I passaggi evolutivi della pizza

I passaggi evolutivi della pizza

La pizza non è solo un oggetto culinario: come altre preparazioni fortemente identitaria, incarna valori sociali, politici e narrativi che la connotano a tal punto da far passare in secondo piano la sua funzione primaria di cibo

La pizza ha affrontato diversi passaggi evolutivi durante la sua vita: ha dato origine a varianti che oggi non sarebbero mai riconosciute come pizze, la mutazione americana è solo l'ultimo passaggio di una storia secolare. Una volta toccate le coste americane, la pizza, ha conosciuto un insperato successo che l'ha piazzata tra i cibi più amati dagli americani. Mentre in Italia faceva fatica a imporsi fuori dai confini di Napoli, negli Stati Uniti è diventata presto una celebrità. E' bastato qualche piccolo accorgimento per far piacere a tutti la focaccia di pane con un po' di condimento inventata a Napoli.

Se non fosse stato per questo passaggio non si sarebbe mai imposta a livello globale, rimanendo una prelibatezza locale come tante altre, tutte buonissime, che popolano la nostra gastronomia.

I problemi demografici e la povertà diffusa non affliggevano solo la capitale partenopea, perciò dobbiamo innanzitutto chiederci perché la pizza sia nata proprio a Napoli e non in un'altra metropoli del tempo come Londra, Parigi o Roma.

Nella cosiddetta "crisi del Seicento", sull'Europa pesava una grave stagnazione economica e demografica, con un arretramento o, nel migliore dei casi, uno stallo delle condizioni generali di vita. Il clima non favorevole e la difficile situazione sanitaria erano le cause principali di un'alternanza di carestia ed epidemie che flagellarono l'intera continente con effetti più o meno intensi. A questo si aggiunsero i frequenti conflitti tra gli Stati che aggravarono una situazione non florida. La crisi non risparmiò nemmeno i modelli politici e fiscali che furono oggetto di sanguinosi scontri tra le classi sociali.

Alcuni territori subirono in maniera più lieve gli effetti di questa contrazione, in particolare i paesi dell'Europa settentrionale che si avviavano a stabilire una egemonia commerciale e culturale sull'intero continente, mentre più svantaggiati furono i paesi dell'area meridionale. Con l'inizio del secolo successivo le cose migliorarono gradualmente e molte città tornarono ai livelli demografici conosciuti a cavallo tra il XVI e il XVII secolo. In particolare il meridione italiano registrò una tendenza alla crescita superiore a quella delle regioni settentrionali. L'impulso fu originato da una situazione agricola più favorevole grazie alla quale vennero messe a coltura nuove terre con l'effetto di una maggiore disponibilità di alimenti sul mercato. I livelli di natalità registrarono un andamento positivo, sostenuto anche da un avanzamento delle condizioni lavorative sia in campo agricolo, che in quello artigianale è proto-industriale.

Le carestie non colpirono come in passato e dalla fine del Seicento se ne registrarono solo quattro (1697, 1709, 1728-30 e infine nel 1732 che interessò solo alcune aree del meridione). Contemporaneamente la situazione politica più stabile favorì l'attenuazione dei conflitti. Si delineava all'orizzonte un periodo più prospero, con una maggiore disponibilità di cibo, una ripresa delle attività economiche o un aumento demografico. 

La crescita spropositata di Napoli era stata accompagnata da enormi problemi strutturali: nei quartieri più poveri ogni anfratto era diventato una stanza in cui ammassare una famiglia. I servizi igienici erano inesistenti, le fognature gravemente insufficienti, non c'è la possibilità di cucinare se non con un piccolo fornello alimentato a braci posto fuori. Tutta la vita si svolgeva in strada.

L'innalzamento del costo degli affitti andò di pari passo al rincaro dei prezzi dei generi alimentari di largo consumo come cereali, legumi, olio, carne e così via, mentre i salari registrarono una sostanziale staticità o incrementi molto ridotti. In sostanza tra la prima metà del Settecento e il secolo successivo si osservò un graduale impoverimento delle classi subalterne. Mentre proletari diventavano sempre più poveri, le istituzioni ecclesiastiche e il latifondisti vedevano consolidarsi i propri patrimoni con un accrescimento dei capitali che, in altre parti d'Europa, avrebbe posto le basi per la rivoluzione industriale

Il progresso in ambito agricolo e l'espansione della cerealicoltura favorirono una maggiore disponibilità di grano e farina sul mercato, segnando un'evoluzione in campo alimentare comune in tutta Europa. Il pane e i farinacei in generale acquisirono una predominanza assoluta nella dieta, soprattutto nelle classi medie-base, e si calcola che arrivavano a fornire all'incirca l'80% delle calorie totali. Ovviamente i ceti più abbienti potevano permettersi un'alimentazione più ricca a base di carne e pesce, come mostrano i ricettari dell'epoca, mentre la nutrizione delle classi subalterne era affidata agli ortaggi e ai vegetali in generale. Questa situazione perderò per lungo tempo.

La frutta, gli ortaggi e altri prodotti agricoli rimasero esenti da qualsiasi imposta, anche nei momenti di maggiore inasprimento fiscale. Se la città era un luogo così spaventoso, maleodorante e sudicio, un formicaio di persone che vivevano nelle condizioni più estreme, allora perché continuava ad attrarre persone che ingrossavano le file già mostruose dei suoi abitanti?

Semplice: perché in campagna si stava peggio.

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LA NASCITA DELLA PIZZA

Come si mettono in relazione la nascita della pizza con le condizioni sociali, economiche, abitative, alimentari descritte finora?

Napoli era una metropoli gigantesca con strutture abitative inadeguate, ciò significa un grande numero di persone che non avevano la possibilità di cucinare nella propria abitazione o lo facevano con mezzi di fortuna, spesso sulla strada davanti alla porta di casa. Queste stesse persone erano spesso sotto occupate o comunque avevano salari piuttosto bassi, cosa che le costringeva sostanzialmente ad una dieta a base di vegetali in cui la componente principale era costituita dai farinacei.

Per venire incontro alle esigenze dei ceti subalterni, il Regno aveva attuato una politica che assicurava un flusso costante di grano e olio in città a prezzi calmierati, mentre gli altri prodotti vegetali, anche grazie all'assenza di dazi, erano a buon mercato. Se mettiamo in fila questi dati appare naturale che in una situazione del genere possano comparire cibi a base di farina condita essenzialmente da olio, vegetali o poco altro, cucinati in modo da poter essere consumate anche per strada, dove le persone passano la maggior parte del tempo. Infatti così è stato.

Non è un caso che in questi anni si sviluppino due specialità destinate in seguito ad avere un successo mondiale: i maccheroni e la pizza. Entrambe realizzate a base di farina, due prodotti dal costo moderato. Ambedue sono innanzitutto prodotti cittadini, nati e cresciuti all'interno delle mura napoletane dove esisteva un ricco mercato e quindi era più semplice procurarsi le materie prime e una vasta clientela a cui venderli.

Senza questi due requisiti fondamentali probabilmente non sarebbero mai nati, al pari di molti altri piatti della tradizione gastronomica nazionale. Nel periodo analizzato, compreso tra il XVIII e il XIX secolo, vengono gettati i semi per le principali specialità regionali anche nel resto d'Italia. Le città non solo rappresentavano fin dal Medioevo le sedi del potere economico, politica e religioso, ma erano anche centri promotori della cultura, naturalmente anche gastronomica, attraverso un continuo scambio con il proprio territorio.

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LA DIETA MEDITERRANEA ... UN VOLANO PER LA PIZZA

Secondo la concezione predominante all'epoca, la quantità di proteine animali era il principale indicatore della qualità della dieta, e gli scienziati americani giudicavano troppo povera l'alimentazione degli italiani. Solo alla fine dell'Ottocento vennero compiuti nuovi studi sulla nutrizione e sul metabolismo umano che portarono alla scoperta del concetto di "caloria" destinato a incrinare i vecchi modelli dietetici.

A partire dal 1910 fu la volta delle vitamine, a cui seguirono le prime intuizioni che associarono le malattie metaboliche a un'alimentazione troppo ricca di carne e grassi. I difetti della dieta italiana iniziarono a essere visti come pregi che si armonizzavano con la nuova concezione di nutrizione equilibrata. La cucina italiana stava diventando un esempio di alimentazione sana anche per il resto del mondo, dove il cibo degli immigrati era visto con curiosità dopo il sospetto iniziale. L'apertura definitiva avvenne con l'affacciarsi del nascente concetto di "dieta mediterranea". 

Ovviamente questa rivoluzione culturale ha profondamente influenzato la fortuna della pizza che è, grazie alla favorevole congiuntura, si è affermata in tutto il mondo

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Tags: #meal
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