Latino: dall'autore Cicerone, opera In Verrem parte 02; 03-66-70
[LXVI, 154] Venio nunc ad epistulam Timarchidi, liberti istius et accensi; de qua cum dixero, totum hoc crimen decumanum peroraro Haec epistula est, iudices, quam nos Syracusis in aedibus Aproni cum litteras conquireremus invenimus Missa est, ut ipsa significat, ex itinere, cum Verres iam de provincia decessisset, Timarchidi manu scripta Recita EPISTULA TIMARCHIDI VERRIS ACCENSUS SALUTEM DICIT Iam hoc quidem non reprehendo quod adscribit 'accensus'; cur enim sibi hoc scribae soli sumant, 'L PAPIRIUS SCRIBA' Volo ego hoc esse commune accensorum, lictorum, viatorum FAC DILIGENTIAM ADHIBEAS, QUOD AD PRAETORIS EXISTIMATIONEM ATTINET Commendat Apronio Verrem, et hortatur ut inimicis eius resistat |
[LXVI, 154] Passo ora alla lettera di Timarchide, liberto e in serviente di Verre; quando avrò parlato di questa, avrò concluso tutta la mia requisitoria relativa ai reati commessi nell'esazione delle decime Questa lettera, giudici, è quella che trovai a Siracusa in casa di Apronio, quando cercavo e raccoglievo prove costituite da documenti scrit ti Fu mandata, come indica la lettera stessa, mentre Ti marchide era in viaggio, quando già Verre era partito dalla provincia, ed è scritta di suo pugno Leggi LETTERA Di TIMARCHIDE TIMA1RCHIDE, INSERVIENTE DI VERRE, SA LUTA APRONIO Per cominciare, non ho niente da ridire sul fatto che egli aggiunga la sua qualifica, inserviente; perché mai solo i segretari dovrebbero arrogarsi questo diritto scrivendo LUCIO PAPIRIO SEGRETARIO Io desidero che sia comune questo diritto a tutti, agli inser vienti, ai littori, ai messi VEDI DI PROVVEDERE CON CURA A QUANTO RIGUARDA LA REPUTAZIONE DEL GOVERNATORE Raccomanda Verre ad Apronio, e lo esorta a contrasta re i suoi avversari |
Bono praesidio munitur existimatio tua, siquidem in Aproni constituitur diligentia atque auctoritate HABES VIRTUTEM, ELOQUENTIAM [155] Quam copiose laudatur Apronius a Timarchide, quam magnifice Cui ego illum non putem placere oportere qui tanto opere Timarchidi probatus sit HABES SUMPTUM UNDE FACIAS Necesse est, si quid redundarit de vestro frumentario quaestu, ad illum potissimum per quem agebatis defluxisse SCRIBAS, APPARITORES RECENTIS ARRIPE; CUM L VOLTEIO, QUI PLURIMUM POTEST, CAEDE, CONCIDE Videte quam valde malitiae suae confidat Timarchides, qui etiam Apronio improbitatis praecepta det Iam hoc 'caede, concide' Nonne vobis verba domo patroni depromere videtur ad omne genus nequitiae accommodata VOLO, MI FRATER, FRATERCULO TUO CREDAS |
davvero affidata in buone mani la tua reputazione, se dipende dalle cure e dal prestigio di Apronio TU HAI VIRTU, TU ELOQUENZA [155]Come è elogiato copiosamente Apronio da Timarchide, quanto splendidamente Chi dovrei pensare non apprezzi un uo mo per cui Timarchide nutre tanta stima HAI I MEZZI PER FAR FRONTE ALLE SPESE naturale che tutto il di più avanzato dai vostri profitti ricavati dall'esazione del frumento sia finito proprio nelle mani di colui per mezzo del quale li ottenevate PIOMBA SUI SEGRETARI, SUI SUBALTERNI APPENA ARRIVATI; CON LUCIO VOLTEIO, CHE QUELLO CHE HA PI POTERE, COLPI, COLPI DECISI Guardate che si cura fiducia nutre Timarchide nella propria nequizia, che , addirittura ad Apronio impartisce insegnamenti di mal vagità E quell'espressione colpi, colpi decisi Non vi sembrano parole tratte direttamente dalla casa del suo patrono, adatte come sono a qualsiasi genere di azione riprovevole VOGLIO, FRATELLO MIO, CHE TU DIA ASCOLTO AL TUO FRATELLINO |
Consorti quidem in lucris atque furtis, gemino et simillimo nequitia, improbitate, audacia IN COHORTE CARUS HABEBERE Quid est hoc 'in cohorte' [LXVII]Quo pertinet Apronium doces Quid In vestram cohortem te monitore an sua sponte pervenerat QUOD CUIQUE OPUS EST, OPPONE Qua impudentia putatis eum in dominatione fuisse qui in fuga tam improbus sit Ait omnia pecunia effici posse: dare, profundere oportere, si velis vincere Non hoc mihi tam molestum est Apronio suadere Timarchidem, quam quod hoc idem patrono suo praecipit TE POSTULANTE OMNES VINCERE SOLENT [156] Verre quidem praetore, non Sacerdote, non Peducaeo, non hoc ipso Metello SCIS METELLVM SAPIENTEM ESSE |
Certamente compagno fraterno nei pro fitti e nei furti, fratello gemello e somigliantissimo nella malvagità, nella prepotenza, nell'audacia IL SEGUITO DOVRA' AVERTI CARO Che cosa vuol dire il seguito [LXVII]A che cosa si riferiscono queste parole Tu istruisci Apronio Perché Nel vostro seguito era entrato grazie ai tuoi buoni uffici o di sua iniziativa FA' FRONTE ALLE NECESSIT DI CIASCUNO Quale pensate fosse la sua tracotanza quando spadroneggiava, se anche mentre fugge è così sfacciato Dice che tutto si ottiene con il denaro: che bisogna da re, elargire senza risparmio, se si vuole vincere Che Ti marchide dia questi consigli ad Apronio non mi disturba tanto quanto il fatto che impartisca questa medesima lezione anche al suo patrono TUTTI OTTENGONO DI SOLITO, QUANIDO SEI TU A CHIEDERE [156]Sì, quando governatore è Verre, non con Sacerdote, non con Peducéo, e nemmeno con Metello TU SAI CHE METELLO UN UOMO ASSENNATO |
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Hoc vero ferri iam non potest, inrideri viri optimi, L Metelli, ingenium et contemni ac despici a fugitivo Timarchide Si Volteium habebis, omnia ludibundus conficies Hic vehementer errat Timarchides, qui aut Volteium pecunia corrumpi putet posse, aut Metellum unius arbitratu gerere praeturam, sed errat coniectura domestica Quia multos et per se et per alios multa ludibundos apud Verrem effecisse vidit, ad omnis eosdem patere aditus arbitratur Facilius vos efficiebatis ludibundi quae volebatis a Verre, quod multa eius ludorum genera noratis INCULCATUM EST METELLO ET VOLTEIO TE ARATORES EVERTISSE |
Questo poi non è davvero tollerabile, che un Timarchide, uno schiavo fuggiasco, si prende gioco dell'in telligenza di un personaggio come Lucio Metello, consi derandola con sufficienza e disprezzo SE TI CONQUISTE RAI VOLTEIO, SAR UNO SCHERZO PER TE OTTENERE TUTTO CIO' CHE VORRAI Qui Timarchide si sbaglia di grosso, ri tenendo o che Volteio si possa corrompere con il denaro o che Metello eserciti il suo governo secondo le direttive di un solo uomo, ma sbaglia le sue previsio ni su ciò che gli è familiare Poiché ha visto molti ottene re presso Verre molte cose con la facilità di un gioco per mezzo suo e di altri, crede che presso tutti i governatori siano aperte le medesime vie d'accesso Per voi era più agevole ottenere con la facilità di un gioco quel che vole vate da Verre perché conoscevate molti tipi di gioco a lui graditi STATA CACCIATA IN TESTA A METELLO E A VOL TEIO LA PERSUASIONE CHE TU HAI ROVINATO I COLTIVATO RI |
Quis istuc Apronio attribuebat, cum aratorem aliquem everterat, aut Timarchidi, cum ob iudicandum aut decernendum aut imperandum aliquid aut remittendum pecuniam acceperat, aut Sextio lictori, cum aliquem innocentem securi percusserat Nemo; omnes ei tum attribuebant quem nunc condemnari volunt [157] OBTUDERUNT EIUS AURIS TE SOCIUM PRAETORIS FUISSE Videsne hoc quam clarum sit et fuerit, cum etiam Timarchides hoc metuat Concedesne non hoc crimen nos in te confingere, sed iam pridem ad crimen aliquam defensionem libertum quaerere Libertus et accensus tuus, et tibi ac liberis tuis omnibus in rebus coniunctus ac proximus, ad Apronium scribit vulgo esse ab omnibus ita demonstratum Metello, tibi Apronium in decumis socium fuisse |
Chi attribuiva la colpa ad Apronio, quando questi ri duceva alla rovina un coltivatore, o a Timàrchide, quan do questi incassava denaro perché venisse emesso un giu dizio o un decreto, fosse impartito un ordine o concesso un condono, o al littore Sestio, quando questi colpiva con una scura un innocente Nessuno; tutti allora ne attribuivano la colpa a colui che ora vogliono venga condanna to [157] LO HANNO ASSORDATO A FORZA DI RIPETERGLI CHE TU SEI STATO SOCIO DEL GOVERNATORE Lo vedi quan to la cosa è ed era già allora risaputa, dal momento che anche Timarchide se ne preoccupa Ammetterai che que sta imputazione contro di te non è frutto di una mia in venzione, ma che già da un pezzo il tuo liberto sta cercando qualche mezzo di difesa contro di essa Il tuo li berto e inserviente, che è in tutto e per tutto legato e de voto a te e alla tua prole, scrive ad Apronio che tutti avevano fatto sapere a Metello, ed era cosa notoria, che Apronio era stato tuo socio nell'esazione delle deci me |
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FAC SCIAT IMPROBITATEM ARATORUM; IPSI SUDABUNT, SI DI VOLUNT Quod istuc, per deos immortalis, aut qua de causa excitatum esse dicamus in aratores tam infestum odium atque tantum Quantam iniuriam fecerunt Verri aratores ut eos etiam libertus et accensus eius tam irato animo ac litteris insequatur [LXVIII]Neque ego huius fugitivi, iudices, vobis epistulam recitassem, nisi ut ex ea totius familiae praecepta et instituta et disciplinam cognosceretis Videtis ut moneat Apronium quibus rebus ac muneribus se insinuet in familiaritatem Metelli, Volteium corrumpat, scribas accensumque pretio deleniat Ea praecipit quae vidit, ea monet alienum hominem quae domi didicit ipse; verum in hoc errat uno, quod existimat easdem vias ad omnium familiaritates esse munitas |
VEDI DI INFORMARLO DELLA DISONEST DEI COLTIVA TORI; LI FAREMO SUDARE, SE GLI DI CI ASSISTONO Che é mai questo, per gli dèi immortali, o quale motivo potrem mo indicare che abbia suscitato contro i coltivatori un odio tanto accanito e feroce Che grave torto mai hanno commesso i coltivatori contro Verre, da indurre il suo liberto e inserviente a scagliarsi contro di loro in una lette ra così piena d'ira [LXVIII]E io, giudici, non avrei fatto leggere davanti a voi la lettera di questo schiavo fuggiasco, se non avessi voluto che da essa voi conosceste le regole, i principi, le norme che vigevano per l'intera casa di Verre Voi vedete come suggerisce ad Apronio con quali mezzi e quali doni possa subdolamente entrare in dimestichezza con Metello, cor rompere Volteio, guadagnarsi con denaro i segretari e l'inserviente Insegna ciò che ha visto, consiglia a un estraneo ciò che egli ha imparato in casa; in una cosa sol tanto sbaglia, che crede che le medesime strade siano pratica bili per arrivare all'intimità di tutti |
[158] Quamquam merito sum iratus Metello, tamen haec quae vera sunt dicam Apronius ipsum Metellum non pretio, ut Verrem, non convivio, non muliere, non sermone impuro atque improbo posset corrumpere, quibus rebus non sensim atque moderate ad istius amicitiam adrepserat, sed brevi tempore totum hominem totamque eius praeturam possederat; cohortem autem Metelli, quam vocat, quid erat quod corrumperet, ex qua recuperatores in aratorem nulli dabantur [159] Nam quod scribit Metelli filium puerum esse, vehementer errat; non enim ad omnis praetorum filios idem aditus sunt |
[158] Anche se so no giustamente in collera con Metello, dirò tuttavia quel che è vero Con Metello Apronio non avrebbe otte nuto nulla con i mezzi di seduzione impiegati con Verre, denaro, banchetti, donne, discorsi sozzi e dissoluti, mez zi che gli avevano consentito non già di insinuarsi a poco a poco, e fino a un certo punto, nell'amicizia di costui, ma di diventare in breve tempo il padrone assoluto del l'uomo e delle sue funzioni di governatore; quanto poi a quello che chiama il seguito di Metello, dal momento che i periti per le contese con i coltivatori non venivano scelti da esso, a che scopo corromperlo [159]E quando poi scrive che il figlio di Metello è un ragazzo, commette un grave errore; infatti le strade che conducono ai figli dei governatori non sono le medesime per tutti |
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O Timarchide, Metelli est filius in provincia non puer, sed adulescens pudens ac bonus, dignus illo loco ac nomine; vester iste puer praetextatus in provincia quem ad modum fuisset non dicerem si pueri esse illam culpam ac non patris existimarem Tune, cum te ac tuam vitam nosses, in Siciliam tecum grandem praetextatum filium ducebas, ut, etiamsi natura puerum a paternis vitiis atque a generis similitudine abduceret, consuetudo tamen eum et disciplina degenerare non sineret |
O Timarchi de, il figlio di Metello che é con lui nella provincia non è un ragazzo, ma un giovane morigerato e onesto, che fa onore al posto che occupa e al nome che porta; quanto a codesto vostro ragazzo che indossa la pretesta, io non mi soffermerei su come si sia comportato in provincia, se ne ritenessi responsabile il ragazzo e non suo padre Tu, conoscendo bene te stesso e la vita che conducevi, portavi con te in Sicilia tuo figlio, un ragazzo già grandicello forse perché la comunanza di vita e l'educazione che gli impartivi non gli consentissero di esagerare, an che se l'inclinazione naturale lo avesse indirizzato lonta no dai vizi del padre e da ogni somiglianza con chi lo ave va generato |
[160] Fac enim fuisse in eo C Laeli aut M Catonis materiem atque indolem: quid ex eo boni sperari atque effici potest qui in patris luxurie sic vixerit ut nullum umquam pudicum neque sobrium convivium viderit, qui in epulis cotidianis adulta aetate per triennium inter impudicas mulieres et intemperantis viros versatus sit, nihil umquam audierit a patre quo pudentior aut melior esset, nihil umquam patrem facere viderit quod cum imitatus esset non, id quod turpissimum est, patris similis putaretur [LXIX, 161] Quibus in rebus non solum filio, Verres, verum etiam rei publicae fecisti iniuriam Susceperas enim liberos non solum tibi sed etiam patriae, qui non modo tibi voluptati sed etiam qui aliquando usui rei publicae esse possent |
[160] Poteva anche avere la tempra e l'in dole di un Gaio Lelio o di un Marco Catone: ma che cosa di buono si poteva sperare di ricavare da un ragazzo come lui, vissuto tra le dissolutezze del padre, senza assi stere mai a un solo convito onesto e sobrio, un ragazzo che nell'età dell'adolescenza frequentò per tre anni, in quotidiani festini, donne spudorate e uomini dissoluti, un ragazzo che da suo padre non udì mai nulla che potes se renderlo più morigerato o più onesto, che a suo padre non vide fare mai nulla che, ove ne avesse preso a model lo il comportamento, non lo facesse giudicare (questo è il massimo della vergogna) il suo ritratto [LXIX, 161]In tutto ciò, Verre, tu hai arrecato offesa non so io a tuo figlio, ma anche allo stato Non per te soltanto infatti, ma anche per lo stato tu ti eri assunto la respon sabilità di allevare la tua prole, perché potesse non solo arrecare gioia a te ma anche essere, un giorno, di utilità allo stato |
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Eos instituere atque erudire ad maiorum instituta, ad civitatis disciplinam, non ad tua flagitia neque ad tuas turpitudines debuisti: esset ex inerti atque improbo et impuro parente navus et pudens et probus filius, haberet aliquid abs te res publica muneris Nunc pro te Verrem substituisti alterum civitati; nisi forte hoc deteriorem, si fieri potest, quod tu eius modi evasisti non in hominis luxuriosi, sed tantum in furis ac divisoris disciplina educatus; [162] quid isto fore festivius arbitramur, si est tuus natura filius, consuetudine discipulus, voluntate similis Quem ego, iudices, quamvis bonum fortemque facile paterer evadere; non enim me inimicitiae commovent, si quae mihi cum isto futurae sunt |
Era tuo dovere indirizzarla ed educarla con formemente agli insegnamenti dei nostri antenati e ai principi vigenti nel nostro stato, non alle tue infamie e turpitudini: da un padre inetto, disonesto e corrotto sa rebbe disceso un figlio capace, morigerato e onesto, e lo stato avrebbe da te una parte di ciò che gli devi Ora inve ce, tu hai dato allo stato un altro Verre al tuo posto; o forse anche peggiore di te, ammesso che sia possibile, giacché tu sei diventato quello che sei per l'educa zione ricevuta alla scuola non già di un dissoluto, ma sol tanto di un ladro e di un distributore di denaro; [162] codesto giovane promette davvero di di ventare quanto di più amabile si possa immaginare, se è figlio tuo per nascita, discepolo tuo nel costume di vita, e a te per spontanea inclinazione Quanto a me, giu cici, non mi dispiacerebbe affatto che egli riuscisse one sto e bravo quanto è possibile; non mi preoccupano le amicizie che potrebbero sorgere tra me e lui |