Esuli di Caporetto: tesina sulla disfatta di Caporetto

Esuli di Caporetto: tesina sulla disfatta di Caporetto

Gli esuli di Caporetto

Cartine del 1915-1917 raffigurante l'Italia dell'est, durante la Prima Guerra Mondiale. La disfatta di Caporetto è stata ripetutamente affrontata dagli storici da un punto di vista militare, dal punto di vista politico e dalle sue conseguenze sui civili, sia quelli rimasti nei territori invasi sia quelli fuggiti, sono stati oggetto solamente di studi settoriali, per lo più legati ad una "visione locale e logistica della storia della guerra". Eppure la vicenda dei profughi seguita alla rotta di Caporetto rappresenta la prima, grande tragedia collettiva che investe la popolazione civile italiana durante la Prima Guerra Mondiale e in termini assoluti la più vasta fino al periodo 1940-1945.

La condizione di profugo/a riguardò infatti, in Italia, 60000 persone, in maggioranza donne e bambini. Tra le possibili letture della rilevanza di questa vicenda va sicuramente attribuita la funzione di spia della modernità del primo conflitto mondiale, che ha visto i civili coinvolti nell'enorme sforzo produttivo della macchina bellica, ma anche direttamente investita dalla guerra. Investiti non solamente in quanto abitanti delle zone invase o adiacenti il fronte, ma anche in quanto testimoni dell'arrivo di migliaia di profughi, emblema della guerra in corso e dei suoi temibili esiti.

L'avanzata austriaca portò avanti i primi passi il 24 ottobre 1917. Da questo momento si possono individuare alcuni nodi interpretativi della vicenda dei profughi di Caporetto.

Primo tra tutti: Chi sono i profughi e perché fuggono? Se l'esperienza della profuganza come esito ha un carattere di classe, l'esodo come scelta ha un carattere di massa. La paura (cui aveva contribuito in modo sicuramente non secondario la propagandata "barbarie" del nemico manifestatasi nei territori gia invasi, il Belgio e la Francia in testa), la confusione, la mancanza di informazioni certe, spesso semplicemente il caso erano le leve della fuga. L'impossibilità di muoversi, il timore di abbandonare beni e parenti, sono le cause che trattenevano (soprattutto i contadini) dal partire. La memorialistica e la letteratura, restituiscono con chiarezza la confusione e la concitazione di quei giorni e l'impressione suscitata dallo spettacolo dei civili in fuga accanto ai soldati. La semantica di questi testi contribuisce allo sviluppo di questa sensazione.

Un altro nodo rilevante dei primi giorni della rotta è quello della fuga delle autorità civili e con un significato più ampio, dei borghesi e dei notabili: la così detta "Caporetto interna". Lo storico mette prima di tutto in luce un aspetto trascurato della rotta: l'esodo di tutti quei civili che gravitavano intorno al fronte e all'esercito.

Per quanto riguarda, invece, la controversa questione della fuga della maggior parte delle autorità civili e delle amministrazioni, che tanto risentimento aveva creato nella popolazione che aveva scelto di rimanere o vi era stata costretta.

La lettura di una classe dirigente che abbandonò al suo destino la maggior parte della popolazione friulana e veneta in seguito allo sfascio militare, può sembrare troppo schematica, come del resto quella di vedere la fuga come una scelta consapevole per mettere in salvo il potere civile ed amministrativo.