Cicerone, De Domo sua: 31 - 35

Cicerone, De Domo sua: 31 - 35

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Domo sua parte 31 - 35

[31] Qua re istam orationem qua es usus omittas licet, post illam sententiam quam dixeram de annona pontificum animos esse mutatos; proinde quasi isti aut de Cn Pompeio aliter atque ego existimo sentiant, aut quid mihi pro exspectatione populi Romani, pro Cn Pompei meritis erga me, pro ratione mei temporis faciendum fuerit ignorent, aut etiam, si cuius forte pontificis animum, quod certo scio aliter esse, mea sententia offendit, alio modo sit constituturus aut de religione pontifex aut de re publica civis quam eum aut caerimoniarum ius aut civitatis salus coegerit [31] Per la qual cosa conviene che tu lasci da parte questo ragionamento che hai fatto, cioè che dopo che io espressi quel mio parere sullapprovvigionamento,gli animi dei pontefici fossero cambiati; come se essi o la pensino su Gneo Pompeo diversamente da come la penso io o che non sappiano quello che mi converrebbe fare per le aspettative del popolo romano, per i benefici di Gneo Pompeo verso di me, per le circostanze della mia situazione, o anche se la mia opinione per caso offese lanimo di qualche pontefice, cosa che però so che non è, sia il pontefice avrà modo di disporre sulla religione, sia il cittadino sullo Stato, in modo diverso da quello a cui lo ha costretto il diritto del culto o la salvezza della città
[32] Intellego, pontifices, me plura extra causam dixisse quam aut opinio tulerit aut voluntas mea; sed cum me purgatum vobis esse cuperem, tum etiam vestra in me attente audiendo benignitas provexit orationem meam Mi accorgo, o pontefici, di aver detto molte più cose non inerenti alla causa di quanto la mia opinione e la mia volontà volessero riferire; ma il desiderio di essere scusato da voi, e anche la vostra benevolenza nellascoltarmi con attenzione hanno protratto il mio discorso
Sed hoc compensabo brevitate eius orationis quae pertinet ad ipsam causam cognitionemque vestram; quae cum sit in ius religionis et in ius rei publicae distributa, religionis partem, quae multo est verbosior, praetermittam, de iure rei publicae dicam Ma lo compenserò con la brevità di quel discorso che è pertinente alla stessa causa e alla vostra inchiesta; e poichè essa verte sia sul diritoo della religione sia sul diritto dello Stato, tralascerò la parte della religione, che è molto più prolissa e discuterò del diritto dello Stato

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Cicerone, De Domo sua: 131 - 147
Cicerone, De Domo sua: 131 - 147

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Domo sua parte 131 - 147

[33] Quid est enim aut tam adrogans quam de religione, de rebus divinis, caerimoniis, sacris pontificum conlegium docere conari, aut tam stultum quam, si quis quid in vestris libris invenerit, id narrare vobis, aut tam curiosum quam ea scire velle de quibus maiores nostri vos solos et consuli et scire voluerunt [33] Che cosa è infatti tanto arrogante quanto il tentare di istruire il collegio dei pontefici sulla religione, sulle cose divine, sulle cerimonie, sui riti, o tanto stolto, se qualcuno abbia trovato qualcosa nei vostri libri, quanto raccontarlo a voi, o tanto indiscreto quanto il voler essere istruito in quelle cose che i nostri antenati hanno voluto che foste istruiti e consultati solo voi
Nego potuisse iure publico, legibus iis quibus haec civitas utitur, quemquam civem ulla eius modi calamitate adfici sine iudicio: hoc iuris in hac civitate etiam tum cum reges essent dico fuisse, hoc nobis esse a maioribus traditum, hoc esse denique proprium liberae civitatis, ut nihil de capite civis aut de bonis sine iudicio senatus aut populi aut eorum qui de quaque re constituti iudices sint detrahi possit Nego che qualsiasi cittadino, per il diritto pubblico, in vigore di quelle leggi che sono in uso in questa città, abbia potuto essere posto in una tale calamità senza giudizio: dico che in questa città anche quando cerano i re ciò è stato proprio del diritto, ciò ci è stato tramandato dagli antenati, ciò è proprio infine di una città libera, di modo che non si può sottrarre niene, o la vita o i beni, senza il giudizio del senato o del popolo o di coloro che sono ordinati giudici nelle cause

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[34] Non videsne me radicitus evellere omnes actiones tuas neque illud agere, quod apertum est, te omnino nihil gessisse iure, non fuisse tribunum plebis, hodie esse patricium [34] Non vedi che io posso smantellare dalle radici tutte le tue azioni e che non tratto tutto quello che è manifesto, cioè che tu non hai fatto mai niente secondo il diritto, che non sei stato tribuno della plebe e che oggi sei un patrizio
Dico apud pontifices, augures adsunt: versor in medio iure publico Lo dico davanti ai pontefici, si trovano presenti gli auguri: mi trovo al centro del diritto pubblico

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