A quanto risulta venivano destinati soprattutto alla sorveglianza dei prigionieri, compito che svolgevano con singolare brutalità. Solo nel 1944, quando la guerra cominciò ad andar male per il Giappone, si decise di incorporarli nell'esercito, raggiungendo una mobilitazione di circa duecentomila coreani. Nel dopoguerra, centottantotto di loro ricevettero condanne, dei quali ventitré a morte, per crimini di guerra commessi tra le file giapponesi.
In quanto ai coreani messi ai lavori forzati in Giappone, circa trecentomila perirono per le pessime condizioni di vita in cui erano mantenuti e per i rischi connessi ad alcune delle mansioni che venivano loro assegnate. Le bombe nucleari sganciate su Hiroshima e Nagasaki ne uccisero altri settantamila, impiegati in fabbriche industriali militari; il Giappone pagò dei risarcimenti per queste morti.
Uno degli aspetti più sinistri di questi sviluppi nel corso della seconda guerra mondiale fu la schiavitù sessuale delle donne. Si calcola siano state circa duecentomila, in grande maggioranza coreane, delle quali molte morirono in bordelli militari. Sono conosciute come le donne di conforto, servizio sessuale per i soldati giapponesi. Molte di esse tornarono al loro Paese, ma il Giappone si è rifiutato di riconoscere il fatto, sembra che abbia distrutto la documentazione probatoria e non ha mai chiesto perdono. Va segnalato d'altronde che nemmeno gli Alleati si sono mai preoccupati troppo di indagare ed esigere le scuse.








