Cicerone, De Natura deorum: Libro 03; 16-20

Cicerone, De Natura deorum: Libro 03; 16-20

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Natura deorum parte Libro 03; 16-20

XVI [40] Haec igitur indocti; quid vos philosophi, qui meliora

Omitto illa, sunt enim praeclara: sit sane deus ipse mundus

Hoc credo illud esse 'sublime candens, quem invocant omnes Iovem'

Quare igitur pluris adiungimus deos

Quanta autem est eorum multitudo: mihi quidem sane multi videntur; singulas enim stellas numeras deos eosque aut beluarum nomine appellas, ut Capram, ut Nepam, ut Taurum, ut Leonem, aut rerum inanimarum, ut Argo, ut Aram, ut Coronam

[41] Sed ut haec concedantur, reliqua qui tandem non modo concedi, sed omnino intellegi possunt

Cum fruges Cererem, vinum Liberum dicimus, genere nos quidem sermonis utimur usitato, sed ecquem tam amentem esse putas, qui illud, quo vescatur, deum credat esse
XVI [40] Queste le credenze di chi noti ha cultura; e voi filosofi che fate di meglio

Lasciamo pure da parte quelle affrmazioni, sono indubbiamente di elevato valore; ammettiamo pure che il mondo sia un dio

Sono anche disposto ad ammettere che esista quell'essere " che in alto risplende e che tutti chiamano Giove "

Ma perché allora oltre a questo dio ricorriamo a tutta una serie di divinità

E quanto elevato è il loro numero: per me sono decisamente troppi; tu annoveri fra gli dèi tutte le stelle, una per una, e le chiami o col nome di un animale come la Capra, lo Scorpione, il Toro, il Leone, o col nome di esseri inanimati quali l'Argo, l'Altare, la Corona

[41] Ma ammettiamo pure che tutto ciò sia vero, come è possibile, però, non dico accettare ma anche solo comprendere tutto il resto

Quando chiamiamo Cerere le messi e Libero il vino usiamo un modo di dire, ma pensi davvero che ci possa essere qualcuno tanto pazzo di ritenere che sia un dio ciò che egli mangia
Nam quos ab hominibus pervenisse dicis ad deos, tu reddes rationem, quemadmodum id fieri potuerit aut cur fieri desierit, et ego discam libenter; quomodo nunc quidem est, non video, quo pacto ille, cui 'in monte Oetaeo inlatae lampades' fuerint, ut ait Accius, 'in domum aeternam patris' ex illo ardore pervenerit; quem tamen Homerus apud inferos conveniri facit ab Ulixe sicut ceteros, qui excesserant vita

[42] Quamquam quem potissimum Herculem colamus, scire sane velim; pluris enim tradunt nobis ii, qui interiores scrutantur et reconditas litteras, antiquissimum Iove natum sed item Iove antiquissimo, nam Ioves quoque pluris in priscis Graecorum litteris invenimus: ex eo igitur et Lysithoe est is Hercules, quem concertavisse cum Apolline de tripode accepimus
Quanto agli uomini divinizzati tu dovrai spiegarmi come un simile fenomeno sia potuto avvenire o come mai non avvenga più, ed io lo apprenderò volentieri; allo stato attuale delle cose non vedo proprio come l'eroe " cui torce sul monte Eta - sono parole di Accio - venner recate " abbia potuto da quel rogo ardente trasferirsi " nella casa eterna del padre " : eppure Omero lo fa incontrare agli inferi con Ulisse non diversamente dagli altri morti

[42] Inoltre vorrei sapere proprio quale sia l'Ercole che noi veneriamo : coloro che hanno esplorato a fondo i misteri della letteratura specializzata ce ne tramandano molti , che il più antico sarebbe il figlio di Giove e, occorre precisare, del più antico fra gli dèi di questo nome ché, nella tradizione letteraria greca, non si parla di un solo Giove ma di parecchi;da questa antichissima divinità recante il nome di Giove e da Lisitoe sarebbe dunque nato quell'Ercole che, come ci è stato tramandato, ebbe una rissa con Apollo a proposito di un tripode
Alter traditur Nilo natus Aegyptius, quem aiunt Phrygias litteras conscripsisse

Tertius est ex Idaeis Digitis; cui inferias adferunt Cretes

Quartus Iovis est et Asteriae, Latonae sororis, qui Tyri maxime colitur, cuius Carthaginem filiam ferunt; quintus in India, qui Belus dicitur, sextus hic ex Alcmena, quem Iuppiter genuit, sed tertius Iuppiter, quoniam, ut iam docebo, pluris Ioves etiam accepimus

XVII [43] Quando enim me in hunc locum deduxit oratio, docebo meliora me didicisse de colendis dis inmortalibus iure pontificio et more maiorum capedunculis his, quas Numa nobis reliquit, de quibus in illa aureola oratiuncula dicit Laelius, quam rationibus Stoicorum
Di un secondo Ercole si tramanda che sarebbe stato un egiziano, figlio del Nilo e che sarebbe stato lui a compilare le Lettere Frigiesi

Un terzo Ercole avrebbe fatto parte dei Dattili Frigi e a lui si tributano onori funebri

Un quarto Ercole è figlio di Giove e di Asteria, sorella di Latona che è venerato soprattutto a Tiro e gli attribuiscono una figlia, Cartagine; un quinto è quello che in India chiamano Belos, il sesto è il nostro Ercole, quello che Giove generò da Alcmena, ma trattasi del terzo Giove: come chiarirò anche di Giovi la tradizione ne annovera parecchi

XVII [43] Poiché siamo venuti a parlare di questo argomento ci tengo a dichiarare che nel culto divino, nel diritto pontificale e nella nostra tradizione religiosa ho ricevuto migliori insegnamenti da quei vasetti sacrificali che Numa ci ha lasciati e di cui parla Lelio in quei suo aureo breve discorso, che dalle argomentazioni degli Stoici

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Latino: dall'autore Cicerone, opera De Natura deorum parte Libro 01; 01-05

Si enim vos sequar, dic, quid ei respondeam, qui me sic roget: 'Si di sunt, suntne etiam Nymphae deae

Si Nymphae, Panisci etiam et Satyri; hi autem non sunt; ne Nymphae quidem igitur

At earum templa sunt publice vota et dedicata

Ne ceteri quidem ergo di, quorum templa sunt dedicata

Age porro: Iovem et Neptunum deum numeras; ergo etiam Orcus frater eorum deus, et illi, qui fluere apud inferos dicuntur, Acheron, Cocytus, Pyriphlegethon; tum Charon, tum Cerberus di putandi

[44] At id quidem repudiandum; ne Orcus quidem igitur; quid dicitis ergo de fratribus
Se seguissi voi,dì, cosa dovrei rispondere ad uno che mi chiedesse: " Se sono dèi sono dunque dee anche le Ninfe

" E' un fatto che se lo sono le Ninfe debbono esserlo anche i Pani e i Satiri: ma poiché costoro non lo sono non possono esserlo neppure le Ninfe

Eppure ci sono templi pubblicamente dedicati alle Ninfe

Non saranno quindi dèi neppure tutti gli altri che posseggono templi loro dedicati

E non basta: tu annoveri fra gli dèi Giove e Nettuno; quindi sarà un dio anche l'Orco in quanto loro fratello nonché tutti i fiumi che si dice scorrano agli inferi quali l'Acheronte, il Cocito, il Flegetonte e anche Caronte e Cerbero dovremo considerare alla stregua di divinità

[44] Ma poiché questo è inammissibile non sarà un dio di conseguenza neppure l'Orco; ma che dire allora dei suoi fratelli
' Haec Carneades aiebat, non ut deos tolleret quid enim philosopho minus conveniens , sed ut Stoicos nihil de dis explicare convinceret; itaque insequebatur: 'Quid enim', aiebat, 'si hi fratres sunt in numero deorum, num de patre eorum Saturno negari potest, quem volgo maxime colunt ad occidentem

Qui si est deus, patrem quoque eius Caelum esse deum confitendum est

Quod si ita est, Caeli quoque parentes di habendi sunt Aether et Dies eorumque fratres et sorores, qui a genealogis antiquis sic nominantur Amor, Dolus, Metus, Labor, Invidentia, Fatum, Senectus, Mors, Tenebrae, Miseria, Querella, Gratia, Fraus, Pertinacia, Parcae, Hesperides, Somnia; quos omnis Erebo et Nocte natos ferunt

Aut igitur haec monstra probanda sunt aut prima illa tollenda
Questo diceva Carneade non già però per togliere di mezzo gli dèi (che cosa v'è che meno si addica ad un filosofo) bensì per dimostrare che gli Stoici non chiariscono affatto il problema degli dèi: quindi così proseguiva: "Se questi fratelli fanno parte degli dèi come negare la divinità al padre loro Saturno tanto venerato nelle regioni occidentali

E se Saturno è un dio bisogna ammettere che sia un dio anche suo padre il Cielo

E quindi, ammesso questo, che siano altrettanti dèi anche i genitori del Cielo, l'Etere e il Giorno e tutti i suoi fratelli e le sue sorelle che nelle antiche genealogie prendono i nomi di Amore, Inganno, Misura, Lavoro, Invidia, Fato, Vecchiaia, Morte, Tenebre, Miseria, Querela, Gratitudine, Frode, Pertinacia, Parche, Esperidi, Sogni, tutte divinità che dicono figlie dell'Erebo e della Notte

O si ammettono tutti questi esseri mostruosi, o si eliminano anche gli altri

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Latino: dall'autore Cicerone, opera De Natura deorum parte Libro 02; 61-67

XVIII [45] Quid Apollinem, Volcanum, Mercurium, ceteros deos esse dices, de Hercule, Aesculapio, Libero, Castore, Polluce dubitabis

At hi quidem coluntur aeque atque illi, apud quosdam etiam multo magis

Ergo hi dei sunt habendi mortalibus nati matribus

Quid Aristaeus, qui olivae dicitur inventor, Apollinis filius, Theseus, qui Neptuni, reliqui, quorum patres di, non erunt in deorum numero

Quid quorum matres

Opinor etiam magis; ut enim iure civili, qui est matre libera, liber est, item iure naturae, qui dea matre est, deus sit necesse est

Itaque Achillem Astypalenses insulani sanctissume colunt; qui si deus est, et Orpheus et Rhesus di sunt, Musa matre nati; nisi forte maritumae nuptiae terrenis anteponuntur
XVIII [45] Sosterrai dunque la divinità di Apollo, di Vulcano, di Mercurio e di tutti gli altri dèi per poi esprimere dei dubbi circa quella di Ercole, Esculapio, Libero, Castore e Polluce

Ma questi ultimi sono venerati allo stesso modo dei primi e c'è chi tributa loro un culto anche maggiore

Essi, pertanto, anche se nati da madri mortali, vanno considerati come degli dèi

Come giudicare allora Aristeo, il figlio di Apollo che dicono abbia scoperto l'ulivo, come giudicare Teseo, figlio di Nettuno, e tutti gli altri personaggi che ebbero un dio come padre, non fanno anch'essí parte degli dèi

E quelli che ebbero una dea come madre

Certo ne fanno parte a maggior ragione; se è vero che secondo il diritto civile il figlio di madre libera è anch'egli di condizione libera, secondo il diritto naturale il figlio di una dea è necessariamente un dio

Così gli abitanti dell'isola di Astipalea venerano Achille con grande devozione; e se Achille è un dio lo sono anche Orfeo e Reso in quanto figli di una Musa: a meno che non si antepongano nozze marine a nozze terrestri
Si hi di non sunt, quia nusquam coluntur, quomodo illi sunt

' [46] Vide igitur, ne virtutibus hominum isti honores habeantur, non immortalitatibus; quod tu quoque, Balbe, visus es dicere

Quomodo autem potes, si Latonam deam putas, Hecatam non putare, quae matre Asteria est sorore Latonae

An haec quoque dea est

Vidimus enim eius aras delubraque in Graecia

Sin haec dea est, cur non Eumenides

Quae si deae sunt, quarum et Athenis fanumst et apud nos, ut ego interpretor, lucus Furinae, Furiae deae sunt, speculatrices, credo, et vindices facinorum et sceleris
Se questi ultimi non sono dèi poiché non esiste alcun luogo in cui venga loro tributato un culto, come potranno esserlo i primi

[46] Bada che questi onori non vengano attribuiti alle virtù di esseri umani anziché alla loro immortalità; e mi sembra che anche tu dicessi questo, caro Balbo

Se consideri Latona una dea come puoi non fare altrettanto per Ecate che è figlia di Asteria, una sorella di Latona

E' dunque una dea anche costei

Si direbbe di sì, dal momento che in Grecia abbiamo visto altari e templi a lei consacrati

E se costei è una dea, perché non dovrebbero esserlo anche le Eumenidi

E se lo sono le Eumenidi, che in Atene hanno un tempio ad esse consacrato e qui da noi - per quanto io penso di poter ritenere - il bosco di Furina, sono dee anche le Furie, osservatrici e punitrici dei delitti e delle scelleratezze

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[47] Quodsi tales dei sunt, ut rebus humanis intersint, Natio quoque dea putanda est, cui, cum fana circumimus in agro Ardeati, rem divinam facere solemus; quae quia partus matronarum tueatur, a nascentibus Natio nominata est

Ea si dea est, di omnes illi, qui commemorabantur a te, Honos, Fides, Mens, Concordia, ergo etiam Spes, Moneta omniaque, quae cogitatione nobismet ipsis possumus fingere

Quod si verisimile non est, ne illud quidem est, haec unde fluxerunt

XIX Quid autem dicis, si di sunt illi, quos colimus et accepimus, cur non eodem in genere Serapim Isimque numeremus

Quod si facimus, cur barbarorum deos repudiemus

Boves igitur et equos, ibis, accipitres, aspidas, crocodilos, pisces, canes, lupos, faelis, multas praeterea beluas in deorum numerum reponemus
[47] Ché se poi gli dèi intervengono nelle vicende umane si dovrà considerare come una divinità anche la Nascita cui siam soliti sacrificare quando nell'agro ardeatino facciamo il giro dei santuari: trattasi di una divinità che protegge i parti delle matrone e che trae appunto il nome dall'atto del nascere

Orbene, se la Nascita è una divinità sono dèi anche tutti quelli da te ricordati: l'Onore, la Fede, la Mente, la Concordia, nonché la Speranza e la Moneta, tutte le entità, insomma, che noi riusciamo a concepire nel nostro pensiero

Sennonché tale conclusione è inverosimile e, di conseguenza, cade anche il punto di partenza di tutte queste considerazioni

XIX Se sono dèi quelli di cui ci è stato trasmesso il culto, perché non dovremmo annoverare nella stessa categoria anche Serapide ed Iside

E ammesso che facciamo questo, perché ripudiare gli dèi delle genti straniere

Porremo dunque fra gli dèi i buoi ed i cavalli, le ibis, gli sparvieri, i serpenti, i coccodrilli, i pesci, i cani, i lupi, i gatti e molte altre bestie
Quae si reiciamus, illa quoque, unde haec nata sunt, reiciemus

[48] Quid deinde, Ino dea ducetur et Leukothea a Graecis, a nobis Matuta dicetur, cum sit Cadmi filia, Circe autem er Pasiphae et Aeeta e Perseide Oceani filia natae patre Sole in deorum numero non habebuntur

Quamquam Circen quoque coloni nostri Cercienses religiose colunt

Ergo hanc deam ducis: quid Medeae respondebis, quae duobus dis avis, Sole et Oceano, Aeeta patre, matre Idyia procreata est, quid huius Absyrto fratri qui est apud Pacuvium Aegialeus, sed illud nomen veterum litteris usitatius

Qui si di non sunt, vereor, quid agat Ino; haec enim omnia ex eodem fonte fluxerunt

[49] An Amphiataus erit deus et Trophonius
Respingendo queste, dovremmo respingere anche le altre divinità da cui esse hanno tratto origine

[48] E poi perché Ino, benché figlia di Cadmo, sarà considerata una divinità prendendo il nome di Leucotea in Grecia e di Matuta da noi, e non si annovereranno invece fra gli dèi né Circe, né Pasifae né Ecta benché nati da Perseide, figlia dell'Oceano, e dal Sole

Anche a Circe, è vero, i nostri coloni Circeiensi tributano un culto religioso

Dovremo per questo, allora, considerarla come una dea: che cosa potrai rispondere a Medea che vanta come nonni due divinità, il Sole e l'Oceano e che ebbe Ecta come padre e Idia come madre-che cosa potrai rispondere al di lei fratello Apsitto che in Pacuvio è Egialeo, ma l'altro nome è il più usato dagli antichi scrittori

Se questi non sono dèi, non so proprio cosa ci stia a fare Ino: l'origine è la stessa

[49] Sono forse dei Anfiarao e Trofonio

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Nostri quidem publicani, cum essent agri in Boeotia deorum inmortalium excepti lege censoria, negabant inmortalis esse ullos, qui aliquando homines fuissent

Sed si sunt hi di, est certe Erectheus, cuius Athenis et delubrum vidimus et sacerdotem

Quem si deum facimus, quid aut de Codro dubitare possumus aut de ceteris, qui pugnantes pro patriae libertate ceciderunt

Quod si probabile non est, ne illa quidem superiora, unde haec manant, probanda sunt

[50] Atque in plerisque civitatibus intellegi potest augendae virtutis gratia, quo libentius rei publicae causa periculum adiret optimus quisque, virorum fortium memoriam honore deorum immortalium consecratam
I nostri appaltatori delle imposte, a dire il vero, poiché in Beozia in base al contratto coi censori erano esentati dalle gabelle i territori di proprietà degli dèì immortali, sostenevano che non poteva essere immortale chi a suo tempo fosse stato un uomo

Ad ogni modo, però, se coloro sono delle divinità lo sarà certamente anche Eretteo di cui vedemmo in Atene il tempio ed il sacerdote

E se facciamo di lui un dio, che ragione avremo di dubitare della divinità di Codro e di tutti coloro che caddero combattendo per la libertà della patria

Se queste ultime considerazioni sono inaccettabili non si potranno neppure accettare le premesse da cui derivano

[50] E' del resto comprensibile che quasi tutte le città, allo scopo di incrementare il valore e di far si che i cittadini migliori affrontassero con maggior slancio il pericolo per il bene della patria, rendessero alla memoria dei loro eroi lo stesso culto che si tributa agli dèi immortali

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