Cicerone, De divinationes: Libro 01 - Parte 03, pag 3

Cicerone, De divinationes: Libro 01 - Parte 03

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 01 - Parte 03

Recte omnino; sed non nunc id agitur; fiat necne fiat, id quaeritur: ut si magnetem lapidem esse dicam qui ferrum ad se adliciat et adtrahat, rationem cur id fiat adferre nequeam, fieri omnino neges

Quod idem facis in divinatione, quam et cernimus ipsi et audimus et legimus et a patribus accepimus

Neque ante philosophiam patefactam, quae nuper inventa est, hac de re communis vita dubitavit, et, posteaquam philosophia processit, nemo aliter philosophus sensit, in quo modo esset auctoritas

Dixi de Pythagora, de Democrito, de Socrate, excepi de antiquis praeter Xenophanem neminem, adiunxi veterem Academiam, Peripateticos, Stoicos; unus dissentit Epicurus

Quid vero hoc turpius, quam quod idem nullam censet gratuitam esse virtutem
Curiosità del tutto legittima; ma qui non di questo si tratta: si discute se quei fatti avvengano o no: sarebbe come se, dicendo io che la calamita è una pietra che alletta e attrae a sé il ferro ma non sapendo dire perché ciò avvenga, tu negassi senz'altro il fatto

ciò che fai riguardo alla divinazione, che constatiamo di persona, di cui sentiamo parlare e leggiamo, la cui dottrina ci è giunta dai nostri antenati

E già prima dell'inizio della filosofia, che risale a tempi recenti, l'opinione comune non ebbe alcun dubbio quanto a ciò; e quando si fece avanti la filosofia, nessun filosofo dotato di un minimo di autorità la pensò altrimenti

Ho menzionato Pitagora, Democrito, Socrate; tra i più antichi non ho dovuto far eccezioni per nessuno tranne per Senofane, ho aggiunto l'Accademia antica, i peripatetici, gli stoici; dissente solo Epicureo

Ma che cosa c'è di più turpe del fatto che il medesimo Epicuro sostiene che non esiste alcuna virtù disinteressata
Quis est autem, quem non moveat clarissumis monumentis testata consignataque antiquitas

Calchantem augurem scribit Homerus longe optumum, eumque ducem classium fuisse ad Ilium, - auspiciorum, credo, scientia, non locorum ;Amphilochus et Mopsus Argivorum reges fuerunt, sed iidem augures, iique urbis in ora marituma Ciliciae Graecas condiderunt; atque etiam ante hos Amphiaraus et Tiresias non humiles et obscuri neque eorum similes, ut apud Ennium est, qui sui quaestus causa fictas suscitant sententiassed clari et praestantes viri, qui avibus et signis admoniti futura dicebant; quorum de altero etiam apud inferos Homerus ait solum sapere, ceteros umbrarum vagari modo; Amphiaraum autem sic bonoravit fama Graeciae, deus ut haberetur, atque ut ab eius solo, in quo est humatus, oracla peterentur
Chi, d'altra parte, non rimane impressionato dall'antichità dei fatti testimoniati e garantiti da documenti di gran valore

Omero dice che Calcante fu l'àugure di gran lunga migliore di tutti, e che guidò le navi greche fino a Ilio, grazie alla sua conoscenza degli auspicii, credo bene, non a quella dei luoghi Anfiloco e Mopso furono re degli argivi, ma anche àuguri, e fondarono città greche sulla costa della Cilicia; e ciò fecero prima di loro Anfiarao e Tiresia, non gente bassa e ignota, non simili a quelli di cui parla Ennio, che per bisogno di guadagnare inventano false profezie, ma uomini famosi e valenti, che interpretando il volo degli uccelli e i segni premonitori dicevano il futuro; del secondo di essi Omero dice che anche negl'inferi è l'unico ad aver senno, gli altri errano al pari di ombre; quanto poi ad Anfiarao, la fama acquistatasi presso i greci gli procurò tanto onore, che fu considerato un dio e gli si chiedevano oracoli che emanassero dal suo suolo, là dove era stato sotterrato
Quid, Asiae rex Priamus nonne et Helenum filium et Cassandram filiam divinantes habebat, alterum auguriis, alteram mentis incitatione et permotione divina

Quo in genere Marcios quosdam fratres, nobili loco natos, apud maiores nostros fuisse scriptum videmus

Quid, Polyidum Corinthium nonne Homerus et aliis multa et filio ad Troiam proficiscenti mortem praedixisse commemorat

Omnino apud veteres, qui rerum potiebantur, iidem auguria tenebant; ut enim sapere sic divinare regale ducebant: [ut] testis est nostra civitas, in qua et reges augures et postea privati eodem sacerdotio praediti rem publicam religionum auctoritate rexerunt
E Priamo, il re dell'Asia, non aveva due figli capaci di divinazione, Eleno e Cassandra, il primo mediante gli augurii, l'altra per esaltazione e follìa divina

Profeti di questo secondo genere furono presso di noi in tempi antichi (ne abbiamo menzione scritta) certi fratelli Marcii, di famiglia nobile

E Poliido corinzio, non predisse la morte - lo narra Omero - al figlio che partiva per la guerra di Troia, e molte altre cose ad altri

In generale, nei tempi antichi i sovrani erano anche maestri di arte augurale: consideravano come una dote regale la divinazione al pari della sapienza nel governare; ne è testimone la nostra città, nella quale dapprima furono àuguri i re, poi alcuni privati cittadini, muniti di questa stessa carica sacerdotale, governarono la repubblica con l'autorità promanante dalle credenze religiose

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Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 05
Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 05

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 02 - Parte 05

Eaque divinationum ratio ne in barbaris quidem gentibus neglecta est, siquidem et in Gallia Druidae sunt, e quibus ipse Divitiacum Haeduum hospitem tuum laudatoremque cognovi, qui et naturae rationem, quam fisiologi an Graeci appellant, notam esse sibi profitebatur, et partim auguriis, partim coniectura, quae essent futura dicebat, et in Persis augurantur et divinant magi, qui congregantur in fano commentando causa atque inter se conloquendi, quod etiam idem vos quondam facere Nonis solebatis; nec quisquam rex Persarum potest esse, qui non ante magorum disciplinam scientiamque perceperit

Licet autem videre et genera quaedam et nationes huic scientiae deditas
Questi procedimenti divinatorii non sono trascurati nemmeno dai Barbari;in Gallia vi sono i Druidi: ne ho conosciuto uno anch'io, l'èduo Divizíaco, tuo ospite e ammiratore, il quale dichiarava che gli era nota la scienza della natura, chiamata dai greci physiología, e in parte con gli augurii, in parte con l'interpretazione dei sogni, diceva il futuro; tra i persiani, interpretano gli augurii e profetano i maghi, i quali si riuniscono in un luogo sacro per meditare sulla loro arte e per scambiarsi idee, il che anche voi eravate soliti fare nel giorno delle None; né alcuno può essere re dei persiani se non ha prima appreso la pratica e la scienza dei maghi

facile, d'altronde, vedere famiglie e genti dedite alla divinazione
Telmessus in Caria est, qua in urbe excellit haruspicum disciplina; itemque Elis in Peloponneso familias duas certas habet, lamidarum unam, alteram Clutidarum, haruspicinae nobilitate praestantes

In Syria Chaldaei cognitione astrorum sollertiaque ingeniorum antecellunt

Etruria autem de caelo tacta scientissume animadvertit, eademque interpretatur quid quibusque ostendatur monstris atque portentis

Quocirca bene apud maiores nostros senatus, tum cum florebat imperium, decrevit ut de principum filiis x ex singulis Etruriae populis in disciplinam traderentur, ne ars tanta propter tenuitatem hominum a religionis auctoritate abduceretur ad mercedem atque quaestum
In Caria c'è la città di Telmesso, nella quale l'arte degli arùspici si distingue particolarmente; così pure lide nel Peloponneso ha due determinate famiglie, quella degli Iàmidi e quella dei Clìtidi, famose più di tutte per l'aruspicìna

In Siria i Caldei eccellono per conoscenza degli astri e per acutezza d'interpretazione

L'Etruria conosce profondamente i presagi tratti dai luoghi colpiti dal fulmine, e sa interpretare il significato di ciascun prodigio e di ciascuna apparizione portentosa

Giustamente, perciò, al tempo dei nostri antenati, quando il nostro Stato era in pieno fiore, il senato decretò che dieci figli di famiglie eminenti, scelti ciascuno da una delle genti etrusche, fossero fatti istruire nell'aruspicìna, per evitare che un'arte di tale importanza, a causa della povertà di quelli che la praticavano, scadesse da autorevole disciplina religiosa a oggetto di traffico e di guadagno

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Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 03
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Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 02 - Parte 03

Phryges autem et Pisidae et Cilices et Arabum natio avium significationibus plurimum obtemperant, quod idem factitatum in Umbria accepimus

Ac mihi quidem videntur e locis quoque ipsis, qui a quibusque incolebantur, divinationum opportunitates esse ductae

Etenim Aegyptii et Babylonii in camporum patentium aequoribus habitantes, cum ex terra nihil emineret quod contemplationi caeli officere posset, omnem curam in siderum cognitione posuerunt
Quanto, poi, ai frigi, ai pisidii, ai cilici, al popolo arabo, essi obbediscono scrupolosamente ai segni profetici dati dagli uccelli; e sappiamo che lo stesso è avvenuto per lungo tempo in Umbria

E a me sembra che l'opportunità di praticare i diversi generi di divinazione sia derivata anche dai luoghi che erano abitati dai vari popoli

Gli egiziani e i babilonesi, che abitavano in distese di campi pianeggianti, poiché nessuna altura poteva ostacolare la contemplazione del cielo, posero tutto il loro studio nella conoscenza degli astri
Etrusci autem, quod religione imbuti studiosius et crebrius hostias immolabant, extorum cognitioni se maxume dediderunt, quodque propter aeris crassitudinem de caelo apud eos multa fiebant, et quod ob eandem causam multa invisitata partim e caelo, alia ex terra oriebantur, quaedam etiam ex hominum pecudumve conceptu et satu, ostentorum exercitatissumi interpretes exstiterunt

Quorum quidem vim, ut tu soles dicere, verba ipsa prudenter a maioribus posita declarant : quia enim ostendunt, portendunt, monstrant, praedicunt, ostenta, portenta, monstra, prodigia dicuntur
Gli etruschi, poiché, sommamente religiosi, immolavano vittime con zelo e frequenza particolare, si dedicarono soprattutto all'indagine delle viscere; e siccome, per l'aria pregna di vapori, erano frequenti nella loro patria i fulmini, e per lo stesso motivo si verificavano molti fatti straordinari provenienti in parte dal cielo, altri dalla terra, taluni anche in seguito al concepimento e alla generazione degli esseri umani e delle bestie, acquistarono una grandissima perizia nell'interpretare i prodigi

Il cui significato, come tu sei solito dire, è dimostrato dalle parole stesse foggiate sapientemente dai nostri antenati: poiché fanno vedere, pronosticano,mostrano, predicono , vengono chiamati apparizioni miracolose , portenti , mostri , prodìgi

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Arabes autem et Phryges et Cilices, quod pastu pecudum maxume utuntur, campos et montes hieme et aestate peragrantes, propterea facilius cantus avium et volatus notaverunt; eademque et Pisidiae causa fuit et huic nostrae Umbriae

Tum Caria tota praecipueque Telmesses, quos ante dixi, quod agros uberrumos maximeque fertiles incolunt, in quibus multa propter fecundidatem fingi gignique possunt, in ostentis animadvertendis diligentes fuerunt

Quis vero non videt in optuma quaque re publica plurimum auspicia et reliqua divinandi genera valuisse

Quis rex umquam fuit, quis populus, qui non uteretur praedictione divina

Neque solum in pace, sed in bello multo etiam magis, quo maius erat certamen et discrimen salutis
Gli arabi, i frigi e i cilici, poiché sono soprattutto dediti alla pastorizia, percorrendo le pianure d'inverno e le montagne d'estate, hanno perciò notato più agevolmente i diversi canti e voli degli uccelli; e per lo stesso motivo hanno fatto ciò gli abitanti della Pisidia e quelli di questa nostra Umbria

E ancora, tutti i carii e in particolare gli abitanti di Telmesso, di cui ho detto sopra, siccome vivono in plaghe ricchissime ed estremamente fertili, nelle quali per la fecondità del terreno molte piante e animali possono formarsi e generarsi, osservarono con accuratezza gli esseri abnormi

Chi, del resto, non vede che in ogni Stato bene ordinato gli auspicii e gli altri tipi di divinazione hanno sempre goduto altissimo credito

Quale re c'è mai stato, quale popolo che non ricorresse alle predizioni divine

E questo non solo in tempo di pace, ma anche, molto di più, in guerra, perché tanto maggiore era la posta in giuoco e in più grave rischio la salvezza
Omitto nostros, qui nihil in bello sine extis agunt, nihil sine auspiciis domi [habent auspicia]; externa videamus

Namque et Athenienses omnibus semper publicis consiliis divinos quosdam sacerdotes, quos ma nteij vocant, adhibuerunt, et Lacedaemonii regibus suis augurem adsessorem dederunt, itemque senibus (sic enim consilium publicum appellant) augurem interesse voluerunt, iidemque de rebus maioribus semper aut Delphis oraclum aut ab Hammone aut a Dodona petebant; Lycurgus quidem, qui Lacedaemoniorum rem publicam temperavit, leges suas auctoritate Apollinis Delphici confirma, vit; quas cum vellet Lysander commutare, eadem est prohibitus religione
Lascio da parte i nostri, i quali non intraprendono nulla in guerra senza aver esaminato le viscere, nulla fanno in pace senza aver preso gli auspicii; vediamo gli stranieri

Gli ateniesi in tutte le pubbliche deliberazioni ricorsero sempre a certi sacerdoti divinatori che essi chiamano mánteis, e gli spartani posero a fianco dei loro re un àugure come consigliere, e vollero, parimenti, che un àugure partecipasse alle riunioni degli anziani (così chiamano il consiglio statale); e così pure, in tutte le questioni importanti, chiedevano sempre responsi a Delfi o ad Ammone o a Dodo: Licurgo, che dette la costituzione allo Stato spartano, volle confermare le proprie leggi con l'approvazione di Apollo delfico; e quando Lisandro le volle riformare, ne fu impedito dal divieto del medesimo oracolo

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Atque etiam qui praeerant Lacedaemoniis, non contenti vigilantibus curis, in Pasiphaae fano, quod est in agro propter urbem, somniandi causa excubabant, quia vera quietis oracla ducebant

Ad nostra iam redeo

Quotiens senatus decemviros ad libros ire iussit

Quantis in rebus quamque saepe responsis haruspicum paruit

nam et cum duo visi soles essent, et cum tres lunae, et cum faces, et cum sol nocte visus esset, et cum e caelo fremitus auditus, et cum caelum discessisse visum esset atque in eo animadversi globi

Delata etiam ad senatum labes agri Privernatis, cum ad infinitam altitudinem terra desidisset Apuliaque maximis terrae motibus conquassata esset
Non basta: i governanti degli spartani, non ritenendo sufficienti le cure che davano al governo durante il giorno, andavano a giacere, per procurarsi dei sogni, nel tempio di Pasifae, situato nella campagna vicina a Sparta, perché consideravano veritiere le profezie avute nel sonno

Ecco, ritorno alle cose nostre

Quante volte il senato ordinò ai decemviri di consultare i libri sibillini

In quanto importanti e numerose occasioni obbedì ai responsi degli arùspici

Ogni volta che si videro due soli, e tre lune, e fiamme nell'aria; ogni volta che il sole apparve di notte, e giù dal cielo si sentirono dei rumori sordi e sembrò che la volta celeste si fendesse, e in essa apparvero dei globi

Fu anche annunziato al senato il franamento del territorio di Priverno, quando la terra s'abbassò fino ad una profondità immensa e la Puglia fu squassata da violentissimi terremoti

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