendere ancora dai Siracusani; perciò i Romani potevano fare la guerra contro Leontini, pur mantenendo integro il patto con Siracusa; Questa citta' in quella guerra non avrebbe fatto mancare il suo aiuto ai Romani, purche' gli abitanti di Leontini, ridotti sotto il loro potere, ritornassero di nuovo soggetti ai Siracusani secondo gli accordi del trattato di pace 30 Marcello, partito con tutto l'esercito contro Leontini e chiamato a se' anche Appio, perche' assalisse la citta' dall'altra parte, trovò i soldati in preda ad un furore così grande a causa della strage del distaccamento romano compiuta durante le trattative di pace, che subito al primo assalto espugnarono la citta' Ippocrate ed Epicide, dopo che videro che le mura erano state prese e che le porte stavano per essere abbattute, si ritirarono con pochi sulla rocca; di qui di nascosto, di notte, si rifugiarono ad Erbesso |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 44 - 46
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 44 - 46
Syracusanis octo milium armatorum agmine profectis domo ad Mylan flumen nuntius occurrit captam urbem esse, cetera falsa mixta ueris ferens: caedem promiscuam militum atque oppidanorum factam nec quicquam puberum arbitrari superesse; direptam urbem, bona locupletium donata ad nuntium tam atrocem constitit agmen concitatisque omnibus duces, erant autem Sosis ac Dinomenes, quid agerent consultabant terroris speciem haud uanam mendacio praebuerant uerberati ac securi percussi transfugae ad duo milia hominum; ceterum Leontinorum militumque aliorum nemo post captam urbem uiolatus fuerat suaque omnia eis, nisi quae primus tumultus captae urbis absumpserat, restituebantur |
Ai Siracusani che erano partiti dalla loro citta' con un corpo d'esercito di ottomila uomini, venne incontro al fiume Mila un messo che li avvertì che la citta' di Leontini era stata presa; il messo, mescolando altre notizie false alle vere, riferì, inoltre, che era stata fatta una strage così indiscriminata di soldati e di cittadini, che non si pensava che alcun giovane fosse rimasto superstite; annunciò altresì che la citta' era stata saccheggiata e che i beni dei ricchi erano stati dati in dono ai soldati Ad una notizia così atroce la schiera dei Siracusani arrestò la sua marcia; mentre tutti erano agitati, i comandanti, Soside e Dinomene, si consultavano sul da farsi A questa menzogna aveva dato non vana apparenza di terrore il fatto che erano stati bastonati e messi a morte circa duemila disertori; ma, in verita', nessuno degli abitanti di Leontini e degli altri soldati, dopo la presa della citta', era stato maltrattato; a ciascuno di essi erano stati restituiti gli averi, esclusi, naturalmente, quelli che erano stati portati via nel primo scompiglio dopo la caduta della citta' |