Cicerone, De divinationes: Libro 01 - Parte 03, pag 6

Cicerone, De divinationes: Libro 01 - Parte 03

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 01 - Parte 03

Nam non placet Stoicis singulis iecorum fissis aut avium cantibus interesse deum (neque enim decorum est nec dis dignum nec fieri ullo pacto potest), sed ita a principio incohatum esse mundum, ut certis rebus certa signa praecurrerent, alia in extis, alia in avibus, alia in fulgoribus, alia in ostentis, alia in stellis, alia in somniantium visis, alia in furentium vocibus

Ea quibus bene percepta sunt, ii non saepe falluntur; male coniecta maleque interpretata falsa sunt non rerum vitio, sed interpretum inscientia

Hoc autem posito atque concesso, esse quandam vim divinam hominum vitam continentem, non difficile est, quae fieri certe videmus, ea qua ratione fiant suspicari
Gli stoici non ammettono che la divinità si occupi delle singole fenditure del fegato delle tante vittime o dei singoli canti degli uccelli (ciò non sarebbe decoroso né degno degli dèi né possibile in alcun modo), ma ritengono che il mondo sia stato formato fin dall'inizio in modo che determinati eventi fossero precorsi da determinati segni, alcuni nelle viscere, altri nel volo degli uccelli, altri nei fulmini, altri nei prodigi, altri negli astri, altri nelle visioni in sogno, altri ancora nelle grida degli invasati

Coloro che sanno comprendere bene questi segni, di rado s'ingannano; le profezie e le interpretazioni compiute inesattamente vanno a vuoto non per difetto della realtà, ma per imperizia degli interpreti

Posto e concesso questo principio, che esiste una forza divina la quale dà regola alla vita umana, non è difficile supporre in che modo avvengano quelle cose che, come vediamo, avvengono senza dubbio
Nam et ad hostiam deligendam potest dux esse vis quaedam sentiens, quae est toto confusa mundo, et tum ipsum, cum immolare velis, extorum fieri mutatio potest, ut aut absit aliquid aut supersit; parvis enim momentis multa natura aut adfingit aut mutat aut detrahit

Quod ne dubitare possimus, maximo est argumento quod paulo ante interitum Caesaris contigit

Qui cum immolaret illo die quo primum in sella aurea sedit et cum purpurea veste processit, in extis bovis opimi cor non fuit

Num igitur censes ullum animal, quod sanguinem habeat, sine corde esse posse

Qua ille rei [non est] novitate perculsus, cum Spurinna diceret timendum esse ne et consilium et vita deficeret: earum enim rerum utramque a corde proficisci

Postero die caput in iecore non fuit
Per esempio, a scegliere una vittima può esserci guida un intelletto divino che pervade tutto il mondo; e proprio nell'istante in cui stai per immolare la vittima può avvenire nelle sue viscere un mutamento, in modo che qualcosa manchi o sia di troppo: bastano alla natura pochi istanti per aggiungere o mutare o togliere qualcosa

A impedirci di dubitare di ciò, una prova decisiva è data da quel che accadde poco prima della morte di Cesare

Quando compi un sacrificio in quel giorno in cui per la prima volta sedette su un seggio dorato e si mostrò in pubblico con una veste purpurea, tra le viscere della vittima, che era un bove ben pasciuto, non si trovò il cuore

Credi dunque che possa esistere un animale dotato di sangue che non abbia il cuore

Dalla stranezza di questo fatto egli ;non fu sbigottito, sebbene Spurinna gli dicesse che c'era da temere che egli perdesse il senno e la vita: l'uno e l'altra, infatti, hanno origine dal cuore

Il giorno dopo, in un'altra vittima non si trovò la parte superiore del fegato
Quae quidem illi portendebantur a dis irnmortalibus ut videret interitum, non ut caveret

Cum igitur eae partes in extis non reperiuntur, sine quibus victuma illa vivere nequisset, intellegendum est in ipso immolationis tempore eas partes, quae absint, interisse

Eademque efficit in avibus divina mens, ut tum huc, tum illuc volent alites, tum in hac, tum in illa parte se occultent, tum a dextra, tum a sinistra parte canant oscines

Nam si animal omne, ut vult, ita utitur motu sui corporis, prono, obliquo, supino, membraque quocumque vult flectit, contorquet, porrigit, contrabit eaque ante efficit paene quam cogitat, quanto id deo est facilius, cuius numini parent omnia
Questi segni gli erano mandati dagli dèi immortali perché prevedesse la propria morte, non perché la evitasse

Dunque, quando nelle viscere non si trovano quelle parti senza le quali l'animale destinato al sacrificio non avrebbe potuto vivere, bisogna concluderne che le parti mancanti sono scomparse nel momento stesso in cui vien compiuto il sacrificio

E lo spirito divino produce analoghi effetti sugli uccelli, in modo che gli alati volino ora in una direzione ora in un'altra, si nascondano ora in un luogo ora in un altro, e gli uccelli profetici cantino ora da destra ora da sinistra

Ché se ogni animale muove il proprio corpo a suo piacimento, mettendosi ora prono, ora di fianco, ora supino, e piega, contorce, stende, contrae le membra in ogni direzione da lui voluta, e spesso esegue questi movimenti, si può dire, prima ancora di averci pensato, quanto più facile dev'essere ciò alla divinità, al cui volere tutto obbedisce

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Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 05

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 02 - Parte 05

Idemque mittit et signa nobis eius generis qualia permulta historia tradidit, quale scriptum illud videmus: si luna paulo ante solis ortum defecisset in signo Leonis, fore ut armis Dareus et Persae ab Alexandro et Macedonibus [proelio] vincerentur Dareusque moreretur; et si puella nata biceps esset, seditionem in populo fore, corruptelam et adulterium domi; et si mulier leonem peperisse visa esset, fore, ut ab exteris gentibus vinceretur ea res publica, in qua id contigisset

Eiusdem generis etiam illud est quod scribit Herodotus, Croesi filium, cum esset infans, locutum; quo ostento regnum patris et domum funditus concidisse

Caput arsisse Servio Tullio dormienti quae historia non prodidit
anche la divinità quella che ci invia quei segni che in grandissimo numero ci tramanda la storia: ad esempio leggiamo profezie come queste: se la luna avesse avuto un'eclissi poco prima che il sole sorgesse nella costellazione del Leone, Dario e i persiani sarebbero stati sconfitti in guerra da Alessandro coi suoi macedoni e Dario sarebbe morto; se fosse nata una bambina con due teste, vi sarebbero state sommosse popolari, corruzioni e adulteri nelle famiglie; se una donna avesse sognato di partorire un leone, lo Stato in cui ciò fosse avvenuto avrebbe subìto una sconfitta da un popolo straniero

Dello stesso tipo è anche il fatto narrato da Erodoto, che il figlio di Creso si mise a parlare mentre prima era muto: per il qual prodigio il regno di suo padre e la dinastia andarono del tutto in rovina

Che a Servio Tullio, mentre dormiva, brillò una fiamma sulla testa, quale storia non lo racconta
Ut igitur qui se tradidit quieti praeparato animo cum bonis, cogitationibus, tum rebus ad tranquillitatem adcommodatis, certa et vera cernit in somnis, sic castus animus purusque vigilantis et ad astrorum et ad avium reliquorumque signorum et ad extorum veritatem est paratior

Hoc nimirum est ffiud, quod de Socrate accepimus, quodque ab ipso in libris Socraticorum saepe dicitur: esse divinum quiddam, quod daimo nion appellat, cui semper ipse paruerit numquam impellenti, saepe revocanti

Et Socrates quidem (quo quem auctorem meliorem quaerimus
Come, dunque, chi si abbandona al sonno con animo ben preparato sia da buoni pensieri, sia da cibi che predispongono alla tranquillità, vede in sogno cose certe e vere, così l'anima di chi, nella veglia, si mantiene casto e puro è meglio disposta a cogliere la verità insita negli astri, nel volo degli uccelli e negli altri segni, nonché nelle viscere degli animali

Questo è appunto ciò che sappiamo riguardo a Socrate e che egli stesso dice in tanti passi delle opere dei suoi discepoli: che in lui c'era qualcosa di divino, da lui chiamato dèmone, al quale egli sempre obbediva, e che non lo sospingeva mai a fare qualcosa, ma spesso lo distoglieva

E proprio Socrate (della cui autorità quale altra potrebb'essere migliore

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) Xenophonti consulenti sequereturne Cyrum, posteaquam exposuit quae ipsi videbantur, Et nostrum quidem, inquit, humanum est consilium; sed de rebus et obscuris et incertis ad Apollinem censeo referundum, ad quem etiam Athenienses publice de maioribus rebus semper rettulerunt

Scriptum est item, cum Critonis, sui familiaris, oculum adligatum vidisset, quaesivisse quid esset; cum autem ille respondisset in agro ambulanti ramulum adductum, ut remissus esset, in oculum suum recidisse, tum Socrates: 'Non enim paruisti mihi revocanti, cum uterer, qua soleo, praesagatione divina

Idem etiam Socrates, cum apud Delium male pugnatum esset Lachete praetore fugeretque cum ipso Lachete, ut ventum est in trivium, eadem, qua ceteri, fugere noluit
), quando Senofonte gli chiese se dovesse andare in guerra al seguito di Ciro, gli espose prima la propria opinione, e poi aggiunse: Il mio è il consiglio di un uomo; ma, trattandosi di cose oscure e incerte, ritengo che si debba ricorrere all'oracolo di Apollo, al quale, anche gli ateniesi ricorrevano sempre per le questioni statali più importanti

Di Socrate si legge anche che, avendo visto un giorno il suo amico Critone con un occhio bendato, gli chiese che cosa gli era successo; Critone gli disse che, mentre passeggiava in campagna, un ramoscello da lui scostato e poi lasciato libero gli era andato a colpire l'occhio; e Socrate: Ecco, non mi hai dato retta quando ti dicevo di non andare in campagna, e te lo dicevo per quell'ammonimento divino che spesso mi viene in aiuto

Ancora Socrate, quando gli ateniesi guidati da Lachete avevano subìto una sconfitta presso Delio, ed egli batteva in ritirata insieme con Lachete, allorché furono giunti a un trivio, non volle prender la strada che prendevano gli altri
Quibus quaerentibus cur non eadem via pergeret, deterreri se a deo dixit; cum quidem ii, qui alia via fugerant, in hostium equitatum inciderunt

Permulta conlecta sunt ab Antipatro, quae mirabiliter a Socrate divinata sunt; quac praetermittam; tibi enim nota sunt, mihi ad commemorandum non necessaria

Illud tamen eius philosophi magnificum ac paene divinum, quod, cum impiis sententiis damnatus esset, aequissimo animo se dixit mori; neque enim domo egredienti neque illud suggestum, in quo causam dixerat, ascendenti signum sibi ullum, quod consuesset, a deo quasi mali alicuius impendentis datum
E siccome quelli gli chiesero perché non seguitava per il loro stesso cammino, rispose che il dèmone lo sconsigliava; e in effetti quelli che avevano proseguito la fuga per l'altra strada si trovarono alle prese con la cavalleria nemica

Antipatro ha raccolto moltissimi casi in cui Socrate dette mirabile prova della sua capacità di prevedere il futuro; io li tralascerò: tu li conosci, io non ho bisogno di rammentarli per il mio scopo

Ma un detto solo, splendido e, direi, divino, voglio ricordare di quel filosofo: condannato da un'empia sentenza, disse che moriva con piena serenità, perché, né quando era uscito di casa, né quando era salito sulla tribuna dalla quale aveva pronunciato la sua difesa, aveva ricevuto dal dèmone alcuno dei soliti segni premonitori di qualche male

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Equidem sic arbitror, etiamsi multa fallant eos, qui aut arte aut coniectura divinare videantur, esse tamen divinationem; homines autem, ut in ceteris artibus, sic in hac posse falli

Potest accidere ut aliquod signum dubie datum pro certo sit acceptum, potest aliquod latuisse aut ipsum aut quod esset illi contrarium

Mihi autem ad hoc, de quo disputo, probandum satis est non modo plura, sed etiam pauciora divine praesensa et praedicta reperiri

Quin etiam hoc non dubitans dixerim, si unum aliquid ita sit praedictum praesensumque, ut, cum evenerit, ita cadat, ut praedictum sit, neque in eo quicquam casu et fortuito factum esse appareat, esse certe divinationem, idque esse omnibus confitendum
Questo è, in verità, il mio parere: sebbene molte volte coloro che hanno fama di indovini esperti nell'osservazione dei segni o nella previsione del futuro cadano in errore, tuttavia la divinazione esiste; gli uomini, del resto, possono sbagliarsi in quest'arte, come in tutte le altre

Può accadere che un segno dato come dubbio sia interpretato come sicuro; può rimanere inosservato un segno, o un altro contrastante col primo

Ma per dimostrare la tesi che io sostengo è sufficiente che si accerti l'esistenza, nemmeno di una maggioranza di previsioni e predizioni avveratesi ma anche solo di una minoranza

Anzi, non esiterei a dire che, se un unico fatto qualsiasi è stato predetto e presentito in modo che, venuti al punto, si verifichi con esatta conformità alla predizione, né in questa coincidenza alcunché possa apparire dovuto al caso, la divinazione esiste senz'altro, e tutti devono ammetterlo
Quocirca primum mihi videtur, ut Posidonius facit, a deo, de quo satis dictum est, deinde a fato, deinde a natura vis omnis divinandi ratioque repetenda

Fieri igitur omnia fato ratio cogit fateri

Fatum autem id appello, quod Graeci e)imarme)nhn , id est ordinem seriemque causarum, cum causae causa nexa rem ex se gignat

Ea est ex omni aeternitate fluens veritas sempiterna

Quod cum ita sit, nihil est factum quod non futurum fuerit, eodemque modo nihil est futurum cuius non causas id ipsum efficientes natura contineat

Ex quo intellegitur ut fatum sit non id quod superstitiose, sed id quod physice dicitur, causa aeterna rerum, cur et ea, quae praeterierunt, facta sint et, quae instant, fiant et, quae sequuntur, futura sint
Perciò mi sembra che, come fa Posidonio, ogni capacità e maniera di divinare debba essere fatta risalire innanzi tutto alla divinità (riguardo alla quale abbiamo già detto abbastanza), in secondo luogo al fato, in terzo luogo alla natura

Che tutto avvenga per determinazione del fato, la ragione ci costringe ad ammetterlo

Chiamo fato quello che i greci chiamano heimarménè, cioè l'ordine e la serie delle cause, tale che ogni causa concatenata con un'altra precedente produca a sua volta un effetto

Questa è la verità sempiterna, svolgentesi da tutta l'eternità

Stando così le cose, nulla è accaduto che non dovesse accadere, e del pari nulla accadrà le cui cause, destinate a produrre appunto quell'effetto, non siano già presenti nella natura

Da ciò si comprende che il fato è da concepire, non superstiziosamente ma scientificamente, come la causa eterna in virtù della quale le cose passate sono avvenute, le presenti avvengono, le future avverranno

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Ita fit ut et observatione notari possit quae res quamque causam plerumque consequatur, etiamsi non semper (nam id quidem adfirmare difficile est), easdemque causas veri simile est rerum futurarum cerni ab iis qui aut per furorem eas aut in quiete videant

Praeterea, cum fato omnia fiant, id quod alio loco ostendetur, si quis mortalis possit esse, qui conligationem causarum omnium perspiciat animo, nihil eum profecto fallat

Qui enim teneat causas rerum futurarum, idem necesse est omnia teneat quae futura sint

Quod cum nemo facere nisi deus possit, relinquendum est homini, ut signis quibusdam consequentia declarantibus futura praesentiat
Per questo, grazie all'osservazione, da un lato si può nella maggior parte dei casi indicare quale effetto risulterà da una data causa (nella maggior parte dei casi, non sempre, poiché un'affermazione così perentoria sarebbe arrischiata); d'altro lato, è verosimile che le medesime cause degli eventi futuri siano scòrte da coloro che hanno visioni in stato di esaltazione o in sogno

Inoltre, siccome tutto avviene per determinazione del fato, come dimostreremo altrove, se potesse esservi un uomo capace di abbracciare col proprio intelletto l'intera concatenazione delle cause, costui saprebbe certamente tutto

Chi, infatti, conoscesse le cause degli avvenimenti futuri, necessariamente conoscerebbe tutto il futuro

Ma poiché nessuno può far questo tranne la divinità, bisogna che l'uomo si accontenti di prevedere il futuro in base ad alcuni segni che gli indicano ciò che da essi conseguirà

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