Il giovane Apollo, avvolto in un'aureola ardente, guida il carro d'oro del Sole, trainato da quattro cavalli, che allineati in un unico volume, spiccano un balzo leggero nell'aria, e portano sulla Terra la luce del nuovo giorno. L'Aurora precede la corsa del Sole; è avvolta di veli leggeri, che spiccano sul cubo violetto delle nubi e riflettono il bianco luminoso della luce nascente, l'arancio delicato dei primi raggi.
L'Aurora caccia verso destra l'oscurità della notte e su paesaggi di mare azzurri e preziosi, solcati da piccole vele bianche, su piccoli arcipelaghi felici, su azzurro e montagne lontane, verdi alture e cupe boscaglie, diffonde il rosa e l'arancio del nuovo giorno. L'Aurora solleva piccoli serti di fiori, che con un bianco occhieggiare rompono per primi la cupa oscurità del velo notturno. Fra l'Aurora e il carro del Sole c'è un putto alato, il Crepuscolo, che reca una fiaccola dalla fiamma rossiccia.
Sul carro, il giovane Apollo è avvolto da un ampio, rotante mantello; la sua pelle è rosea, i lineamenti delicati. La luce calda che irradia dal carro si scompone nei colori luminosi dei veli che avvolgono giovani corpi di fanciulle, le Ore, che danzano attorno al Sole, un trionfo di luce. Il drappeggio di nubi appare come una quinta leggera, che scende sul blu notte. Proprio per il coraggioso contrasto fra le dominanti complementari arancio-azzurro che l'affresco supera la convenzionalità di una composizione di maniera.
La figura dell'Aurora precede quindi il carro guidato da Apollo circondato dalle Ore. Aurora, vaghissima figura femminile, è avvolta in abiti che ne vestono e ne fasciano le belle membra: essa porta la luce del mattino sul grande paesaggio sottostante, dove mare e terra si alternano in uno spazioso paese di intonazione classica e, nel contempo, romantica per l'apparizione di castellari e di dirute costruzioni. Esso si illumina gradualmente all'arrivo dell'Aurora.
L'Aurora è forse una delle opere più felici di Guido Reni, che la dipinse durante il suo secondo soggiorno romano. L'artista bolognese era già stato a Roma una prima volta; si era guadagnato il favore del Cavalier D'Arpino, aperto nemico del Caravaggio, il quale lo aveva introdotto presso la corte pontificia e l'aristocrazia della città e gli aveva fatto ottenere numerosi incarichi. Tuttavia, i suoi rapporti con il tesoriere del Papa si deteriorarono e Reni fece ritorno a Bologna, dove lo attendevano numerosi incarichi e dove la sua fama si era notevolmente accresciuta. Fu Papa Paolo V che lo richiamò a Roma nel 1613; l'artista fu accolto trionfalmente e, durante quel suo secondo soggiorno, decorò, fra le altre cose, la cappella Paolina, all'interno del palazzo Pontificio di Monte Cavallo.