Agostino, Le Confessioni: Libro 11, 1-15

Agostino, Le Confessioni: Libro 11, 1-15

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 11, 1-15

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1] Numquid, Domine, cum tua sit aeternitas, ignoras, quae tibi dico, aut ad tempus vides quod fit in tempore

Cur ergo tibi tot rerum narrationes digero

Non utique ut per me noveris ea, sed affectum meum excito in te et eorum, qui haec legunt, ut dicamus omnes: Magnus Dominus et laudabilis valde

Iam dixi et dicam: amore amoris tui facio istuc

Nam et oramus, et tamen Veritas ait:Novit Pater vester quid vobis opus sit, priusquam petatis ab eo

Affectum ergo nostrum patefacimus in te confitendo tibi miserias nostras et misericordias tuas super nos, ut liberes nos omnino, quoniam coepisti, ut desinamus esse miseri in nobis et beatificemur in te, quoniam vocasti nos, ut simus pauperes spiritu et mites et lugentes et esurientes ac sitientes iustitiam et misericordes et mundicordes et pacifici
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1] Forse perché è tua l'eternità tu ignori, mio Signore, ciò che ti dico, o vedi in successione temporale ciò che avviene nel tempo

Perché ti faccio allora una cronaca fitta di tanti avvenimenti

Non certo perché tu da me li apprenda: ma a questo modo io risveglio il sentimento di te in me stesso e negli altri che li leggeranno, finché diremo tutti - grande è il Signore e ben degno di lode

L'ho già detto , e lo voglio dire ancora: è per amore dell'amore di te che faccio questo

Del resto noi preghiamo anche se la verità stessa dice: il padre vostro sa cosa vi occorre prima ancora che glielo domandiate

Noi dunque riveliamo la nostra disposizione d'animo nei tuoi confronti confessando le nostre miserie e i doni della tua misericordia, perché tu porti a compimento la nostra liberazione, visto che le hai dato principio, perché cessi la miseria che troviamo in noi e cominci la felicità d'essere in te
Ecce narravi tibi multa, quae potui et quae volui, quoniam tu prior voluisti, ut confiterer tibi, Domino Deo meo, quoniam bonus es, quoniam in saeculum misericordia tua

Quoddam novum desiderium eum tenet

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2] Quando autem sufficio lingua calami enuntiare omnia hortamenta tua et omnes terrores tuos et consolationes et gubernationes, quibus me perduxisti praedicare verbum et sacramentum tuum dispensare populo tuo

Et si sufficio haec enuntiare ex ordine, caro mihi valent stillae temporum

Et olim inardesco meditari in lege tua et in ea tibi confiteri scientiam et imperitiam meam, primordia illuminationis tuae et reliquias tenebrarum mearum, quousque devoretur a fortitudine infirmitas

Et nolo in aliud horae diffluant, quas invenio liberas a necessitatibus reficiendi corporis et intentionis animi et servitutis, quam debemus hominibus et quam non debemus et tamen reddimus
Sei tu che ci hai chiamato a esser poveri per lo spirito e miti e piangenti e affamati e assetati di giustizia e pietosi e candidi e pacifici

Ecco, è una lunga storia che io ti ho narrato, per quanto ho potuto e voluto - perché sei stato tu il primo a volere che mi confessassi a te, Dio mio Signore, perché sei buono, perché dura nei secoli la tua misericordia

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2]

Ma quando basterà la lingua della mia penna a dirli tutti, i tuoi conforti e i tuoi terrori e le consolazioni e le ingiunzioni con cui tu mi hai infine portato a predicare la tua parola e a dispensare il tuo sacramento al tuo popolo

E anche se io basto a dirli, e in ordine, ogni stilla di tempo mi è preziosa

E già da molto brucio dal desiderio di dedicarmi alla meditazione della tua legge, e di confessarti quanto ne conosco e quanto ne ignoro, i primi accenni delle tue illuminazioni e i resti delle mie tenebre, finché la tua forza divori l'incostanza
Deum precatur

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3] Domine Deus meus, intende orationi meae, et misericordia tua exaudiat desiderium meum, quoniam non mihi soli aestuat, sed usui vult esse fraternae caritati: et vides in corde meo quia sic est

Sacrificem tibi famulatum cogitationis et linguae meae, et da quod offeram tibi

Inops enim et pauper sum, tu dives in omnes invocantes te, qui securus curam nostri geris

Circumcide ab omni temeritate omnique mendacio interiora et exteriora, labia mea

Sint castae deliciae meae Scripturae tuae, nec fallar in eis nec fallam ex eis

Domine, attende et miserere, Domine Deus meus, lux caecorum et virtus infirmorum statimque lux videntium et virtus fortium, attende animam meam et audi clamantem de profundo
E non voglio vedermi scorrer via come l'acqua in altre occupazioni le ore che mi ritrovo libere: dalle necessità fisiche del riposo e da quelle dell'impegno intellettuale e dai servigi che dobbiamo agli uomini e da quelli che rendiamo loro anche senza averne affatto il dovere

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3] Signore Dio mio, ascolta la mia preghiera, e la tua compassione presti orecchio alla mia nostalgia, di cui non per me solo mi consumo, ma per servire all'amore fraterno: e tu lo vedi nel mio cuore, che è vero

Lascia che io sacrifichi a te il mio pensiero e la mia lingua, mettendoli al tuo servizio, e fammi doni che io possa offrirti

Perché sono povero e senza mezzi, e tu hai ricchezze per tutti quelli che ti invocano, tu che stando sicuro ti prendi cura di noi

Circoncidi la mia bocca, che sia pura di ogni menzogna e di ogni presunzione, dentro e fuori

Siano le tue Scritture le mie caste delizie: fa' che io non m'inganni e non inganni gli altri nell'esporle

Presta attenzione mio Signore e abbi pietà, Dio, luce dei ciechi e potenza dei deboli che subito ti fai luce dei veggenti e potenza dei forti, presta attenzione all'anima che ti chiama dal profondo, ascolta

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Agostino, Le Confessioni: Libro 11, 16-31
Agostino, Le Confessioni: Libro 11, 16-31

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 11, 16-31

Nam nisi adsint et in profundo aures tuae, quo ibimus

Quo clamabimus

Tuus est dies et tua est nox: ad nutum tuum momenta transvolant

Largire inde spatium meditationibus nostris in abdita legis tuae neque adversus pulsantes claudas eam

Neque enim frustra scribi voluisti tot paginarum opaca secreta, aut non habent illae silvae cervos suos recipientes se in eas et resumentes, ambulantes et pascentes, recumbentes et ruminantes

O Domine, perfice me et revela mihi eas

Ecce vox tua gaudium meum, vox tua super affluentiam voluptatum

Da quod amo: amo enim

Et hoc tu dedisti

Ne dona tua deseras nec herbam tuam spernas sitientem
Perché se non avessi orecchie anche al profondo, dove andremmo noi

In quale direzione lanceremmo il nostro appello

Tuo è il giorno e tua è la notte; a un tuo cenno s'involano i minuti

Concedi dunque il tempo necessario a queste meditazioni intorno ai segreti della tua legge, e non sbarrarla di fronte a chi bussa

Perché se non invano hai voluto che fossero scritte tante pagine di misteri impenetrabili, quelle selve hanno pure i loro cervi, che vi trovano riparo e ristoro, vagando e pascolando e sdraiandosi a ruminare

Rivelami le selve, e fammi uomo compiuto

Ecco, la tua voce è la mia gioia, la tua voce che sovrasta cascate di piaceri

Dammi quello che amo: perché io amo

E già questo è tuo dono

Non dimenticare i tuoi doni, non trascurare la tua erba assetata
Confitear tibi quidquid invenero in Libris tuis etaudiam vocem laudis et te bibam et considerem mirabilia de lege tua ab usque principio, in quo fecisti caelum et terram, usque ad regnum tecum perpetuum sanctae civitatis tuae

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4] Domine, miserere mei et exaudi desiderium meum

Puto enim, quod non sit de terra, non de auro et argento et lapidibus aut decoris vestibus aut honoribus et potestatibus aut voluptatibus carnis neque de necessariis corpori et huic vitae peregrinationis nostrae, quae omnia nobis apponuntur quaerentibus regnum et iustitiam tuam

Vide, Deus meus, unde sit desiderium meum

Narraverunt mihi iniusti delectationes, sed non sicut lex tua, Domine

Ecce unde est desiderium meum

Vide, Pater, aspice et vide et approba, et placeat in conspectu misericordiae tuae invenire me gratiam ante te, ut aperiantur pulsanti mihi interiora sermonum tuorum
Che io possa confidarti ogni cosa che avrò scoperto nei tuoi libri, e udire una voce di lode, e bere del tuo essere e contemplare le meraviglie della tua legge dal principio, in cui facesti il cielo e la terra, fino al regno come te perenne della tua città santa

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4] Abbi pietà di me mio Signore, da' ascolto alla mia nostalgia

Perché io credo che non nasca dalla terra, come quella dell'oro e dell'argento e delle pietre preziose o dell'eleganza o degli onori e del potere o dei piaceri carnali o dei beni necessari al corpo e ai vagabondaggi di questa vita: cose tutte che ci verranno date in sovrappiù se cerchiamo il regno della tua giustizia

Vedi Dio mio come nasce questa nostalgia

Uomini ingiusti mi hanno narrato i loro piaceri, ma non eran conformi alla tua legge

Ecco l'origine della mia nostalgia

Vedi, Padre, guarda e vedi e approva, e piaccia agli occhi della tua misericordia che io trovi grazia davanti a te, perché si apra al mio bussare l'interno delle tue parole

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Agostino, Le Confessioni: Libro 01; 01-10
Agostino, Le Confessioni: Libro 01; 01-10

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 01; 01-10

Obsecro per Dominum nostrum Iesum Christum Filium tuum, virum dexterae tuae, Filium hominis, quem confirmasti tibi Mediatorem tuum et nostrum, per quem nos quaesisti non quaerentes te, quaesisti autem, ut quaereremus te, Verbum tuum, per quod fecisti omnia, in quibus et me, Unicum tuum, per quem vocasti in adoptionem populum credentium, in quo et me; per eum te obsecro, qui sedet ad dexteram tuam et te interpellat pro nobis, in quo sunt omnes thesauri sapientiae et scientiae absconditi

Ipsos quaero in Libris tuis

Moyses de illo scripsit: Hoc ipse ait, hoc Veritas ait

In Verbo suo Deus omnia fecit Rogat ut Scripturas intellegat

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5] Audiam et intellegam, quomodo in principio fecisti caelum et terram

Scripsit hoc Moyses, scripsit et abiit, transiit hinc a te ad te neque nunc ante me est
Ti porgo questa supplica mediante il Signore di noi Gesù Cristo tuo figlio, uomo della tua destra, figlio dell'uomo che hai istituito mediatore fra te e noi, per cui mezzo tu hai cercato noi che non ti cercavamo, e ci hai cercato affinché ti cercassimo; la tua parola, per cui mezzo hai fatto tutte le cose e me tra queste; il tuo Unico, per cui hai adottato il popolo dei credenti , e me fra loro

Per suo mezzo ti porgo questa supplica, per lui che siede alla tua destra e intercede per noi presso di te; in cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza

Sono questi che cerco nei tuoi libri

Di lui scrisse Mosè, lui stesso lo dice, la verità lo dice

La parola e la creazione [3

5] In principio hai fatto il cielo e la terra: fa che io intenda e comprenda come

È Mosè che lo ha scritto: l'ha scritto e se ne è andato per tornare là da dove era venuto, da te: era di passaggio in questo mondo e ora non è qui di fronte a me
Nam si esset, tenerem eum et rogarem eum et per te obsecrarem, ut mihi ista panderet, et praeberem aures corporis mei sonis erumpentibus ex ore eius, et si hebraea voce loqueretur, frustra pulsaret sensum meum nec inde mentem meam quidquam tangeret; si autem Latine, scirem quid diceret

Sed unde scirem, an verum diceret

Quod si et hoc scirem, num ab illo scirem

Intus utique mihi, intus in domicilio cogitationis nec Hebraea nec Graeca nec Latina nec barbara veritas sine oris et linguae organis, sine strepitu syllabarum diceret: "Verum dicit" et ego statim certus confidenter illi homini tuo dicerem: "Verum dicis"

Cum ergo illum interrogare non possim, te, quo plenus vera dixit, Veritas, rogo, te, Deus meus, rogo, parce peccatis meis, et qui illi servo tuo dedisti haec dicere, da et mihi haec intellegere
Già, perché se lo fosse non me lo lascerei sfuggire e lo tempesterei di domande e nel tuo nome lo scongiurerei di spiegarmi queste parole, e starei con le mie orecchie di carne protese ad afferrare ogni suono gli uscisse dalle labbra

Ma se parlasse ebraico invano busserebbe alla porta del mio udito, e non arriverebbe quindi a sfiorarmi la mente: se parlasse latino allora sì, il senso delle sue parole lo saprei afferrare

Ma come farei a sapere se le cose dette sono anche vere

Se sapessi anche questo, è forse da lui che lo sarei venuto a sapere

No: dentro di me, nella dimora del pensiero, non ebraica né greca né latina né barbara, senza labbra né lingua, senza rumore di sillabe, la verità mi direbbe: "Dice il vero" e io subito rassicurato fiduciosamente direi a quell'uomo tuo: "Dici il vero

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Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 02; 06-10

Caelum et terram esse et facta esse patet

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6] Ecce sunt caelum et terra, clamant, quod facta sint; mutantur enim atque variantur

Quidquid autem factum non est et tamen est, non est in eo quidquam, quod ante non erat: quod est mutari atque variari

Clamant etiam, quod se ipsa non fecerint: "Ideo sumus, quia facta sumus; non ergo eramus, antequam essemus, ut fieri possemus a nobis"

Et vox dicentium est ipsa evidentia

Tu ergo, Domine, fecisti ea, qui pulcher es: pulchra sunt enim; qui bonus es: bona sunt enim; qui es: sunt enim

Nec ita pulchra sunt nec ita bona sunt nec ita sunt, sicut tu Conditor eorum, quo comparato nec pulchra sunt nec bona sunt nec sunt

Scimus haec, gratias tibi, et scientia nostra scientiae tuae comparata ignorantia est

Homo fingit Deus autem creat

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" Dunque non potendo interrogare lui io chiedo a te, Verità, di cui doveva essere pieno lui che disse il vero, a te, Dio, chiedo: risparmiami la pena dei miei peccati, e concedi a me di comprendere queste parole, tu che hai concesso a quel tuo servo di dirle

[4

6]

Ecco, il cielo e la terra esistono, e gridano che sono stati fatti, perché sono soggetti a mutamenti e variazioni

Invece tutto ciò che esiste ma non è stato fatto non ha costituenti che prima non c'erano: il che appunto vuol dire esser soggetti a mutamenti e variazioni

E gridano anche di non essersi fatti da soli: "Se esistiamo è perché siamo stati fatti: dunque prima di esserlo non c'eravamo, in modo da poterci fare da soli"

È l'evidenza stessa che parla per loro

Tu dunque li hai creati, che sei bello, perché son cose belle; tu che sei buono, perché son cose buone; tu che esisti, perché esistono

Ma non sono cose belle né buone né esistenti come lo sei tu, loro autore, al cui confronto non sono belle né buone e neppure esistono

Questo sappiamo grazie a te, e il nostro sapere paragonato al tuo è ignoranza

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7] Quomodo autem fecisti caelum et terram et quae machina tam grandis operationis tuae

Non enim sicut homo artifex formans corpus de corpore arbitratu animae valentis imponere utcumque speciem, quam cernit in semetipsa interno oculo (et unde hoc valeret, nisi quia tu fecisti eam

) et imponit speciem iam exsistenti et habenti, ut esset, veluti terrae aut lapidi aut ligno aut auro aut id genus rerum cuilibet

Et unde ista essent, nisi tu instituisses ea

Tu fabro corpus, tu animum membris imperitantem fecisti, tu materiam, unde facit aliquid, tu ingenium, quo artem capiat et videat intus quid faciat foris, tu sensum corporis, quo interprete traiciat ab animo ad materiam id quod facit, et renuntiet animo quid factum sit, ut ille intus consulat praesidentem sibi veritatem, an bene factum sit

Te laudant haec omnia creatorem omnium
7] Ma in che modo hai fatto il cielo e la terra, qual è il meccanismo di un'operazione tanto grandiosa

Perché certo non hai fatto come l'artefice umano che forma un corpo da un altro corpo secondo il capriccio della mente, la quale è capace di riprodurre qualunque forma distingua in se stessa con l'occhio interiore - e come ne sarebbe capace, se non perché l'hai fatta tu

La mente impone appunto una forma a qualcosa di già esistente e dotato di quanto basta a sussistere, come ad esempio la terra o la pietra o il legno o l'oro o qualunque altra cosa del genere

E queste da dove verrebbero all'essere, se non ve le stabilissi tu

Tu hai fatto all'artefice un corpo e al corpo una mente atta a comandarlo, tu la materia del suo lavoro, tu l'ingegno per intender la sua arte e veder dentro di sé la cosa da attuare fuori

Tu hai fatto gli organi dei sensi per tradurre in termini materiali l'opera che ha in mente, e riferire alla mente il lavoro già fatto, perché consultando la verità che la dirige veda se è ben fatto

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Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 04

Sed tu quomodo facis ea

Quomodo fecisti, Deus, caelum et terram

Non utique in caelo neque in terra fecisti caelum et terram neque in aere aut in aquis, quoniam et haec pertinent ad caelum et terram, neque in universo mundo fecisti universum mundum, quia non erat, ubi fieret, antequam fieret, ut esset

Nec manu tenebas aliquid, unde faceres caelum et terram: nam unde tibi hoc, quod tu non feceras, unde aliquid faceres

Quid enim est, nisi quia tu es

Ergo dixisti et facta sunt atque in verbo tuo fecisti ea

Verba hominum temporaliter sonant, verbum autem Dei manet in aeternum

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8] Sed quomodo dixisti

Numquid illo modo, quo facta est vox de nube dicens: Hic est Filius meus dilectus

Illa enim vox acta atque transacta est, coepta et finita

Sonuerunt syllabae atque transierunt, secunda post primam, tertia post secundam atque inde ex ordine, donec ultima post ceteras silentiumque post ultimam
E tutto questo canta lode a te, creatore di ogni cosa

Ma cos'è il tuo fare

In che modo, Dio, hai fatto il cielo e la terra

Non è certo nel cielo o in terra che hai fatto il cielo e la terra, e neppure nell'aria o nell'acqua, dato che anch'esse fanno parte del cielo e della terra, e neppure è nell'universo che hai fatto l'universo, perché non c'era spazio per alcun fatto, prima che fosse un fatto anche lo spazio

E neppure avevi in mano qualche cosa, da cui ricavare il cielo e la terra: perchè da dove lo avresti preso, se non lo avessi fatto, il materiale della creazione

Ed esiste qualcosa, se non perché tu esisti

Dunque tu hai parlato ed ecco furono tutte le cose, ed è con la parola che le hai fatte

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8]

Ma come hai parlato

Forse come quando risuonò dalle nuvole una voce che diceva: "Questo è il mio figlio diletto

" Ma il suono di quella voce si produsse e svanì, ebbe un inizio e una fine

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