Agostino, Le Confessioni: Libro 04

Agostino, Le Confessioni: Libro 04

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 04

1] Per idem tempus annorum novem, ab undevicesimo anno aetatis meae usque ad duodetricesimum, seducebamur et seducebamus falsi atque fallentes in variis cupiditatibus et palam per doctrinas, quas liberales vocant, occulte autem falso nomine religionis, hic superbi, ibi superstitiosi, ubique vani, hac popularis gloriae sectantes inanitatem usque ad theatricos plausus et contentiosa carmina et agonem coronarum faenearum et spectaculorum nugas et intemperantiam libidinum, illac autem purgari nos ab istis sordibus expetentes, cum eis, qui appellarentur electi et sancti, afferremus escas, de quibus nobis in officina aqualiculi sui fabricarent angelos et deos, per quos liberaremur

Et sectabar ista atque faciebam cum amicis meis per me ac mecum deceptis

Irrideant me arrogantes et nondum salubriter prostrati et elisi a te, Deus meus, ego tamen confitear tibi dedecora mea in laude tua
1] Per tutto questo tempo - nove anni, dai miei diciotto ai miei ventisette anni - fummo sedotti e seduttori, ingannati e ingannatori in preda alle passioni più svariate: e pubblicamente lo eravamo attraverso le discipline cosiddette liberali, ma in segreto nel falso nome della religione: coltivando con quelle l'orgoglio, con questa la superstizione, la vanità in ogni caso

Da una parte, sempre all'inseguimento di una vacua popolarità - sì, fino a cercare l'applauso delle platee, a scendere in lizza per i premi letterari con le loro corone di paglia, fra le frivolezze degli spettacoli e i più sregolati capricci; dall'altra, in un continuo desiderio di espiazione, non si faceva che portare ai santi e agli eletti, come li chiamavano, alimenti da cui costoro nell'officina della loro pancia potessero fabbricare angeli e dèi, a nostra liberazione

E io correvo dietro a cose simili, e lo facevo con i miei amici, da me e come me illusi
Sine me, obsecro, et da mihi circumire praesenti memoria praeteritos circuitus erroris mei et immolare tibi hostiam iubilationis

Quid enim sum ego mihi sine te nisi dux in praeceps

Aut quid sum, cum mihi bene est, nisi sugens lac tuum aut fruens te cibo, qui non corrumpitur

Et quis homo est quilibet homo, cum sit homo

Sed irrideant nos fortes et potentes, nos autem infirmi et inopes confiteamur tibi

Artem rhetoricam publice docebat, coniugem non legitimam domi habebat

[2

2] Docebam in illis annis artem rhetoricam et victoriosam loquacitatem victus cupiditate vendebam
Ridano pure di me gli arroganti, ancora non atterrati e schiacciati da te, Dio mio, e ignari della tua salvezza: io ti confesserò lo stesso le mie vergogne a tua gloria; concedimi, ti prego, di ripercorrere nel presente della memoria il circolo vizioso del passato, e di offrirti una vittima di gioia

Già, io stesso per me che cosa sono senza di te - solo una guida al precipizio

E se sto bene cosa sono se non un poppante che succhia il tuo latte e si nutre di te, vivanda incorruttibile

E chi è un uomo, uno qualunque, dato che è un uomo

Ma ridano di noi i forti e i potenti: noi deboli, noi poveri, ci confessiamo a te

L'insegnamento

Fedeltà a una donna [2

2] In quegli anni insegnavo retorica e vendevo l'arte di vincere con le chiacchiere, io che ero vinto dalla mia ambizione; tuttavia preferivo, tu lo sai, Signore, quelli che si chiamano buoni allievi: e senza imbroglio insegnavo loro gli imbrogli con cui potevano, non dico far condannare un innocente, ma se capitava difendere un colpevole
Malebam tamen, Domine, tu scis, bonos habere discipulos, sicut appellantur boni, et eos sine dolo docebam dolos, non quibus contra caput innocentis agerent, sed aliquando pro capite nocentis

Et, Deus, vidisti de longinquo lapsantem in lubrico et in multo fumo scintillantem fidem meam, quam exhibebam in illo magisterio diligentibus vanitatem et quaerentibus mendacium , socius eorum

In illis annis unam habebam non eo quod legitimum vocatur coniugio cognitam, sed quam indagaverat vagus ardor inops prudentiae, sed unam tamen, ei quoque servans tori fidem; in qua sane experirer exemplo meo, quid distaret inter coniugalis placiti modum, quod foederatum esset generandi gratia, et pactum libidinosi amoris, ubi proles etiam contra votum nascitur, quamvis iam nata cogat se diligi

Haruspicum artem detestabatur

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Dio, tu vedevi da lontano scivolare sul viscido e scintillare in mezzo al fumo la mia buona fede, che in quell'insegnamento offrivo a gente attaccata alla vanità, in cerca di menzogne, e in questo io ero come loro

In quegli anni avevo una donna, che non avevo conosciuta in quello che si dice un connubio legittimo: ma me l'aveva procurata la mia furia errabonda e del tutto sprovveduta

Una sola, comunque: e per di più le ero fedele come un marito

Eppure con lei ho sperimentato di persona tutta la distanza che c'è fra la misura di un patto coniugale, stretto in vista della procreazione, e l'intesa di un amore arbitrario, dove i figli vengono benché indesiderati, anche se una volta al mondo non si può non amarli

[2

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Agostino, Le Confessioni: Libro 03
Agostino, Le Confessioni: Libro 03

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 03

3] Recolo etiam, cum mihi theatrici carminis certamen inire placuisset, mandasse mihi nescio quem haruspicem, quid ei dare vellem mercedis, ut vincerem, me autem foeda illa sacramenta detestatum et abominatum respondisse, nec si corona illa esset immortaliter aurea, muscam pro victoria mea necari sinere

Necaturus enim erat ille in sacrificiis suis animantia et illis honoribus invitaturus mihi suffragatura daemonia videbatur

Sed hoc quoque malum non ex tua castitate repudiavi, Deus cordis mei

Non enim amare te noveram, qui nisi fulgores corporeos cogitare non noveram

Talibus enim figmentis suspirans anima nonne fornicatur abs te , et fidit in falsis et pascit ventos

Sed videlicet sacrificari pro me nollem daemonibus, quibus me illa superstitione ipse sacrificabam

Quid est enim aliud ventos pascere quam ipsos pascere, hoc est errando eis esse voluptati atque derisui
3] Ricordo anche di una volta che avevo deciso di partecipare a un concorso di composizioni poetiche per il teatro e una specie di mago mi mandò a chiedere che cosa fossi disposto a pagarlo per farmi vincere: gli risposi che detestavo e aborrivo quegli sporchi sortilegi, e neppure se quella corona fosse stata d'oro e immortale avrei permesso che si ammazzasse una mosca per la mia vittoria

Perché mi era chiaro che costui nei suoi riti propiziatori avrebbe sacrificato degli animali e con simili omaggi attirato il favore dei démoni

Rifiutai dunque questa azione malvagia

Ma non per amore della tua purezza, Dio del mio cuore

Non sapevo amare te, io che non sapevo concepire che splendori di corpi

E non tradisce, svendendosi, te l'anima che sospira dietro a quelle fantasie, confida in cose false e nutre i venti

Io non volevo che per me si facessero sacrifici ai démoni, e poi mi offrivo loro in sacrificio con quella mia superstizione
Astrologi obstinate consulti

[3

4] Ideoque illos planos, quos mathematicos vocant, plane consulere non desistebam, quod quasi nullum eis esset sacrificium et nullae preces ad aliquem spiritum ob divinationem dirigerentur

Quod tamen christiana et vera pietas consequenter repellit et damnat

Bonum est enim confiteri tibi, Domine, et dicere: Miserere mei; cura animam meam, quoniam peccavi tibi , neque ad licentiam peccandi abuti indulgentia tua, sed meminisse dominicae vocis: Ecce sanus factus es; iam noli peccare, ne quid tibi deterius contingat

Quam totam illi salubritatem interficere conantur, cum dicunt: "De caelo tibi est inevitabilis causa peccandi", et: "Venus hoc fecit aut Saturnus aut Mars", scilicet ut homo sine culpa sit, caro et sanguis et superba putredo, culpandus sit autem caeli ac siderum creator et ordinator
Che altro è infatti nutrire i venti se non nutrire i démoni, cioè farsi loro zimbello e spasso con il proprio errare

L'arte divinatoria [3

4] E neppure desistevo dal consultare quei ciarlatani, i cosiddetti "matematici", con la scusa che non praticavano sacrifici e non rivolgevano preghiere agli spiriti per la divinazione; che tuttavia la vera e cristiana devozione respinge e condanna, coerentemente

Perché è bello riconoscere il tuo nome, signore, e dire: Abbi pietà di me: guariscimi quest'anima, perché ho peccato contro di te

E non abusare della tua indulgenza per farsene licenza di peccare, ma ricordare le parole divine: Ecco, sei guarito, ora non peccare più, perché non ti accada di peggio

Una salute che quelli fanno di tutto per distruggere quando dicono: "È scritto in cielo che tu debba peccare, è inevitabile", oppure "È colpa di Venere, o di Saturno, o di Marte"

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Agostino, Le Confessioni: Libro 06
Agostino, Le Confessioni: Libro 06

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 06

Et quis est hic nisi Deus noster, suavitas et origo iustitiae, qui reddes unicuique secundum opera eius, et cor contritum et humiliatum non spernis

Vindicianus et Nebridius frustra dehortantur eum ne astrologos consulat

[3

5] Erat eo tempore vir sagax, medicinae artis peritissimus atque in ea nobilissimus, qui pro consule manu sua coronam illam agonisticam imposuerat non sano capiti meo, sed non ut medicus

Nam illius morbi tu sanator, qui resistis superbis, humilibus autem das gratiam

Numquid tamen etiam per illum senem defuisti mihi aut destitisti mederi animae meae
Come a dire che l'uomo è senza colpa, lui carne e sangue e orgogliosa putredine, ma colpevole è il creatore e ordinatore del cielo e delle stelle

E questo chi è se non il nostro Dio, dolcezza e origine della giustizia, che rendi a ciascuno secondo le sue opere e non disprezzi il cuore avvilito e dolente

[3

5] C'era, a quei tempi, un uomo di spirito, bravissimo medico di gran fama, che da proconsole mi aveva con le sue stesse mani imposto la corona di uno di quei concorsi letterari sulla testa malata: e non da medico; di quel genere di malattia sei tu il guaritore, che resisti ai superbi, ma agli umili doni la grazia; eppure anche attraverso quel vecchio tu continuavi a esserci, e non cessavi di medicarmi l'anima

Avevo preso a frequentarlo più assiduamente, lui e la sua conversazione - che era senza pretese di eleganza, ma vivace, e insieme sorridente e seria - e quando parlando con me venne a sapere che mi appassionavo ai libri degli oroscopi mi consigliò, con paterna benevolenza, di buttarli via, e di non sprecare dietro a quelle cose vacue la fatica e il lavoro necessari per quelle utili

Diceva di avere egli stesso studiato quei libri, al punto che nei primi anni della sua vita aveva voluto farsene una professione di cui vivere: e se aveva capito Ippocrate, certo poteva capire anche quei testi
Quia enim factus ei eram familiarior et eius sermonibus (erant enim sine verborum cultu vivacitate sententiarum iucundi et graves) assiduus et fixus inhaerebam, ubi cognovit ex colloquio meo libris genethliacorum esse me deditum, benigne ac paterne monuit, ut eos abicerem neque curam et operam rebus utilibus necessariam illi vanitati frustra impenderem, dicens ita se illa didicisse, ut eius professionem primis annis aetatis suae deferre voluisset, qua vitam degeret, et si Hippocratem intellexisset, et illas utique litteras potuisse intellegere; et tamen non ob aliam causam se postea illis relictis medicinam assecutum, nisi quod eas falsissimas comperisset et nollet vir gravis decipiendis hominibus victum quaerere

"At tu - inquit - quo te in hominibus sustentas, rhetoricam tenes, hanc autem fallaciam libero studio, non necessitate rei familiaris sectaris

Quo magis mihi te oportet de illa credere, qui eam tam perfecte discere elaboravi, quam ex ea sola vivere volui"

A quo ego cum quaesissem, quae causa ergo faceret, ut multa inde vera pronuntiarentur, respondit ille, ut potuit, vim sortis hoc facere in rerum natura usquequaque diffusam
E invece poi li aveva lasciati perdere e si era messo a studiare medicina, per il semplice motivo che, come aveva potuto constatare, erano falsissimi: e lui che era una persona seria non voleva guadagnarsi la vita imbrogliando la gente

"Ma tu," mi disse, "per farti un posto nel mondo possiedi la retorica: e questo imbroglio lo coltivi liberamente, per tuo interesse, non per bisogno di soldi

A maggior ragione in questa materia devi dar credito a me, che l'avevo studiata tanto a fondo da voler vivere solo di quella

" E siccome io gli chiedevo perché allora molti responsi risultavano veri, rispose molto plausibilmente che era un effetto del caso, così diffuso ovunque, in natura

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Agostino, Le Confessioni: Libro 01; 01-10

Latino: dall'autore Agostino, opera Le Confessioni parte Libro 01; 01-10

Si enim de paginis poetae cuiuspiam longe aliud canentis atque intendentis, cum forte quis consulit, mirabiliter consonus negotio saepe versus exiret, mirandum non esse dicebat, si ex anima humana superiore aliquo instinctu nesciente, quid in se fieret, non arte, sed sorte sonaret aliquid, quod interrogantis rebus factisque concineret

[3

6] Et hoc quidem ab illo vel per illum procurasti mihi, et quid ipse postea per me ipsum quaererem, in memoria mea delineasti

Tunc autem nec ipse nec carissimus meus Nebridius adulescens valde bonus et valde castus, irridens totum illud divinationis genus, persuadere mihi potuerunt, ut haec abicerem, quoniam me amplius ipsorum auctorum movebat auctoritas et nullum certum quale quaerebam documentum adhuc inveneram, quo mihi sine ambiguitate appareret, quae ab eis consultis vera dicerentur, forte vel sorte, non arte inspectorum siderum dici

Mors cuiusdam amici carissimi Amicum nimis carum Aug
Aprendo a caso il libro di un poeta che contiene tutt'altre canzoni e riflessioni, spesso vien fuori un verso mirabilmente consono alla questione che ci occupa: e allora nessuna meraviglia, diceva, se per una sorta di istinto superiore l'anima umana, senza sapere cosa avvenga in lei, dà voce qualche volta a parole che per caso, e non per qualche arte, si accordano con la situazione di chi chiede un responso

[3

6] E anche questo consiglio tu mi hai procurato da parte sua o per suo mezzo, abbozzando nella mia memoria le linee di una ricerca che più tardi avrei per mio conto intrapreso

Ma allora non riuscì a persuadermi a gettar via quella roba

E neppure ci riuscì il mio carissimo Nebridio, ragazzo limpido e di indole felice, con tutto il ridere che faceva di quella sorta di oracoli
sibi comparavit

[4

7] In illis annis, quo primum tempore in municipio, quo natus sum, docere coeperam, comparaveram amicum societate studiorum nimis carum, coaevum mihi et conflorentem flore adulescentiae

Mecum puer creverat et pariter in scholam ieramus pariterque luseramus

Sed nondum erat sic amicus, quamquam ne tunc quidem sic, uti est vera amicitia, quia non est vera, nisi cum eam tu agglutinas inter haerentes tibi caritate diffusa in cordibus nostris per Spiritum Sanctum, qui datus est nobis

Sed tamen dulcis erat nimis, coacta fervore parilium studiorum

Nam et a fide vera, quam non germanitus et penitus adulescens tenebat, deflexeram eum in superstitiosas fabellas et perniciosas, propter quas me plangebat mater
Perché l'autorità dei miei autori aveva maggior presa su di me, e non avevo ancora trovato la prova irrefutabile che andavo cercando, per convincermi al di là di ogni dubbio che le predizioni vere fornite su consultazione erano dovute solo al caso o alla fortuna, e non all'arte di osservare gli astri

Un grande amico [4

7] In quegli anni, in cui avevo cominciato a insegnare nella mia città natale, m'ero fatto un amico che gli studi comuni mi rendevano particolarmente caro, mio coetaneo e come me nel fiore della giovinezza

Da bambini eravamo cresciuti insieme, insieme eravamo andati a scuola e insieme avevamo sempre giocato

Ma così amici come allora non eravamo stati mai - un'amicizia, certo, che non era ancora quella vera, perché vera è solo quella che tu stringi fra persone unite a te dall'amore diffuso nei nostri cuori tramite lo Spirito Santo, che ci è stato dato

Eppure era così dolce, come fusa nel fuoco di studi tanto simili

Perché io lo avevo perfino distolto dalla vera fede, che professava da ragazzo benché senza profonda convinzione, per introdurlo a quelle favole ossessive e nefaste che facevano piangere mia madre

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Mecum iam errabat in animo ille homo, et non poterat anima mea sine illo

Et ecce tu imminens dorso fugitivorum tuorum, Deus ultionum et fons misericordiarum simul, qui convertis nos ad te miris modis, ecce abstulisti hominem de hac vita, cum vix explevisset annum in amicitia mea, suavi mihi super omnes suavitates illius vitae meae

Amici decessus

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8] Quis laudes tuas enumerat unus in se uno, quas expertus est

Quid tunc fecisti, Deus meus, et quam investigabilis abyssus iudiciorum tuorum

Cum enim laboraret ille febribus, iacuit diu sine sensu in sudore laetali et, cum desperaretur, baptizatus est nesciens me non curante et praesumente id retinere potius animam eius quod a me acceperat, non quod in nescientis corpore fiebat

Longe autem aliter erat
Ormai la mente di quella persona andava errando con me, e non poteva stare senza lui, il mio cuore

E all'improvviso tu c'eri alle spalle e la fuga era vana, Dio delle vendette e insieme fonte di accorate tenerezze, che ci converti a te per vie mirabili

E l'hai spazzato via da questa vita quando durava solo da un anno la nostra amicizia, dolce per me più di ogni altra dolce cosa di quegli anni

[4

8] Chi può contare da solo tutte le tue grazie che in sé solo ha provato

Dio mio, cosa facesti allora

Come è insondabile l'abisso dei tuoi giudizi, bruciava di febbre, e restò a lungo incosciente in un sudore d'agonia: siccome non c'era più speranza lo si fece battezzare in stato di incoscienza

Io non me ne curai, nella presunzione che la sua anima avrebbe ritenuto quello che aveva appreso da me, piuttosto che un'operazione fatta sul suo corpo privo di sensi

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