Gli Acarnesi di Aristofane

Gli Acarnesi di Aristofane

Nel giugno del 431 iniziate le ostilità fra Sparta ed Atene, l'esercito alleato, che si era radunato sull' Istmo sotto il comando di Archidamo, invadeva l'Attica dalla Megaride

dopo aver invano tentato di prendere la fortificata Oinoe e dopo aver devastato Eleusi e la pianura Triasia senza che le forze ateniesi si opponessero in alcun modo, Archidamo, fatta una diversione a N-E, entrò nel territorio di Acarne e, guastato tutto il raccolto, stabilì lì l'accampamento in posizione strategicamente favorevole, appoggiandosi alle ultime falde del confinante monte Parnete. Era Acarne ( ?? ???ρ???) il maggior demo rurale attico, formato in prevalenza di agricoltori e carbonai, rifugiatisi poi numerosi in Atene dinanzi all'invasione che li aveva completamente rovinati. Archidamo, al dire di Tucidide, contava espressamente sulla speranza che gli Acarnesi, esasperati dalla distruzioni subite, avrebbero incitato l'esercito ateniese ad uscire in campo ed affrontare il nemico; ciò che egli attendeva, preparato su posizioni favorevoli: ché se poi nemmeno allora gli Ateniesi si fossero mossi, egli avrebbe potuto con maggior sicurezza avvicinarsi ancor più alla città e devastare tutta la pianura. Ma Pericle, seguendo un suo piano strettamente difensivo, moderò con energia tutti i bollori; e l'esercito nemico, attese invano le forze ateniesi ed esaurite le provviste, tolse il campo, si ritirò attraverso Oropo e, passato in Beozia, rientrò nel Peloponneso, dove si sciolse. Circa sei anni dopo questi avvenimenti, nelle Lenee (fine Gennaio) del 425, A. presentava la sua quarta commedia, gli Acarnesi appunto, con la quale conseguiva la prima vittoria sopra i suoi maggiori avversari, Cratino ed Eupoli, riusciti secondo e terzo: per la prima volta i grandi poeti della triade, consacrata nel noto verso di Orazio (sat. I,4, I "Èupoli, Cratino e Aristofane, questi poeti e gli altri autori della commedia antica, se uno meritava d'essere messo alla berlina, perché furfante e ladro, adultero o assassino, o in ogni caso malfamato, lo bollavano senza complimenti."), si misuravano fra loro. In questa commedia, scritta intorno ad i vent'anni, c'è già tutto l'uomo Aristofane. Con i suoi molti bersagli e le sue poche simpatie: la guerra e la pace, i rapporti con gli alleati, i demagoghi, i profittatori di guerra, i sicofanti, Euripide (che qui si prende anche la parte del Socrate delle Nuvole), la cattiva musica. Questo giovane, poco più che adolescente, ha già le idee molto precise sulla politica, sulla poesia, sulla sua città: quelli che per tanti anni, con una mirabile coerenza, resteranno i temi suoi prediletti. Una volta fatta la diagnosi, egli non ha più nulla da cambiare; anche perché la diagnosi era facile. Quella che era difficile, era la cura. E tutta l'opera di A. - e non essa sola- sta a dimostrare che, in questi anni, nessuno in Atene sapeva di preciso che cosa occorresse fare. T