Cicerone, In Verrem: 02; 03-31-35

Cicerone, In Verrem: 02; 03-31-35

Latino: dall'autore Cicerone, opera In Verrem parte 02; 03-31-35

[XXXI]Quid est hoc

Tanto numero frumenti lucri nomine imperato et expresso, nummi praeterea exiguntur ut probetur frumentum

An poterat non modo Apronius, sed quivis, exercitui si metiendum esset, improbare Siculum frumentum, quod illi ex area, si vellet, admetiri licebat

Frumenti tantus numerus imperio tuo datur et cogitur

Non est satis; nummi praeterea imperantur

Dantur

Parum est

Pro decumis hordei alia pecunia cogitur; iubes HS xxx lucri dari

Ita ab una civitate vi minis imperio iniuriaque praetoris eripiuntur tritici medimnum xxxiii et praeterea HS lx

At haec obscura sunt

Aut, si omnes homines velint, obscura esse possunt
[XXXI] Ma come

Una così grande quantità di frumento viene requisita ed estorta a titolo di compenso extra, e per di più si esige un esborso di denaro perché questo frumento sia accettato

O aveva facoltà non solo Apronio, ma chicchessia, se si fosse do vuto misurare il frumento per la fornitura all'esercito, di rifiutare il frumento siciliano, quel frumento che a quello era consentito, se voleva, far aggiungere alla misura, prelevandolo dall'aia

Per ordine tuo una così gran quantità di frumento viene consegnata e raccolta

Non basta; si impone oltre a questo di sborsare del denaro

Viene sbor sato

ancora troppo poco

Altro denaro viene estorto per le decime dell'orzo, per le quali tu ordini che siano pagati come compenso extra 30000 sesterzi

Così a una sola città, con la violenza, le minacce, l'autorità e il so pruso del governatore vengono rapinati 33000 medim ni di grano, e in aggiunta 60000 sesterzi

Sono fatti poco oscuri, questi

Potrebbero esserlo, quand'anche tutti gli uomini volessero
Quae tu palam egisti, in conventu imperasti, omnibus inspectantibus coegisti; qua de re Agyrinenses magistratus et quinque primi, quos tu tui quaestus causa evocaras, acta et imperia tua domum ad senatum suum renuntiaverunt; quorum renuntiatio legibus illorum litteris publicis mandata est; quorum legati, homines nobilissimi, Romae sunt, qui hoc idem pro testimonio dixerunt

[74] Cognoscite Agyrinensium publicas litteras, deinde testimonium publicum civitatis

Recita

LITTERAE PUBLICAE, TESTIMONIUM PVBLICVM
Azioni che tu hai compiuto alla luce degli ordini che hai impartito ufficialmente nella circocostrizioni che hai imposto alla presenza di tutti;su questa faccenda il magistrato e i primi cinque citta dini Agira, che tu avevi convocato per il tuo personale profitto, riferirono al loro senato, tornati in patria, le tue e i tuoi ordini; e la loro relazione fu inserita, come prescrivevano le loro leggi, nei registri ufficiali; sono qui a Roma i loro inviati, persone nobilissime, e proprio que sti hanno detto nella loro deposizione

[74] Prendete conoscenza di quanto è scritto nel registro ufficiale di Agira, e poi della testimonianza resa a nome della città

Leggi

REGISTRO UFFICIALE, TESTIMONIANZA UFFICIALE
Animadvertistis in hoc testimonio, iudices, Apollodorum, cui Pyragro cognomen est, principem suae civitatis, lacrimantem testari ac dicere numquam post populi Romani nomen ab Siculis auditum et cognitum Agyrinensis contra quemquam infimum civem Romanum dixisse aut fecisse quippiam, qui nunc contra praetorem populi Romani magnis iniuriis et magno dolore publice testimonium dicere cogerentur

Uni mehercule huic civitati, Verres, obsistere tua defensio non potest; tanta auctoritas est in eorum hominum fidelitate, tantus dolor in iniuria, tanta religio in testimonio

Verum non una te tantum, sed universae similibus adflictae iniuriis et incommodis civi tates legationibus ac testimoniis publicis persequuntur
Durante questa testimonianza, come avete constatato, giudici, Apollodoro, soprannominato Piragro, il primo della sua città, piangendo attestò e sostenne che, dacché i Siciliani ebbero notizia e conoscenza del popolo romano, gli abitanti di Agira non avevano mai detto né fatto nulla contro nessun cittadino romano, nemmeno di infima condizione ma ora si vedevano costretti dai gravi sopru si patiti e dal vivo risentimento a deporre a titolo ufficiale contro un governatore inviato dal popolo romano

Per Ercole, già a questa sola città la tua difesa, Verre, non è in grado di tener testa; tanto è il credito che meritano questi uomini per la fedeltà , tanto vivo è il risentimento per l'oltraggio, tanto scrupoloso il ri spetto per il giuramento nella loro testi monianza

Ma non una sola, bensì tutte quante le città, rovinate da soprusi e danni simili, ti accusano con dele gazioni e testimonianze ufficiali

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Cicerone, In Verrem: 02; 04-106-110
Cicerone, In Verrem: 02; 04-106-110

Latino: dall'autore Cicerone, opera In Verrem parte 02; 04-106-110

[XXXII, 75] Etenim deinceps videamus Herbitensis civitas honesta et antea copiosa quem ad modum spoliata ab isto ac vexata sit

At quorum hominum

summorum aratorum, remotissimorum a foro, iudiciis, controversiis, quibus parcere et consulere, homo impurissime, et quod genus hominum studiosissime conservare debuisti

Primo anno venierunt eius agri decumae tritici modium xviii

Atidius, istius item minister in decumis, cum emisset et praefecti nomine cum venisset Herbitam cum Veneriis, locusque ei publice quo deverteretur datus esset, coguntur Herbitenses ei lucri dare tritici modium xxxviiiDCCC, cum decumae venissent tritici modium xviii
[XXXII, 75] Subito dopo Agira vediamo ora, infatti, come l'o norata e un tempo ricca città di Erbita sia stata da co stui depredata e angariata

E i suoi abitanti, che galanuomini

coltivatori di prim'ordine, lontanissimi dal foro, dai tribunali, dalle contese giudiziarie, persone che tu, il più sciagurato degli uomini, non avresti dovuto toccare, ma trattare con ogni riguardo, una classe che avresti dovuto proteggere con la massima cura

Il primo anno del suo governo le decime del grano aggiudicate per quel territorio ammontarono a 18000 moggi

Essendosi ag giudicato l'esazione Atidio, anch'egli subalterno di Verre per le decime, quando di recò a Érbita con il titolo di sovrinten dente e in compagnia di schiavi di Venere, e gli fu asse gnato a spese pubbliche un alloggio in cui dimorare, gli abitanti di Érbita furono costretti a dargli come compenso extra 38800 moggi di grano,pur essendo il totale appaltato per la decima del grano di 18000 moggi
Atque hoc tantum lucri coguntur dare publice tum cum iam privatim aratores ex agris spoliati atque exagitati decumanorum iniuriis profugissent

[76] Anno secundo cum emisset Apronius decumas tritici modium xxvdccc et ipse Herbitam cum illa sua praedonum copia manuque venisset, populus publice coactus est ei conferre lucri tritici modium xxi et accessionis HS

De accessione dubito an Apronio ipsi data sit merces operae atque impudentiae: de tritici quidem numero tanto quis potest dubitare quin ad istum praedonem frumentarium sicut Agyrinense frumentum pervenerit

[XXXIII]Anno tertio vero in hoc agro consuetudine usus est regia
E per di più sono costretti a dare come comunità questo compen so extra così esorbitante quando già singolarmente i col tivatori erano fuggiti abbandonando i campi, depredati e cacciati dai soprusi degli esattori

[76] Il secondo anno essendosi Apronio aggiudicato l'esazione delle decime del grano, per un totale di 25800 moggi,quando si recò a Érbita con quella sua banda e masnada di predoni, la popola zione fu costretta, come comunità, a dargli 21000 moggi di grano a titolo di compenso extra, e 2000 sesterzi a titolo di supplemento

Quanto al supplemento, non so se non sia stato dato veramente ad Apronio, come remunerazione per la sua opera e la sua sfacciataggine; ma quel la così gran quantità di grano chi può dubitare che sia fi nita nelle mani di codesto saccheggiatore di frumento, come il frumento di Agíra

[XXXIII]Ma il terzo anno egli si conformò, in questo territorio, a una consuetudine regale

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Cicerone, In Verrem: 02; 04-01-02
Cicerone, In Verrem: 02; 04-01-02

Latino: dall'autore Cicerone, opera In Verrem parte 02; 04-01-02

Solere aiunt reges barbaros Persarum ac Syrorum pluris uxores habere, his autem uxoribus civitates attribuere hoc modo: haec civitas mulieri in redimiculum praebeat, haec in collum, haec in crinis

Ita populos habent universos non solum conscios libidinis suae, verum etiam administros

[77] Eandem istius, qui se regem Siculorum esse dicebat, licentiam libidinemque fuisse cognoscite

Aeschrionis Syracusani uxor est Pipa, cuius nomen istius nequitia tota Sicilia pervulgatum est; de qua muliere versus plurimi supra tribunal et supra praetoris caput scribebantur

Hic Aeschrio, Pipae vir adumbratus, in Herbitensibus decumis novus instituitur publicanus
Dicono che, solitamente, i re barbari di Persia e di Siria hanno parecchie mogli, e a queste mogli assegnano delle città in questo modo: questa città deve fare un'offerta a una donna per la sua cintura, quest'altra per adornare il suo collo, quest'altra per i suoi capelli

Così mettono non solo a parte ma addirittura al servizio della loro lussuria popolazioni intere

[77] Prendete nota che identiche furono la licenza e la lussuria di costui, che soleva dire di essere il re dei Siciliani

Moglie di Escrione di Siracusa è Pipa, il cui nome fu sulla bocca dell'intera Sicilia grazie alla dissolutezza di costui; su questa donna si trovavano scritti parecchi versetti al di sopra del seggio, al di sopra della testa del go vernatore

Questo Escrione, nominalmente marito di Pi pa, vien fatto partecipare all'aggiudicazione delle decime di Érbita, come appaltatore di nuovo genere
Herbitenses cum viderent, si ad Aeschrionem pretium resedisset, se ad arbitrium libidinosissimae mulieris spoliatum iri, liciti sunt usque adeo quoad se efficere posse arbitrabantur

Supra adiecit Aeschrio; neque enim metuebat, ne praetore Verre decumana mulier damno adfici posset

Addicitur medimnum viiic, dimidio fere pluris quam superiore anno

Aratores funditus evertebantur, et eo magis quod iam supe rioribus annis adflicti erant ac paene perditi

Intellexit iste ita magno venisse ut amplius ab Herbitensibus exprimi non posset: demit de capite medimna dc, iubet in tabulas pro medimnum viiic referri viid

[XXXIV, 78] Hordei decumas eiusdem agri Docimus emerat
Gli abitanti di orbita, capendo che se l'asta si fosse conclusa con l'aggiudicazione a Escrione essi sarebbero stati spogliati co me più fosse piaciuto da quella donna dissolutissima, con tinuarono quindi a fare offerte più alte fino a che riten nero di potervi far fronte

Ma Escrione offrì di più; non aveva infatti alcun timore che, con un governatore come Verre, potesse subire qualche danno una donna che si fosse messa a riscuotere le decime

L'appalto viene ag giudicato a 8100 medimni, quasi il doppio rispetto al l'anno precedente

Per i coltivatori era la completa ro vina, tanto più che già negli anni precedenti erano stati vessati e ridotti quasi all'indigenza

Verre comprese che il prezzo dell'aggiudicazione era stato così alto che dagli abitanti di Érbita non si poteva cavare di più; toglie dal totale 600 medimni e fa scrivere sul registro 7500 medimni invece di 8100

[XXXIV, 78] Le decime dell'orzo per quel medesimo territorio erano state aggiudicate a Docimo

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Cicerone, In Verrem: 02; 04-76-80

Latino: dall'autore Cicerone, opera In Verrem parte 02; 04-76-80

Hic est Docimus ad quem iste deduxerat Tertiam, Isidori mimi filiam, vi abductam ab Rhodio tibicine

Huius Tertiae plus etiam quam Pipae, plus quam ceterarum, ac prope dicam tantum apud istum in Siciliensi praetura auctoritas potuit quantum in urbana Chelidonis

Veniunt Herbitam duo praetoris aemuli non molesti, muliercularum deterrimarum improbissimi cognitores; incipiunt postulare, poscere, minari; non poterant tamen, cum cuperent, Apronium imitari; Siculi Siculos non tam pertimescebant

Cum omni ratione tamen illi calumniarentur, promittunt Herbitenses vadimonium Syracusas

Eo posteaquam ventum est, coguntur Aeschrioni, hoc est Pipae, tantum dare quantum erat de capite demptum, tritici modium iiidc
Questo Docimo è colui al quale Verre aveva condotto in casa Terzia, figlia del mimo Isidoro, rapita a un suonatore di flauto di Ro di

Questa Terzia aveva ancor più influenza di Pipa, più di tutte le altre, direi quasi che nel governo della Sicilia ebbe su costui tanta influenza quanta ne ebbe Chelidone nella pretura urbana

Arrivano a Érbita i due rivali del governatore, rivali che non gli davano alcuna noia, scelleratissimi rappresentanti di due sgualdrine della peg gior specie; incominciano a chiedere, pretendere, minacciare; non riuscivano però, per quanto impegno vi met tessero, a eguagliare Apronio; i Siciliani, non riuscivano a incutere ai Siciliani altrettanto terrore

Poiché tuttavia si davano un gran da fare a lanciare accuse menzognere, gli abitanti di Érbita offrono garanzia di comparire in giudi zio a Siracusa

Giunti là, sono costretti a dare a Escrione, vale a dire a Pipa, tanto quanto era stato tolto dall'am montare della decima, 3600 moggi di grano
Mulierculae publicanae noluit ex decumis nimium lucri dare, ne forte ab nocturno suo quaestu animum ad vectigalia redimenda transferret

[79] Transactum putabant Herbitenses, cum iste, 'Quid

de hordeo,' inquit, 'et de Docimo, amiculo meo, quid cogitatis

' Atque hoc agebat in cubiculo, iudices, atque in lecto suo

Negabant illi quicquam sibi esse mandatum

'Non audio: numerate HS xii

' Quid facerent miseri, aut quid recusarent

Praesertim cum in lecto decumanae mulieris vestigia viderent recentia, quibus illum inflammari ad perseverandum intellegebant

Ita civitas una sociorum atque amicorum duabus deterrimis mulierculis Verre praetore vectigalis fuit
Verre non volle dare a questa sgualdrina divenuta appaltatrice un compenso extra dalle decime troppo grande, nel timore che potesse venirle in mente di abbandonare la sua fonte notturna di guadagno per mettersi a fare l'appaltatrice delle imposte

[79] Gli abitanti di Érbita pensavano che la transazione fosse conclusa, quando costui: E per l'orzo

dice per il mio carissimo amico Docimo, che cosa pensate di fare

E trattava di ciò, giudici, nella sua camera da letto, e standosene a letto

Quelli dichiara vano che per questo non avevano ricevuto mandato alcu no

Non sento; versatemi qui 12000 sesterzi in contanti

Che cosa potevano fare quegli sventurati, come ri fiutarsi

Tanto più che nel letto vedevano le tracce fresche della donna esattrice delle decime, e capivano che esse stimolavano Verre a insistere nella sua richiesta

Fu così che una città di alleati e amici divenne tributaria, sotto il governo di Verre, di due fra le peggiori sgualdrine

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Atque ego nunc eum frumenti numerum et eas pecunias publice decumanis ab Herbitensibus datas esse dico; quo illi frumento et quibus pecuniis tamen ab decumanorum iniuriis civis suos non redemerunt

Perditis enim iam et direptis aratorum bonis, haec decumanis merces dabatur ut aliquando ex eorum agris atque ex urbibus abirent

[80] Itaque cum Philinus Herbitensis, homo disertus et prudens et domi nobilis, de calamitate aratorum et de fuga et de reliquorum paucitate publice diceret, animadvertistis, iudices, gemitum populi Romani, cuius frequentia huic causae numquam defuit

[XXXV]Qua de paucitate aratorum alio loco dicam: nunc illud quod praeterii non omnino relinquendum videtur
Ed io ora sostengo che tutto quel frumento, tutto quel denaro fu consegnato agli esattori delle decime dagli abi tanti di Érbita per conto della loro città; e tuttavia, pur con tutto quel frumento e tutto quel denaro, essi non riu scirono a liberare i loro concittadini dai soprusi degli esattori

I beni dei coltivatori infatti erano ormai stati di strutti e rapinati: questo compenso era pagato agli esat tori per ottenere che se ne andassero una buona volta dalle loro terre e dalle loro città

[80] E perciò, mentre Filino di Érbita, un uomo eloquente e saggio e nobile nel la sua patria, faceva la sua deposizione a nome della cit tà, parlando della sventura abbattutasi sui coltivatori, della loro fuga dai campi, di quanto pochi ne fossero ri masti, voi avete inteso, giudici, le esclamazioni indignate del popolo romano, che non ha mai mancato di assistere in folla a questo processo

[XXXV]Dello scarso numero dei colti vatori rimasti parlerò più avanti:ora ritengo di non dover del tutto tralasciare un argo mento sul quale fino a ora non mi sono soffermato

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Cicerone, De Oratore: Libro 01; 06-10

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